Andar per grotte in attesa della grande spedizione: avventura mozzafiato al Luftloch. Le foto
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- Categoria: Fotogallery
- Pubblicato Giovedì, 01 Agosto 2013 12:43
- Scritto da Stefano Savini
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Trieste - A -60 metri le scale finiscono e si scende solo con le corde, noi ci fermiamo sulla piattaforma e mentre Marco mi racconta la storia di questo pozzo, comincio a far le foto...
Ci troviamo tra l’Abisso di Trebiciano ed il paese di Fernetti, nella Dolina delle Cloce, conosciuta storicamente per i particolari fenomeni riscontrabili in essa durante i periodi delle piene del Timavo.
"L’idea di effettuare uno scavo proprio in questo punto è nata dall’entusiasmo di alcuni soci della Società Adriatica di Speleologia che hanno avuto la fortuna di trovarsi all’interno di questa dolina in concomitanza ad un violento fenomeno di piena" racconta Marco Restaino.
"In tale occasione, è stato possibile verificare come dal fondo parzialmente allagato, attraverso fessure e buchi nella terra simili a quelli normalmente scavati dalle talpe, scaturissero vari soffi d’aria".
"Sembrava quasi che il fondo della dolina ribollisse ed il rumore avvertito poteva essere paragonato al “rombo” di un elicottero in lontananza".
Marco Restaino ha lavorato per anni a questo scavo verso il Timavo, assieme a Piero Slama, tra mille disagi, difficoltà e imprevisti, come l'aria, già, l'aria, a cui loro sono abituati e che invece a me comincia a far scherzi.
Vi propongo le foto che sono riuscito a scattare prima di avere una crisi da mancanza di ossigeno: il racconto e la fotogallery testimoniano le enormi difficoltà che affrontano gli speleologi nelle loro esplorazioni.
Un aspetto di non poco conto da tenere ben presente quando giungeranno gli speleosub, che non solo dovranno scendere a -350 metri, ma a quel punto anche immergersi.
L'ossigeno si riduce al 17% in quei cunicoli. Durante la risalita comincia ad essere decisamente poco per la mia mente e a -24 metri succede l'impensabile: sono in debito d'ossigeno e comincio a perdere contatto con il mondo attorno a me,devo reagire prima che si mettano male le cose e l'unica cosa a cui riesco a pensare è di uscire, subito.
Ad ogni passo la crisi è più evidente e comincio ad ansimare come se avessi un attacco d'asma. "Giorgia!" - grido mentre salgo - "Giorgia! Sto avendo un attacco di panico!"
Mi tolgo il casco perché mi manca l'aria e mentre Giorgia me lo rimette comincio una guerra di nervi costringendo tutto il mio corpo a muoversi.
Giorgia prende la fotocamera e mentre le passo praticamente sopra la testa, mi proietto verso l'uscita. Ormai ansimo a bocca completamente aperta e guardo quel punto dove vedo gli alberi, ma il pozzo è lungo e la paura di non farcela è immensa e continuo a muovere gambe e braccia sempre più dure.
"Non è possibile - dico tra me e me - non è possibile che mi stia succedendo una cosa del genere, non riesco a crederci!".
Ma devo continuare a salire, ancora sferzo il corpo in una ricerca di inpulsi nervosi che mi portino all'uscita, ansimo sempre più forte e sempre più rapidamente, sento un peso enorme sul petto, la testa stenta a capire i dettagli ma so che devo solo andar su dritto, le mani sono durissime quando agguanto l'appiglio esterno, ma non riesco a tirarmi su e non c'è Giorgia ad aiutarmi. Comincio a piangere e con la forza della disperazione mi tiro a braccia unite. Sono fuori!
Piegato in due sulle gambe, che sono di legno, respiro quanta più aria riesco. Dopo poco il respiro rallenta e si fa più normale, il peso si scioglie e riprendo possesso delle braccia e delle gambe.
Dopo una bella bevuta, riesco a torgliermi il casco e mi butto addosso l'acqua fresca. Passano i minuti e non ho più il respiro affannoso, riesco ad alzarmi in piedi mentre mi scuso con Marco e Giorgia per l'errato comportamento.
Bevo ancora a fiotti e riassaporo il caldo vento che spira in dolina, è tutto finito, sono tornato alla normalità.
Scatto ancora delle foto ai due speleologi, foto ricordo da mostrare ad amici e curiosi.
Due cose ho capito ieri sera alle 23,30 circa: questi ragazzi hanno dei numeri in più degli altri e… le grotte non fanno parte del mio mondo. Se riuscirò tornerò nell'abisso di Trebiciano (lì è filato tutto liscio) assieme agli speleosub francesi per raccontarvi forse la più grande scoperta triestina dei giorni nostri.
Ma non tornerò nel Luftlock, una grotta veramente al di sopra delle capacità umane normali. Onore alla Società Adriatica e a tutti coloro che con grande fatica e coraggio portano avanti questo progetto, a cui sono particolarmente affezionato.
Tuttora però non riesco a comprendere appieno la passione che accomuna i miei amici speleologi, e mi sfugge la natura del desiderio di scendere nelle viscere della terra.
(Testo e foto di Stefano Savini. La seconda foto è della Società Adriatica di Speleologia. Credits: Savinimages; Marco Restaino e Giorgia De Colle, Società Adriatica di Speleologia. Licenza Creative Commons: uso non commerciale, citare la fonte).