• Home
  • Attualità
  • Cronaca
  • Spettacoli
  • Cultura
  • Benessere
  • Magazine
  • Video
  • EN_blog

Dom09222024

Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Prestigiosa anteprima nazionale al Teatro Verdi di Pordenone con “La paura” di De Roberto.

Prestigiosa anteprima al Teatro Verdi di Pordenone con “La paura” di De Roberto.

Pordenone - Sarà una prestigiosa anteprima a precedere l’avvio della stagione 2014/2015 del Teatro Verdi di Pordenone. Giovedì 18 settembre, alle 21, in prima nazionale, inserito nel cartellone del festival pordenonelegge.it, andrà in scena “La paura”, di Federico De Roberto, spettacolo con il quale l’Arca Azzurra Teatro, continuando a indagare i temi della memoria storica e sociale, affronta un testo sulla Grande Guerra in occasione del centenario dell’attentato di Sarajevo e dell’inizio delle ostilità che porteranno per più di quattro anni distruzione e morte in mezza Europa. Una prima nazionale attraverso la quale il Comunale pordenonese, punto di riferimento e “casa” delle manifestazioni culturali del territorio, ha voluto ancora una volta farsi parte attiva, proponendo all’interno di una delle più importanti fra queste manifestazioni – appunto il festival pordenonelegge.it- uno spettacolo che avviasse un percorso sulla Grande Guerra e che avesse un collegamento molto stretto con la letteratura.

I biglietti saranno già disponibili in prevendita da mercoledì 30 luglio, attraverso il sito www.comunalegiuseppeverdi.it

Il testo straordinariamente emozionante e forte, uno dei più belli sulla guerra, rieditato per l’occasione (E/O 2014), La paura di Federico de Roberto – autore, fra le tante opere, de I viceré, considerato il suo capolavoro -  adattato e messo in scena da Daniela Nicosia, è un racconto di trincea, fulminante spaccato narrativo nel quale si concentrano gran parte delle problematiche legate agli eventi di quegli anni di sanguinosissima guerra, alle sue implicazioni sociali, al suo impatto sulla società italiana del tempo, che proietta la sua ombra fino alla sua attuale composizione, grande specchio delle nostre “diversità” geografico-linguistiche e sociali, delle disparità di ceto, del disprezzo delle alte gerarchie militari per la vita stessa dei semplici soldati, dell’atteggiamento di sospetto e di sfiducia tutt’altro che malriposto e tutto italiano nei confronti dell’autorità.

Un racconto concentratissimo e magnifico con il quale Massimo Salvianti, attore monologante, porta il pubblico nella quotidianità della vita di trincea, su uno dei più inospitali costoni delle Alpi Venete, in mezzo al popolo della guerra, contadini, artigiani, piccoli commercianti che si scambiano battute in dialetti a volte così diversi da sembrare lingue totalmente estranee l’una all’altra, a fare i conti, giorno dopo giorno, con la paura della morte, in un rapporto per ciascuno diverso come e più delle lingue con le quali questo popolo parla.

Tutto è affidato al racconto del tenente Alfani che - in terza persona , “ci fa dono di sé - spiega la regista Daniela Nicosia - della sua umana “fragilità”, dell’umana disillusione nello sgretolarsi di ogni mito, di ogni ideale eroico, di fronte all’evidente portato di insensatezza di ogni guerra. E’ proprio Alfani, l’ufficiale, a mettere in discussione la necessità di obbedire “agli eroi da poltrona”, a quegli ordini assurdi, che condannano quei giovani a morire, senza possibilità di appello, uno dopo l’altro. La certezza della morte li invade, l’umana paura, seppur attraverso mutevoli approcci a quell’indiscusso gesto d’obbedienza, si rivela così quale vera protagonista della novella che, a soli tre anni dalla fine della guerra, nel 1921, non era ammessa alla pubblicazione, su “La Lettura”, il mensile letterario dell’interventista “Corriere della Sera”. Era scandaloso l’atroce finale dell’eroe di guerra o l’implicita condanna del militarismoda parte dell’autore? O forse, sul piano formale, quell’uso realistico dei dialetti, che andava a scontrarsi con quel difficile processo di unificazione linguistica del Regno d’Italia, e col manzonismo che ne era stato strumento? Quell’ antiretorico concerto pluridialettale che caratterizza la scrittura di De Roberto, mentre libera le voci di quell’umanità sofferente, rendendole più vivide e toccanti, espressione di quell’Italia degli umili, frammentata nel gergo, nell’inflessione e unita nel dolore, nel sacrificio estremo? Una cronaca di guerra quindi – conclude la regista - quella di De Roberto, scandalosa nelle forme e nei contenuti, che occhieggia seppur nell’assoluta contemporaneità dell’arredo e del gesto scenico”.

Info: www.comunalegiuseppeverdi.it, 0434 247624, facebook

Chi siamo

Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

Pubblicità

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

Privacy e cookies

Privacy policy e cookies

Questo sito è impostato per consentire l'utilizzo di tutti i cookie al fine di garantire una migliore navigazione. Se si continua a navigare si acconsente automaticamente all'utilizzo. Per comprendere altro sui cookie e scoprire come cancellarli clicca qui.

Accetto i cookie da questo sito.