Teatro Verdi Pordenone, la "bella stagione" si apre con lo Stabat Mater
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- Pubblicato Martedì, 26 Agosto 2014 17:01
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Prestigiosa anteprima nazionale al Teatro Verdi di Pordenone con “La paura” di De Roberto.
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- Pubblicato Martedì, 29 Luglio 2014 12:10
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Pordenone - Sarà una prestigiosa anteprima a precedere l’avvio della stagione 2014/2015 del Teatro Verdi di Pordenone. Giovedì 18 settembre, alle 21, in prima nazionale, inserito nel cartellone del festival pordenonelegge.it, andrà in scena “La paura”, di Federico De Roberto, spettacolo con il quale l’Arca Azzurra Teatro, continuando a indagare i temi della memoria storica e sociale, affronta un testo sulla Grande Guerra in occasione del centenario dell’attentato di Sarajevo e dell’inizio delle ostilità che porteranno per più di quattro anni distruzione e morte in mezza Europa. Una prima nazionale attraverso la quale il Comunale pordenonese, punto di riferimento e “casa” delle manifestazioni culturali del territorio, ha voluto ancora una volta farsi parte attiva, proponendo all’interno di una delle più importanti fra queste manifestazioni – appunto il festival pordenonelegge.it- uno spettacolo che avviasse un percorso sulla Grande Guerra e che avesse un collegamento molto stretto con la letteratura.
I biglietti saranno già disponibili in prevendita da mercoledì 30 luglio, attraverso il sito www.comunalegiuseppeverdi.it
Il testo straordinariamente emozionante e forte, uno dei più belli sulla guerra, rieditato per l’occasione (E/O 2014), La paura di Federico de Roberto – autore, fra le tante opere, de I viceré, considerato il suo capolavoro - adattato e messo in scena da Daniela Nicosia, è un racconto di trincea, fulminante spaccato narrativo nel quale si concentrano gran parte delle problematiche legate agli eventi di quegli anni di sanguinosissima guerra, alle sue implicazioni sociali, al suo impatto sulla società italiana del tempo, che proietta la sua ombra fino alla sua attuale composizione, grande specchio delle nostre “diversità” geografico-linguistiche e sociali, delle disparità di ceto, del disprezzo delle alte gerarchie militari per la vita stessa dei semplici soldati, dell’atteggiamento di sospetto e di sfiducia tutt’altro che malriposto e tutto italiano nei confronti dell’autorità.
Un racconto concentratissimo e magnifico con il quale Massimo Salvianti, attore monologante, porta il pubblico nella quotidianità della vita di trincea, su uno dei più inospitali costoni delle Alpi Venete, in mezzo al popolo della guerra, contadini, artigiani, piccoli commercianti che si scambiano battute in dialetti a volte così diversi da sembrare lingue totalmente estranee l’una all’altra, a fare i conti, giorno dopo giorno, con la paura della morte, in un rapporto per ciascuno diverso come e più delle lingue con le quali questo popolo parla.
Tutto è affidato al racconto del tenente Alfani che - in terza persona , “ci fa dono di sé - spiega la regista Daniela Nicosia - della sua umana “fragilità”, dell’umana disillusione nello sgretolarsi di ogni mito, di ogni ideale eroico, di fronte all’evidente portato di insensatezza di ogni guerra. E’ proprio Alfani, l’ufficiale, a mettere in discussione la necessità di obbedire “agli eroi da poltrona”, a quegli ordini assurdi, che condannano quei giovani a morire, senza possibilità di appello, uno dopo l’altro. La certezza della morte li invade, l’umana paura, seppur attraverso mutevoli approcci a quell’indiscusso gesto d’obbedienza, si rivela così quale vera protagonista della novella che, a soli tre anni dalla fine della guerra, nel 1921, non era ammessa alla pubblicazione, su “La Lettura”, il mensile letterario dell’interventista “Corriere della Sera”. Era scandaloso l’atroce finale dell’eroe di guerra o l’implicita condanna del militarismoda parte dell’autore? O forse, sul piano formale, quell’uso realistico dei dialetti, che andava a scontrarsi con quel difficile processo di unificazione linguistica del Regno d’Italia, e col manzonismo che ne era stato strumento? Quell’ antiretorico concerto pluridialettale che caratterizza la scrittura di De Roberto, mentre libera le voci di quell’umanità sofferente, rendendole più vivide e toccanti, espressione di quell’Italia degli umili, frammentata nel gergo, nell’inflessione e unita nel dolore, nel sacrificio estremo? Una cronaca di guerra quindi – conclude la regista - quella di De Roberto, scandalosa nelle forme e nei contenuti, che occhieggia seppur nell’assoluta contemporaneità dell’arredo e del gesto scenico”.
Info: www.comunalegiuseppeverdi.it, 0434 247624, facebook
La Contrada per Estate 2014 con “Sciantose, eccentriche e dive del microfono" a Trieste.
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- Pubblicato Lunedì, 28 Luglio 2014 14:29
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Trieste - “Sciantose, eccentriche e dive del microfono” sarà in scena in Piazza Verdi a Trieste, mercoledì 30 luglio alle 21, all’interno del cartellone di Trieste Estate 2014.
Un incontro fuori dal tempo. La nuova produzione de La Contrada-Teatro Stabile di Trieste, è un evento nell'evento.
"Sciantose, eccentriche e dive del microfono- Storia di canzonette e di Guerre Mondiali" già dal titolo lascia intravedere una passeggiata molto inusuale nel mondo della musica ai tempi della Grande Guerra e non solo. È anche il primo incontro, su un palcoscenico, di una grande attrice e prima donna come Ariella Reggio con Le Sorelle Marinetti.
Nell'anno del centenario dall'inizio della prima guerra mondiale, un conflitto che ha segnato pesantemente l'umanità, ecco un racconto di quegli anni che parte da un punto di vista poco comune. Dalla Belle Epoque all' epopea dello swing, attraverso le canzoni del tempo, ed ecco quindi "Fili d'oro" di Di Capua su versi di Giovanni Capurro, che fa da contraltare alle hit radiofoniche dell'immediato dopoguerra, come "Ultimissime", "Non me ne importa niente" e altri cavalli di battaglia delle Marinetti.
Chiacchiere e canzoni, ma anche tante testimonianze letterarie, per parlare di un mondo in cambiamento, di un mondo in cui le città vivevano ovviamente di giorno ma anche fino a notte fonda, con i Caffè Concerto, luoghi di ritrovo ma anche palcoscenici che hanno portato alla notorietà, non sempre per meriti squisitamente artistici, molte ragazze.
Uno scambio di opinioni tra ragazze di tempi diversi, divise dal conflitto che, con fare subdolo e a volte silenzioso, si portava via gli uomini con una facilità estrema e in un modo cosí spietato da lasciare senza fiato chi restava. Turbina, Scintilla e Mercuria dialogheranno con Ariella con fare scherzoso e con la levità che le caratterizza, portando il pubblico attraverso la musica a confrontarsi con un mondo di cento anni fa, che non sembra poi così lontano.
Uno spettacolo di Giorgio Umberto Bozzo con la collaborazione ai testi di Marco Barocci che si avvarrà della direzione musicale del M. Christian Schmitz, che sarà in scena al pianoforte.
In scena una straordinaria Ariella Reggio, Nicola Olivieri ( Turbina Marinetti), Andrea Allione (Mercuria Marinetti) e Marco Lugli ( Scintilla Marinetti).
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