Il viaggio nell’inconscio di Macbeth al Teatro Rossetti la regia di Andrea De Rosa
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- Pubblicato Venerdì, 23 Novembre 2012 09:25
- Scritto da Mariangela Miceli
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Quando si rappresenta Shakespeare si pensa alla tradizione, al teatro per eccellenza, alla Drammaturgia perfetta che viene voglia di scrivere con la D maiuscola. Tradurre il testo shakespeariano sul palcoscenico vuol dire riportarlo fedelmente nei suoi dettagli o reinventarlo completamente. Bianco o nero. Senza possibilità di grigi.
Andrea De Rosa firma una regia in cui il Macbeth si ricontestualizza nella psicosi contemporanea e approda al Rossetti con una produzione del Teatro Stabile di Torino e del Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni”, lasciando il pubblico attonito. Completamente rapito o del tutto sconcertato. Senza possibilità di grigi.
Un cast straordinario fa rivivere la tragedia muovendosi in una scenografia che sembra l’immagine stessa dello spazio dell’inquietudine. Giuseppe Battiston interpreta questo nuovo Macbeth con una potenza emotiva straordinaria, affiancato da una Lady Macbeth, interpretata da Frédérique Lollée, di cui colpisce soprattutto la presenza scenica. Riempiono la scena anche Riccardo Lombardo, un Macduff dalla voce avvolgente, quasi una voce narrante che annuncia il finale, e Ivan Alovisio nei panni di Banquo, capace di catturare l’attenzione anche quando è spettro silenzioso alla tavola del re traditore.
È la scelta dell’organizzazione degli spazi, dei costumi e degli accessori di scena, più che le variazioni rispetto al testo originale – non molte, a dirla tutta – a trasformare il Macbeth. La degenerazione morale diventa decadimento, la perdita di ogni scrupolo in nome dell’arrivismo diventa perdita di lucidità , il rimorso diventa compassione di sé.
Il luogotenente Seyton diventa il lato oscuro di Macbeth; le rivelazioni delle streghe – totalmente assenti dalla scena eppure incredibilmente presenti, nei panni dell’ossessione per la nascita e la procreazione che De Rosa ha letto nel testo shakespeariano – diventano germinazione di Lady Macbeth che fisicamente “partorisce”, nutre e fa crescere ogni profezia. Si tratta di follia? Di un’allegria sfacciata e sinistra frutto dell’ebbrezza?
L’unica certezza è che il Macbeth, da tragedia dell’ambizione spietata, diviene un viaggio nell’inconscio, nell’inconscio dell’uomo di oggi, tanto più fragile quanto più vuole salvare le apparenze, tanto più destabilizzante quanto più vuole essere forte. Colpiscono diverse scene di forte impatto visivo ed emotivo, tali da risultare quasi cruente ma assolutamente coerenti con il senso di psicosi e disagio che viene dato alla tragedia in questa lettura così moderna.
Un “però” nell’entusiasmo che a ragione la regia di De Rosa ha suscitato tuttavia c’è: oltre a lasciare inspiegati certi particolari fondamentali nel testo di Shakespeare e che ci si sarebbe aspettati di vedere – in una scenografia così curata e così visionaria, il bosco che si avvicina al castello annunciando la fine di Macbeth non era un dettaglio eludibile – questa chiave di lettura è forse poco fruibile da chi non conosce molto bene il testo shakespeariano.
Eppure è prova del genio assoluto di Shakespeare, ancora vivo, attuale, ancora capace di parlare dell’oggi come nessun uomo del nostro tempo saprebbe fare.
Il Macbeth sarà in scena fino al 25 novembre a "Il Rossetti" Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.
"Lupi e pecore" di Aleksandr Ostrovskij al Giovanni da Udine, con un'appendice filosofica in Sala Florio
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- Pubblicato Venerdì, 23 Novembre 2012 09:16
- Scritto da Tiziana Melloni
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Udine - Giovedì 22 novembre al teatro Nuovo Giovanni da Udine è andata in scena la prima di "Lupi e Pecore" di Aleksandr Ostrovskij; repliche fino a domenica 25. Una produzione del Teatro Stabile della Sardegna con la sapiente regia di Guido de Monticelli.
"Lupi e Pecore" è un’opera sorprendente, ricca di humor nero, ritmi serrati e continui ribaltamenti di prospettive che coinvolgono abilmente lo spettatore. La commedia trae la sua vicenda da una cronaca giudiziaria di un villaggio russo di provincia, arricchita sapientemente da una girandola di piccole e grandi prepotenze, in cui tutti i personaggi sono implicati, gli uni a danno degli altri.
Tutti o lupi o pecore: cacciatori di eredità, ingenue vedovelle, scapoli impenitenti, astute cameriere, tutti vivono per mangiare o essere mangiati, scambiandosi a turno i ruoli in un continuo appassionante inseguimento. In quanto al mondo, sembra dirci Ostrovskij, non vi sarebbero i lupi se non prosperassero le pecore.
Come approfondimento dello spettacolo, venerdì 23 novembre 2012 – ore 15.00 in via Palladio 8, Palazzo Florio, Sala Florio, si svolge l’incontro dal titolo "La coscienza è una questione di filosofia?" dove gli studenti del Dipartimento di studi umanistici incontreranno il regista Guido De Monticelli e la Compagnia dello spettacolo, in un dialogo coordinato da Andrea Tabarroni, direttore del dipartimento di Studi umanistici dell’Università di Udine.
Si ricorda che in occasione dello spettacolo pomeridiano di domenica 25 novembre, in convenzione con la Fondazione Filippo Renati, il Teatro ha attivato un servizio gratuito di baby-sitting per accogliere i bambini degli spettatori la domenica pomeriggio.
Il servizio è attivo per i bambini dai 3 ai 10 anni che saranno accolti spazi attrezzati della Fondazione Renati (via San Valentino, 23/25).
Le prenotazioni si effettuano in Biglietteria, al momento dell’acquisto del biglietto per lo spettacolo scelto. Le prenotazioni saranno possibili fino alle ore 19.00 del sabato precedente lo spettacolo.
È inoltre attiva la convenzione Erdisu valida per gli studenti dell’ateneo che permette loro di acquistare il biglietto a soli 5 euro o l’Abbonamento Giovani a scelta, ancora sottoscrivibile, a 50 euro.
Alla Civica Accademia Nico Pepe la consegna dei diplomi e l'apertura del nuovo anno accademico
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- Pubblicato Venerdì, 23 Novembre 2012 08:34
- Scritto da Fabiana Dallavalle
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Se sulla cultura regionale si addensano nubi minacciose, alla cerimonia di apertura, svoltasi mercoledì 21 novembre, del nuovo anno accademico e di consegna dei diplomi tenutasi alla Nico Pepe, si è scorto un raggio di sole, quello dell’energia e dell’entusiasmo che la comunità della Civica Accademia diffonde in maniera contagiosa, anche tra le autorità presenti, il sindaco Furio Honsell (festeggiatissimo dagli allievi in uscita con un graditissimo diploma “honoris causa”) il prefetto Salemme, l’assessore provinciale Ioan, i consiglieri comunali Pirone, Zaccuri, Travisano e Primis, Marco Maria Tosolini in rappresentanza della Fondazione Crup, e Gianni Nistri per il Teatro Nuovo.
A una situazione oggettivamente difficile, ha esordito il direttore de Maglio, rispondiamo con i risultati di un 2012 in crescendo che ha visto la Pepe al Festival di Avignone per circa un mese, a Mittelfest, a Milano e poi a Roma con Mistero Buffo nato dall’incontro con Dario Fo e Franca Rame, quindi la presenza della maestra della danza contemporanea Carolyn Carlson e di tanti altri illustri docenti ospiti.
"Agli allievi che ricevono il diploma, ha proseguito de Maglio, possiamo offrire il miglior antidoto alla disoccupazione, quello di una formazione di alta qualità che costituisce un investimento prezioso".
Così la consegna degli attestati si è svolta in un crescendo di partecipazione da parte della sala che ha entusiasmato tutti, in primis ovviamente i protagonisti: Mattia Cason, Giorgio Castagna, Alessandro Conte, Marzia Gallo, Gabriele Gattini Bernabò, Alberto Ierardi, Arianna Ilari, Ksenija Martinovic, Dennis Pugliesi e Giorgio Vierda.
Una partenza con il motore a mille giri sempre con l’auspicio che possa tornare il bel tempo anche se, come ha ricordato in chiusura de Maglio, "alla Pepe l’autocommiserazione non viene praticata anche perché come ha ricordato nel brano che il grande Stanislavskij dedica all’etica dell’attore letto agli allievi in chiusura, per crescere ci vuole disciplina, lavoro, costanza, applicazione e ogni egoismo va messo al bando".
Vietato quindi contemplare solo il proprio ombelico: dal pedagogo russo, padre del teatro contemporaneo, una grande lezione di civiltà oltre che di lavoro per l’attore.
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