In tutti i comuni del FVG esclusi i capoluoghi sarà possibile un terzo mandato per il sindaco
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- Pubblicato Mercoledì, 12 Dicembre 2012 15:16
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Trieste - Il Consiglio regionale ha approvato nella tarda serata di martedì 11 dicembre la norma che istituisce la possibilità di tre mandati consecutivi per i sindaci di tutti i Comuni della regione, unici esclusi i quattro comuni capoluogo.
"Il terzo mandato ai sindaci è una pagina vergognosa di questa legislatura. Alla fine ci sono riusciti, impermeabili all'insofferenza per politica e istituzioni, con una maggioranza risicata". Così ha commentato il capogruppo di Sinistra Arcobaleno in Consiglio regionale ed esponente di SA - Partito di Rifondazione Comunista Igor Kocijancic dopo il voto in Consiglio.
Dopo un lungo tira e molla del Pdl, la norma è stata approvata con 18 voti a favore (17 i contrari). Non hanno partecipato al voto gli esponenti del Pdl Marini, Maurizio Bucci e Piero Camber; Roberto Asquini (Misto). Hanno votato contro Tononi (Pdl), Alessia Rosolen e Edouard Ballaman (Misto). Contrari Italia dei valori e Sel; Roberto Antonaz (Prc) non ha partecipato al voto.
L'approvazione è stata agevolata anche da alcune non partecipazioni al voto nelle fila del PD, tra cui Franco Iacop, Annamaria Menosso, Sergio Lupieri, Sandro Della Mea.
Kocijancic ritiene la norma approvata molto peggiore di quella bocciata la settimana scorsa, perché estesa anche ai Comuni nei quali è previsto il doppio turno.
"Del tutto indifferenti al fatto che il limite di due mandati consecutivi abbinato all'elezione diretta dei sindaci ha una propria ratio giuridica, hanno introdotto "una nuova specialità del FVG": da oggi, tranne che a Trieste, Udine, Gorizia e Pordenone, i sindaci potranno essere rieletti e rimanere in carica per quindici anni di fila".
"Per qualche ignota e oscura ragione - conclude Kocijancic - la norma è passata in virtù di un trasversale gradimento di tale ipocrita obbrobrio, che ha prevalso sulle contrarietà e anche sul senso di pudore istituzionale".
Quello che non fece la crisi, lo fa la burocrazia: bottino di 10 milioni di euro "dimenticato" dalle Giunte
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- Pubblicato Mercoledì, 05 Dicembre 2012 10:11
- Scritto da Tiziana Melloni
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Trieste - La notizia, emersa nei giorni scorsi, che le Giunte dei Comuni di Trieste, Gorizia e Udine hanno perso il "treno" dei 10 milioni di euro destinati dalla Regione, con la legge n. 14 del 2012, alla riqualificazione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici "dimenticandosi" di fare domanda, è emblematica di come la burocrazia dia il colpo finale alle già magre risorse messe a disposizione da Stato e Regione.
Da notare che la distrazione è stata trasversale: a Trieste e Udine l'amministrazione è di centro sinistra, a Gorizia di centro destra.
La legge regionale del 25 luglio del 2012, numero 14, relativa all’assestamento di bilancio estivo, all’articolo 4, così dispone: "Al fine di favorire un processo di riqualificazione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici, l’amministrazione regionale è autorizzata a predisporre un programma di interesse regionale di interventi di manutenzione sugli immobili medesimi (…). Il programma è approvato dalla giunta regionale sulla base di segnalazioni di interesse o comunque di condizioni già note".
La Giunta pordenonese non si è fatta però sfuggire il colpo, e così anche decine e decine di comuni ed enti del Friuli Venezia Giulia. Ecco alcuni esempi dei fondi assegnati: 712mila euro al Comune di Camino al Tagliamento per ampliare la scuola elementare, 450mila a Dignano per riqualificare la piazza centrale, 500mila a Manzano per terminare l'impianto sportivo, 470mila a San Daniele per l'illuminazione pubblica, 300mila a Tarcento per il campo da tennis, 250mila a San Vito al Torre per l'asfalto sulle strade, 200mila a Tricesimo per ristrutturare la casa di riposo.
Mentre le diverse opposizioni dei tre capoluoghi rimasti a bocca asciutta tuonano contro assessori e funzionari accusati di leggerezza e incompetenza, resta da chiedersi, assieme a imprenditori, enti di ricerca, associazioni culturali ed altri soggetti autorizzati a chiedere fondi pubblici, se le mille trappole della burocrazia - da cui non è esente la stessa Unione europea - siano giustificate dal mantenimento di una folla di uffici e personale, o dall'intenzione di scoraggiare in tutti i modi i richiedenti, oppure da entrambe le cose.
Tutti i figli sono uguali: la Camera approva la legge che cancella dal Codice la distinzione tra "legittimi" e "naturali"
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- Pubblicato Mercoledì, 28 Novembre 2012 10:07
- Scritto da Redazione fvgnotizie
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Roma - Mentre aumentano specialmente al Nord i fogli nati da unioni di fatto (sono ormai il 30%, secondo i recenti dati dell'Istituto centrale di Statistica) la Camera ha dato il via libera definitivo, nel pomeriggio del 27 novembre, al disegno di legge che eguaglia i diritti dei figli naturali a quelli nati all'interno del matrimonio. Il disegno di legge - passato con 366 favorevoli, 31 contrari, 58 astenuti - è stato approvato in terza lettura dall'aula di Montecitorio. Passato senza modifiche, dopo i cambiamenti apportati dal Senato, il provvedimento approvato diventa legge.
Polemiche per la bocciatura da parte dell'Aula della richiesta dell'Udc di stralciare la norma sui figli nati da rapporti incestuosi o violenti dalla proposta di legge. La richiesta era stata avanzata dal presidente centrista Rocco Buttiglione e aveva incassato il parere contrario della relatrice del provvedimento Alessandra Mussolini.
Il provvedimento, ormai legge, è un testo unificato che ha condensato sei proposte di legge sul tema presentate da centrodestra e centrosinistra. "Come relatrice del provvedimento, esprimo la più viva soddisfazione per l'approvazione di questo atto di civiltà che equipara i figli naturali, nati fuori dal matrimonio, a quelli nati in costanza di rapporto matrimoniale", ha commentato Alessandra Mussolini.
Nel dettaglio, la nuova legge prevede, in primo luogo, la sostituzione nel Codice civile delle espressioni “figli legittimi” e “figli naturali” con la parola “figli”.
Rivista anche la definizione del vincolo di parentela indicato all’articolo 74 del Codice civile: sono parenti tutte le persone che discendono da un medesimo stipite, indipendentemente dal carattere legittimo o naturale della filiazione. In questo modo vengono a crearsi rapporti di parentela tra il figlio naturale e la famiglia del genitore. Il riconoscimento, infatti, non è limitato, negli effetti, solo nei confronti del genitore, ma estende la sua efficacia anche sui parenti.
Intervenendo anche sull’articolo 250 del Codice civile, viene prevista la possibilità per il figlio naturale nato fuori dal matrimonio di essere riconosciuto, sia congiuntamente, sia separatamente, dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio con un'altra persona all'epoca del concepimento.
Con modifica riferita all’articolo 254 del codice, viene, inoltre, abbassata l’età - da 16 a 14 anni - a partire dalla quale il riconoscimento del figlio naturale non produce effetto senza il suo assenso, nonché l’età al di sotto della quale il riconoscimento non può avere effetto senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento.
Prevista, infine, anche la possibilità, dietro autorizzazione del giudice ed avuto riguardo all'interesse del figlio, di riconoscimento anche dei figli nati a seguito di incesto.
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