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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Economia

L'assemblea di Hera approva la fusione con Acegas-Aps. Perissinotto e Pillon nel Cda

L'assemblea di Hera approva la fusione con Acegas-Aps. Nasce la seconda utility italiana

Bologna - Via libera dai soci di Hera alla fusione con Acegas-Aps. L'operazione darà vita alla seconda utility italiana dopo A2A. Nell'assemblea, che si è svolta il 15 ottobre, ha votato a favore il 99,96% dell'azionariato.

"In questi dieci anni dalla quotazione, la nostra crescita ha avuto tre componenti: crescita organica, investimenti sull'impiantistica e operazioni di aggregazione. Le aggregazioni sono una delle leve di crescita e ogni volta che si riprorrà una soluzione idonea ci riproveremo", ha spiegato il presidente di Hera, Tomaso Tommasi di Vignano, rispondendo alle domande degli azionisti.

La struttura dell'operazione prevede la fusione per incorporazione di AcegasAps Holding in Hera. L'efficacia della fusione è prevista per il primo gennaio 2013, a seguito della quale Hera assumerà il controllo di AcegasAps, detenendone una quota pari al 62,69% del capitale sociale. Subito dopo seguirà l'Opas di Hera sulla restante quota non ancora in suo possesso con obiettivo il delisting di AcegasAps.

Il rapporto di cambio per la fusione di AcegasAps holding in Hera è pari a circa 0,763 nuove azioni Hera a fronte di nominali 1 euro di capitale sociale di AcegasAps Holding (pari a 188 milioni di euro). Sulla base del rapporto di cambio, al Comune di Trieste e al Comune di Padova, unici soci di AcegasAps Holding, verranno riconosciuti complessivamente circa 143,38 milioni di azioni Hera. Agli azionisti AcegasAps Holding verrà riconosciuto anche un conguaglio in denaro pari a 3,4 milioni.

La nuova realtà potrà contare su un valore della produzione superiore a 4,5 miliardi di euro, un margine industriale di oltre 750 milioni di euro e un utile netto di circa 140 milioni di Euro, con una buona solidità finanziaria, proiettandola dunque ad essere il secondo gruppo nazionale tra le utilities, con posizionamenti di assoluto rilievo: primo operatore italiano per rifiuti trattati (5,4 milioni di tonnellate, di cui 3,7 verso parti terze); secondo operatore per volumi di acqua venduti (300 milioni di mc); terzo operatore nella distribuzione del gas (quasi 1,5 milioni di punti di fornitura e 2,9 miliardi di volumi distribuiti); quinto operatore nella vendita di energia elettrica a clienti finali (circa 11 TWh di energia elettrica venduta, con oltre 650.000 clienti); settimo operatore nella vendita di gas naturale a clienti finali (2,8 miliardi di mc venduti, con quasi 1,4 milioni di clienti).

L'assemblea ha inoltre approvato l'ingresso nel Consiglio di amministrazione dell'ex amminostratore delegato delle Generali, Giovanni Perissinotto e dell'attuale a.d. di Acegas-Aps, Cesare Pillon. I due manager entreranno a far parte del Cda di Hera non appena sarà effettiva la fusione con Acegas-Aps.

L'ingresso di Perissinotto e Pillon nel board dell'azienda è stato proposto rispettivamente dai comuni di Trieste e Padova, soci di controllo di Acegas-Aps.

La candidatura è stata approvata dall'assemblea con 732.958.407 voti favorevoli (86,57%). Contrari 93.034.655 voti (10,90%), astenuti 20.657.702 (2,43%).

La crisi del settore industriale di Trieste e il caso della ferriera

La crisi del settore industriale di Trieste e il caso della ferriera

Trieste - La Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia chiederà al ministero dello Sviluppo economico di inserire lo stabilimento siderurgico Lucchini di Trieste tra le situazioni di "crisi industriale complessa con impatto significativo sulla politica industriale nazionale", in base al cosiddetto "decreto sviluppo" presentato dal Governo e convertito in legge nell'agosto scorso.

Sulla situazione dello stabilimento della Lucchini, noto in città come "ferriera", che da anni si dibatte tra molteplici problemi, aggravati dalla crisi generale, si è espressa l'11 ottobre anche la Confindustria locale, con un comunicato in cui si descrive la situazione di tutto il settore industriale della città.

"Da alcuni anni - si legge nella nota - siamo in presenza di una contrazione della domanda di prodotti siderurgici e sono molti gli stabilimenti in Italia che ne vengono colpiti. In questo contesto, oggi, si inserisce la situazione della ferriera di Servola, condizione che più in generale riguarda le politiche nazionali sulla siderurgia".

La Confindustria di Trieste "appoggia fortemente l'azione che l'Amministrazione regionale sta intraprendendo al fine di inserire lo stabilimento del gruppo Lucchini nel novero delle aree produttive con crisi industriale complessa, con lo scopo di avviare le misure previste da questo provvedimento, inserito nel recente decreto sviluppo approvato dal Governo Monti, per aree che necessitano l'avvio di azioni di riqualificazione o riconversione produttiva. È chiaro che tali azioni devono accompagnarsi a misure volte a mitigarne gli effetti sociali. In questo senso, nei prossimi giorni, ne verrà discusso anche con l'Assessorato regionale competente".

Gli industriali rendono noto che "sono già in agenda per la prossima settimana riunioni operative con le Istituzioni locali che prevedono il diretto coinvolgimento di Federacciai. Questi incontri intendono approfondire l'utilizzo di ogni strumento utile al fine di strutturare al meglio le misure per la riconversione e riqualificazione di queste situazioni produttive, che si andranno a definire anche in coerenza con quanto ci si appresta a fare in sede di Comunità Europea".

La situazione della ferriera, tuttavia, va risolta tenendo presente il quadro generale del settore industriale a Trieste, che si trova in una situazione sospesa che dura ormai da più di un decennio.

"Per poter rendere lo stabilimento di Trieste appetibile a possibili investitori - sostiene Confindustria - è necessario che alcune situazioni si sblocchino. È fondamentale innanzitutto che si dia seguito alle azioni previste dall'accordo di programma per la soluzione del problema del sito inquinato, stipulato il 25 maggio. Azioni che in questo momento sono bloccate in attesa dell'esame della Corte dei conti".

Senza il benestare della Corte la Regione non può deliberare l'impegno di spesa e di conseguenza l'Ezit (Ente Zona Industriale di Trieste) non può avviare la gara per le caratterizzazioni dei terreni. Esami necessari a stabilire se e quali aree sono compatibili per ospitare insediamenti industriali, e i costi ambientali per il recupero delle stesse.

In questo momento infatti, nel contesto di un territorio che di per sé ha pochi spazi utilizzabili a scopo produttivo, molte zone sono vincolate dall'essere inserite nel Sito inquinato e il loro impiego, pertanto, è di fatto bloccato dal 2003. Tra le aree incluse in questo perimetro, vi è anche quella della Ferriera di Servola. Se la procedura di controllo della Corte dei Conti non avesse a breve esito positivo, renderebbe di fatto nuovamente critica la valutazione degli obiettivi di bonifica.

Oltre alla soluzione di questo problema, agli eventuali investitori interessati allo stabilimento Lucchini vanno fornite  assicurazioni sulla possibilità di mantenere le parti in concessione, sulla durata delle stesse e le destinazioni d'uso ammissibili.

A questo proposito, Confindustria Trieste è favorevole a destinare l'area a fini industriali e logistici. Su questo aspetto si segnala la necessità di coinvolgere direttamente la società che attualmente è proprietaria della ferriera e le altre realtà collegate al processo produttivo della Lucchini presenti nell'area. Con queste aziende va condiviso il percorso e le sue finalità. L'obiettivo è infatti giungere a una riqualificazione produttiva, che sia in grado di assorbire gli attuali livelli occupazionali.

Confindustria Trieste segnala che, nonostante l'attuale situazione congiunturale internazionale, sul territorio di Trieste sono presenti alcuni significativi progetti che, se approvati, sarebbero in grado di far ricadere sul territorio, nei prossimi anni, importanti investimenti nell'ordine di molte centinaia di milioni di euro, e che potrebbero avere ricadute occupazionali non trascurabili.

Il riferimento va al nuovo terminal Ro.Ro. della valle di Zaule, all'installazione di una centrale termoelettrica alimentata a biomasse, alla piattaforma logistica, all'avvio del progetto di Portocittà e al rigassificatore di Zaule. Sono tutti progetti che Confindustria Trieste segue e appoggia con ferma convinzione. Progetti che se cantierati rapidamente, sarebbero in grado di contribuire a dare nuovo slancio all'economia del territorio.

In Fvg il raccolto di mais è a rischio distruzione per l'alto livello di tossine da funghi

In Fvg il raccolto di mais è a rischio distruzione per l'alto livello di tossine da funghi

Udine - Le aflatossine sono micotossine - sostanze chimiche tossiche prodotte da funghi - prodotte da due specie di Aspergillus, un fungo che si trova nelle aree caratterizzate da un clima caldo e umido. Possono essere presenti in prodotti alimentari, quali il granoturco, ed anche riso, fichi e altra frutta secca, spezie, oli vegetali grezzi, semi di cacao, arachidi, frutta a guscio, a seguito di contaminazioni da funghi avvenute prima e dopo la raccolta.

Il caldo torrido dei quest'estate ha fatto registrare un livello di aflatossine nel granoturco più alto del normale; migliaia di aziende agricole della filiera cerealicola nel Friuli Venezia Giulia e nelle altre regioni del Nord rischiano pertanto di vedere i loro raccolti finire al macero.

E con loro, a risentirne potrebbe essere anche la filiera del latte che utilizza i cereali (mais, soprattutto) come alimento per i bovini. Le aflatossine si sono sviluppate abbondanti sulla granella, come era già accaduto nel 2003.

I limiti europei stabiliti per il contenuto di micotossine sono estremamente stringenti. Negli Stati Uniti, ad esempio, il livello tollerato è superiori di 10 volte rispetto a quello dell'UE.

Al riguardo è in corso di svolgimento nel Parlamento italiano un dibattito nel quale sono emerse riserve circa l'ipotesi di una deroga ai limiti di presenza delle aflatossine. A favore di una deroga c'è il fatto che le micotossine sono sostanze che diventano tossiche se si accumulano nell'organismo, per cui una deroga limitata ad un anno non costituirebbe un danno immediato per la salute.

I rappresentanti degli essiccatoi cooperativi regionali hanno espresso la loro preoccupazione in occasione di un coordinamento convocato da Fedagri Fvg il 2 ottobre per fare il punto sulla situazione del settore.

"Si tratta di una vera e propria calamità per l’intero comparto, uno dei settori trainanti dell’agricoltura regionale", spiegano dalla Confcooperative Fvg, che ricorda come anche la filiera del latte potrebbe risentirne in maniera considerevole: centinaia di aziende zootecniche, infatti, sono a rischio perché alimentano le bovine con mais e insilato di mais contaminato dalle tossine. Il problema è comune anche ad altri Paesi europei e potrebbero addirittura venire a mancare adeguati quantitativi di cereali per l’alimentazione degli animali.

"Il danno per l’agricoltura sarebbe enorme: ecco perché Fedagri Fvg si è fatta capofila delle altre regioni del Nord (Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna) per presentare ai Ministeri della Salute e delle Politiche agricole un documento per chiedere delle deroghe ai limiti imposti per le aflatossine".

Le cooperative agricole chiedono infatti, come misura straordinaria per scongiurare la perdita del raccolto e la crisi del settore, di adottare temporaneamente i limiti, più alti, previsti negli Stati Uniti per lo stesso tipo di tossine.

 

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