Pellegrinaggio in bicicletta da Trieste a Medjugorje per due bimbi malati. Le foto
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- Pubblicato Lunedì, 05 Agosto 2013 21:19
- Scritto da Tiziana Melloni, Stefano Savini
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Trieste - Come ogni anno, Igor Vodopivec, appassionato di ciclismo non-stop, ha organizzato un pellegrinaggio-randonnée di 530 km per Medjugorje, con partenza da Repen (Trieste) il 1° agosto e arrivo entro le ore 17.40 del giorno successivo, per portare al Santuario le intenzioni affidate ai ciclopellegrini proprio nell'ora dell'apparizione.
La pedalata si è svolta senza interruzioni, salvo le soste per i ristori. I ciclisti erano assistiti da una macchina al seguito e da un camper, che organizzava i ristori mobili durante tutto il percorso diurno e notturno.
Sette i ciclisti che sono partiti da Trieste, per portare una richiesta d'aiuto alla Madre di Dio per due bambini: Riky, affetto da un tumore e Antonio, colpito da una grave malattia neurologica.
Al Santuario sono state portate due magliette, che hanno ricevuto una benedizione, per essere poi riportate ai due bimbi, che le indosseranno.
Nonostante grossi problemi, legati al caldo e alla fatica, Igor, Sergio, Rinaldo, Laura, Roberto, Marco e Gianni sono riusciti ad essere sul posto 5 minuti prima dell'ora dell'apparizione.
Il nostro reporter Stefano Savini era con il gruppo nell'auto al seguito, ed ha scattato una serie di foto che vi proponiamo:
La missione sportiva era quella di percorrere entro le 24 ore una distanza di 530km con brevi soste da 5 a 20 minuti circa (totale tempo pausa previsto circa 3 ore, totale tempo in bici previsto circa 20 ore).
Ma la corsa aveva anche una particolarità: il gruppo dei ciclisti era diviso in coppie, in cui un atleta più forte era associato ad un ciclista meno forte. Il più forte aveva il compito di prendersi cura e di aiutare nella fatica il meno forte. Il meno forte doveva invece affidarsi alle forze del più forte.
C'era anche una missione spirituale, intima e privata: durante il percorso, chi ha ritenuto di farlo, ha rivolto una preghiera silenziosa accanto a tutti i simboli cristiani.
Alla vista di una Chiesa o del Gesù crocifisso si poteva pregare il Padre Nostro, alla vista delle edicole della Madonna l'Ave Maria e alla vista di un cimitero un "Eterno Riposo".
Dopo la visita alla veggente, i ciclisti, tutti insieme, hanno portato un'offerta ad un orfanotrofio di Medjugorje.
(Credits: Stefano Savini. Licenza Creative Commons: uso non commerciale, citare la fonte).
Andar per grotte in attesa della grande spedizione: avventura mozzafiato al Luftloch. Le foto
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- Pubblicato Giovedì, 01 Agosto 2013 12:43
- Scritto da Stefano Savini
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Trieste - A -60 metri le scale finiscono e si scende solo con le corde, noi ci fermiamo sulla piattaforma e mentre Marco mi racconta la storia di questo pozzo, comincio a far le foto...
Ci troviamo tra l’Abisso di Trebiciano ed il paese di Fernetti, nella Dolina delle Cloce, conosciuta storicamente per i particolari fenomeni riscontrabili in essa durante i periodi delle piene del Timavo.
"L’idea di effettuare uno scavo proprio in questo punto è nata dall’entusiasmo di alcuni soci della Società Adriatica di Speleologia che hanno avuto la fortuna di trovarsi all’interno di questa dolina in concomitanza ad un violento fenomeno di piena" racconta Marco Restaino.
"In tale occasione, è stato possibile verificare come dal fondo parzialmente allagato, attraverso fessure e buchi nella terra simili a quelli normalmente scavati dalle talpe, scaturissero vari soffi d’aria".
"Sembrava quasi che il fondo della dolina ribollisse ed il rumore avvertito poteva essere paragonato al “rombo” di un elicottero in lontananza".
Marco Restaino ha lavorato per anni a questo scavo verso il Timavo, assieme a Piero Slama, tra mille disagi, difficoltà e imprevisti, come l'aria, già, l'aria, a cui loro sono abituati e che invece a me comincia a far scherzi.
Vi propongo le foto che sono riuscito a scattare prima di avere una crisi da mancanza di ossigeno: il racconto e la fotogallery testimoniano le enormi difficoltà che affrontano gli speleologi nelle loro esplorazioni.
Un aspetto di non poco conto da tenere ben presente quando giungeranno gli speleosub, che non solo dovranno scendere a -350 metri, ma a quel punto anche immergersi.
L'ossigeno si riduce al 17% in quei cunicoli. Durante la risalita comincia ad essere decisamente poco per la mia mente e a -24 metri succede l'impensabile: sono in debito d'ossigeno e comincio a perdere contatto con il mondo attorno a me,devo reagire prima che si mettano male le cose e l'unica cosa a cui riesco a pensare è di uscire, subito.
Ad ogni passo la crisi è più evidente e comincio ad ansimare come se avessi un attacco d'asma. "Giorgia!" - grido mentre salgo - "Giorgia! Sto avendo un attacco di panico!"
Mi tolgo il casco perché mi manca l'aria e mentre Giorgia me lo rimette comincio una guerra di nervi costringendo tutto il mio corpo a muoversi.
Giorgia prende la fotocamera e mentre le passo praticamente sopra la testa, mi proietto verso l'uscita. Ormai ansimo a bocca completamente aperta e guardo quel punto dove vedo gli alberi, ma il pozzo è lungo e la paura di non farcela è immensa e continuo a muovere gambe e braccia sempre più dure.
"Non è possibile - dico tra me e me - non è possibile che mi stia succedendo una cosa del genere, non riesco a crederci!".
Ma devo continuare a salire, ancora sferzo il corpo in una ricerca di inpulsi nervosi che mi portino all'uscita, ansimo sempre più forte e sempre più rapidamente, sento un peso enorme sul petto, la testa stenta a capire i dettagli ma so che devo solo andar su dritto, le mani sono durissime quando agguanto l'appiglio esterno, ma non riesco a tirarmi su e non c'è Giorgia ad aiutarmi. Comincio a piangere e con la forza della disperazione mi tiro a braccia unite. Sono fuori!
Piegato in due sulle gambe, che sono di legno, respiro quanta più aria riesco. Dopo poco il respiro rallenta e si fa più normale, il peso si scioglie e riprendo possesso delle braccia e delle gambe.
Dopo una bella bevuta, riesco a torgliermi il casco e mi butto addosso l'acqua fresca. Passano i minuti e non ho più il respiro affannoso, riesco ad alzarmi in piedi mentre mi scuso con Marco e Giorgia per l'errato comportamento.
Bevo ancora a fiotti e riassaporo il caldo vento che spira in dolina, è tutto finito, sono tornato alla normalità.
Scatto ancora delle foto ai due speleologi, foto ricordo da mostrare ad amici e curiosi.
Due cose ho capito ieri sera alle 23,30 circa: questi ragazzi hanno dei numeri in più degli altri e… le grotte non fanno parte del mio mondo. Se riuscirò tornerò nell'abisso di Trebiciano (lì è filato tutto liscio) assieme agli speleosub francesi per raccontarvi forse la più grande scoperta triestina dei giorni nostri.
Ma non tornerò nel Luftlock, una grotta veramente al di sopra delle capacità umane normali. Onore alla Società Adriatica e a tutti coloro che con grande fatica e coraggio portano avanti questo progetto, a cui sono particolarmente affezionato.
Tuttora però non riesco a comprendere appieno la passione che accomuna i miei amici speleologi, e mi sfugge la natura del desiderio di scendere nelle viscere della terra.
(Testo e foto di Stefano Savini. La seconda foto è della Società Adriatica di Speleologia. Credits: Savinimages; Marco Restaino e Giorgia De Colle, Società Adriatica di Speleologia. Licenza Creative Commons: uso non commerciale, citare la fonte).
Alla scoperta del fiume sotterraneo con la Società Adriatica di Speleologia: le foto e la storia
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- Pubblicato Domenica, 28 Luglio 2013 23:11
- Scritto da Tiziana Melloni, Stefano Savini
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Trieste – Il prossimo 9 agosto un'importante spedizione speleosubacquea tenterà di aggiungere qualche tessera al mosaico del mistero del Timavo, il fiume sotterraneo che scompare nella grotta di San Canziano, in Slovenia, per ricomparire a San Giovanni di Duino, in provincia di Trieste.
Gli speleologi, nel tempo, hanno tentato di intercettarne il corso dall'alto del costone carsico. La Grotta 17 VG (numero di catasto della Venezia Giulia), meglio nota come Grotta di Trebiciano o Abisso di Trebiciano, e tradizionalmente legata alla Società Adriatica di Speleologia, è un esempio di questo tipo di esplorazione. Ed è proprio dal fondo di questa grotta che inizierà la parte più interessante della spedizione subacquea.
“Trovare un accesso al Timavo dal Carso triestino è stato uno degli obiettivi preminenti della Società Adriatica nel corso di svariati decenni – spiega Marco Restaino, speleologo del gruppo. - Dal 1974 la Sas detiene la concessione della Grotta di Trebiciano. Da quel momento in poi abbiamo lavorato per attrezzarla ed ora essa è percorribile fino in fondo con una via ferrata. Grazie a quest'opera sono possibili spedizioni subacquee come quella di 20 anni fa, che prosegue ora con l'intervento dello stesso gruppo di speleosub francesi, a cui daremo il nostro appoggio logistico e l'assistenza”.
“Ci aspettiamo molto dalla spedizione – dice ancora Marco Restaino. - Il lago sotterraneo che si trova in fondo all'abisso può riservare molte sorprese. Con le nuove tecnologie di immersione speleosub, i tempi di permanenza in acqua sono aumentati in modo non immaginabile 20 anni fa, ed anche i mezzi di illuminazione si sono evoluti. Sarà possibile effettuare rilievi e misurazioni di grande interesse scientifico, che accresceranno il patrimonio delle nostre conoscenze sul Timavo e sui fenomeni carsici”.
Il nostro fotografo Stefano Savini, a 10 giorni dall'arrivo degli speleosub francesi, è sceso nell'abisso ed ha scattato una impressionante serie di foto, che vi proponiamo di seguito, assieme al suo racconto della discesa:
"Grottenarbaiter. Giorgia apre la botola e comincia la discesa, sono in ansia... a 50anni farmi 340mt nelle viscere della terra, beh mi sembra troppo.
Ma scendo, gradino dopo gradino riscopro le sensazioni di quando avevo 15 anni,il buio rotto dalle torcie sui caschi e quel fango, tanto fango, dappertutto, che subito ti sporca le mani anche se porti i guanti, si scivola e devo tenermi ben stretto alla scaletta che sembra non finire mai sotto i miei piedi.
Un cavo d'acciaio e due moschettoni che escono dall'inbragatura sono l'unica sicurezza per evitare di cadere nel vuoto. Parlo, parlo e parlo per esorcizzare l'ansia che mi accompagna sempre più in basso, ma non ho paura o panico, sento solo tutto troppo stretto attorno a me (non ne vado matto).
Arrivo al ponte del brivido, tiro dritto senza pensar troppo al vuoto che sta sotto di noi (30-35mt). Ora l'abisso mostra tutto il suo nome, un pozzo fondo 52 mt che viene interotto solo dalle scalette spostate prima a sinistra e poi a destra, poi cunicoli stretti e scivolosi e poi gli unici ricordi lasciati da Federico Lindner (lo scopritore della grotta), una carrucola e gli ultimi pozzi (fatti in legno) che portano alla grande cavità.
Gli ultimi 200mt sono una passeggiata sulla sabbia che scende fino ad un angolo dove un piatto color verde fa da specchio della grotta. è il Timavo, o meglio, il lago che si dovrebbe collegare al nostro fiume sotterraneo… siamo arrivati sul fondo dell'abisso di Trebiciano.
Giorgia spegne le luci e mi invita al silenzio, gocce d'acqua picchiano sulle rocce e nel tratto del lago, poi le stanche menbra si rilassano e la mente distesa comincia a sentire il Timavo che parla: è incredibile quello che sento, come delle voci lontane, distorte ma buone, mi arrivano alla testa senza violenza e lentamente mi appisolo.
Giorgia riapre le luci e rivedo la realtà della grotta, ampia e possente,faccio un "oh!" che rimbonba in tanti echi ben distinti e molto limpidi. L'ansia non c'è più e tiro fuori la fotocamera per le foto ricordo, nel buio scatto, Giorgia e poi io per ricordo che ero lì, poi la targa dedicata a Federico Lindner (un genio d'altri tempi) ,sono commosso per la sua impresa mai ricompensata e riconosciuta, un pensiero va anche ai suoi collaboratori che morirono in altri tentativi di trovare il fiume nascosto.
Ora dobbiamo risalire perché il tempo stringe e abbiamo consumato le provviste, sali come un bradipo (me lo disse il presidende della S.A.S. prima di scendere). Ad ogni cambio di pozzo colgo la risalita con la fotocamera e approfitto per rifiatare.
La stanchezza è in agguato e devo controllarla per non farmi sopraffare, rivedo la discesa all'incontrario e ne ricordo le difficoltà.
Ancora foto e lentemente ci avviciniamo alla superficie. Giorgia intuisce che qualcuno ci aspetta all'ingresso,chi mai potrà essere? che sorpresa! I miei figli e la loro mamma che sorridono appena appaio alla luce del sole. Che caldo! Da 12° a 35° in pochi metri! Sono completamente sudato, ma felice, ho toccato con mano un pezzo di storia della "mia Trieste". Ad attenderci ci sono anche Marco Restaino e Angela Spechar (entrambi speleologi della Sas)…., acqua fresca, anguria, la calura estiva mi fanno non persare alle 5 ore passate accanto ad una storia che non è ancora finita...
La Sas ha anche realizzato per il National Geographic Magazine un bel documentario, consultabile sul web ai seguenti indirizzi:
https://www.youtube.com/watch?v=ELrAe7QiMJA
https://www.youtube.com/watch?v=HH8ra9LGEQk
https://www.youtube.com/watch?v=7lQ_YelzDL0
(Credits: per le foto, Stefano Savini; per i filmati, Società Adriatica di Speleologia. Licenza Creative Commons: uso non commerciale, citare la fonte).
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