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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Grande Guerra, a Trieste una lettura scenica rievoca i giorni dell'attentato di Sarajevo

Grande Guerra, a Trieste una lettura scenica rievocativa dei giorni dell'attentato di Sarajevo

Trieste - Giuliani e friulani, malgrado ogni campanilistica differenza che li contraddistingue, hanno una comune tragica memoria, quella della Grande Guerra. Si abbia fra le mani un cimelio del nonno materno come una medaglia al valor militare di Carlo Imperatore oppure una foto ingiallita del prozio che indossa l’uniforme dei regnicoli, rimane ancora complicato comprendere come la pensassero davvero i nostri vecchi, da che parte si stesse in quegli anni.

Qualcuno ricorda la voce drammatica della vecchia zia che imprecando contro la “gallina con do teste”, raccontava di come avesse dovuto inventarsi un modo per dar da mangiare ai numerosi figli, alla fine falciati non dalla guerra, ma dalla febbre Spagnola.

Un altro legge su un’antica lapide cancellata dal sole e dalla pioggia il nome di un lontano parente caduto in Galizia con i compagni del 97°, l’infanterieregiment dall’immeritato sopranome “demoghéla”.

Il 1914 a Trieste sembrava scorresse sereno agli occhi dei più e al teatro comunale già intitolato a Giuseppe Verdi debuttavano “Parsifal” e “Madama Butterfly”, ma tutto era destinato a mutare già con il primo riecheggiare degli spari di Sarajevo in quel 28 giugno.

Il 2 luglio le salme di Francesco Ferdinando e di Sofia procedevano lenti sui carri funebri fra il silenzio della folla incredula da piazza Grande, lungo il Corso, via Sant’Antonio, piazza della Caserma, via Ghega e via Cellini fino alla Stazione meridionale e con esse iniziava a scriversi con la violenza e le lacrime una pagina dolorosa che segnò la fine di ogni sogno.

Ma ancora idee e sguardi diversi si soffermano su quelle stesse righe della storia e le leggono con lingue differenti. Da qui la semplice, ma efficace idea di Paolo Rumiz di utilizzare il noto testo degli anni Ottanta di Gilberto Forti “A Sarajevo il 28 giugno” per una lettura scenica rievocativa di quei momenti così fortemente radicati nella memoria collettiva della città.Grande Guerra, a Trieste una lettura scenica rievocativa dei giorni dell'attentato di Sarajevo

Proprio in concomitanza con il centenario dell’attentato, nella suggestiva cornice del futuro civico Museo di guerra per la pace “Diego de Henriquez” a Trieste, voci, gesti e musica hanno fatto risorgere le ombre di un passato non poi così lontano e con l’obiettivo di ricordare e riflettere assieme.

La regia di Franco Però, dall’idea di Rumiz, ha sviluppato un filo narrativo multiplo, quasi prendendo a modello gli ipertesti multimediali.

Gli spettatori, seguendo ciascuno un proprio libero criterio di scelta, si sono potuti spostare da una stanza all’altra, immaginando, oltre una finestra, il treno che lentamente risale la strada per Vienna, oppure sedendosi in uno studiolo assieme ad un ingegnere ungherese o ancora danzando con la fantasia abbracciati ad una ormai anziana duchessa comodamente seduta sulla sua poltrona.

Ogni personaggio raccontava una storia, la stessa storia, eppure ciascuna completamente diversa. Tutti narrandole in sincrono, perché le origini così differenti e i volti e i luoghi apparentemente separati, fossero riuniti da un unico tempo, scandito dalle voci dei testimoni, anche se interrotto bruscamente dagli spari dei cannoni. E il quartetto Iris accompagnava melanconicamente i passi dei visitatori che si spostavano da un ascolto al seguente, alternando al tempo di un valzer viennese, il quartetto n.14 in Re minore di Schubert detto “La morte della fanciulla”.

Le voci dei protagonisti sono state affidate agli ottimi interpreti che si sono alternati nelle due serate del 28 e 29 giugno scorsi: Ariella Reggio, Antonio Salines, Fulvio Falzarano, Ester Galazzi, Maurizio Zacchigna, Riccardo Maranzana, Paolo Fagiolo, Gualtiero Giorgini, Adriano Giraldi e, inaspettatamente lo stesso Paolo Rumiz.
L’iniziativa è stata promossa dal Comune di Trieste e organizzata in collaborazione con i Civici Musei di Storia e Arte e il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.Grande Guerra, a Trieste una lettura scenica rievocativa dei giorni dell'attentato di Sarajevo

"Quel 28 giugno di cent’anni fa – scrive Franco Però – due colpi di cannone fecero rullare i tamburi in tutta Europa, e nelle fabbriche si misero all’opera per costruire nuove, impressionanti macchine da guerra. Per un mese, un mese esatto rimasero nascoste, pronte ad entrare in azione e portare via il mondo di ieri, per gettarci nel Moderno. Alcuni compresero quei colpi, altri intuirono qualcosa, altri ancora non si resero conto, non videro le armi nascoste. Il 28 giugno iniziò quel terribile work in progress che il 28 luglio vide il suo primo compimento".
                                                                                                    Marzio Serbo

(foto di Francesco Bruni; tutti i diritti riservati)



 

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