Star bene
Il lento terremoto del degrado. Ricostruire: lo vogliamo davvero? 13 pensieri da -140 caratteri
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- Pubblicato Giovedì, 14 Agosto 2014 19:13
- Scritto da Tiziana Melloni
FVG - Crescita dello 0,5%, un assessore alla Cultura indagato, la montagna che frana, le coste inquinate e invase dal cemento.
Alla vigilia della festa più attesa dell'estate, Ferragosto, non sono belle notizie per andarci in vacanza insieme.
Con i tempi difficili, il 99% della popolazione – chi non può contare su lauti compensi – sta vivendo con più sobrietà.
Spesso si dà fondo ai risparmi messi da parte in tempi migliori. Le seconde case sono in svendita. Il cemento si vendica.
Il 50% delle nostre coste è stato invaso dalle costruzioni. Quasi un quarto delle acque di scarico non viene depurato.
Un'estate pazza fa mostrare la corda alle Prealpi. Un pomeriggio di pioggia e quattro strade si chiudono per frane.
È un terremoto anche questo. Lento e provocato da mano d'uomo. Per vivere bisogna ricostruire e prendersi a cuore i luoghi.
Chi trascorre le giornate a casa e dintorni in Friuli Venezia Giulia può rendersi conto che abbiamo ancora molte ricchezze.
È saggio cambiare stile di vita. Sarebbe saggio cambiare pure politica. Risorse ci sono: arte, paesaggi, foreste, spiagge. Vino. Scienza.
Iniziare a pensarle in modo diverso: come beni comuni da curare senza sprechi e amministrare con lungimiranza.
Turisti dall'estero son venuti anche quest'anno, hanno apprezzato le ottime cose del Friuli Venezia Giulia. E le esportazioni crescono.
Si può fare di più. Vigilare sui politici, controllare le politiche degli enti, valutare criticamente le iniziative culturali.
Questo è compito dei cittadini. Un pezzo per volta mettiamo a posto. Senza piangere troppo.
(Nella foto: l'Isonzo)
Le centinaia di profughi giunti in FVG solo la punta dell'iceberg di un dramma globale. Fotogallery
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- Pubblicato Domenica, 10 Agosto 2014 15:10
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
Pordenone - Continua senza sosta il flusso di persone in arrivo dal medio Oriente e dall’Africa in Italia: i barconi pieni fino all'orlo vengono tratti in salvo dalle navi militari italiane impegnate nell’operazione “Mare Nostrum”.
In Friuli Venezia Giulia la situazione profughi sta ponendo vari problemi. Molti di loro sono giunti nelle province di Pordenone, Udine, Gorizia e Trieste, ed al campo medico di Palmanova. In quest'ultimo presidio, predisposto dal comitato locale della Croce rossa, sono stati già accolti 176 migranti a fronte dei 120 previsti.
E in provincia di Udine, il Comune di Forni Avoltri, piccolo centro della Carnia di soli 600 abitanti, rischia il rosso in bilancio per l'accoglienza data a profughi immigrati minorenni dall'aprile di quest'anno.
Numeri che sono tuttavia solo la punta dell'iceberg: i conflitti, secondo i dati 2013 dell'agenzia dell'Onu per i rifugiati, mettono in movimento una massa di più di 50 milioni di persone, che aumenta al ritmo di 10 milioni l'anno.
Si tratta di abitanti di villaggi depredati dalle milizie, civili coinvolti loro malgrado nelle operazioni di guerra, guerriglia e terrorismo, perseguitati di minoranze nazionali, etniche o religiose, costretti a fuggire privati di ogni bene.
Un dramma che interpella i Paesi occidentali più sviluppati; l'86% dei profughi infatti trova rifugio nei Paesi in via di sviluppo, mentre solo una piccola parte delle popolazioni strappate alle loro terre giunge alle nostre porte.
Ancora più da vicino ci riguarda oggi la tragedia dei centomila componenti della minoranza cristiana, cacciati dalle città del Nord iracheno conquistate dagli islamici jihadisti.
Il card. Bagnasco, in un'intervista rilasciata nei giorni scorsi, ha sottolineato la "piena disponibilità ad accogliere quei perseguitati che eventualmente lasciassero il Paese. Le diocesi italiane sono da sempre notoriamente disponibili verso gli immigrati: lo sforzo diventerà ancora più urgente e doveroso verso i tantissimi fratelli brutalmente perseguitati a causa della loro fede".
Mentre si rinnovano gli appelli al mondo politico per intraprendere anche a livello europeo azioni diplomatiche che contribuiscano alla mediazione ed alla pace, riceviamo e pubblichiamo una fotogallery tratta da diversi canali informativi, che testimonia la situazione in Iraq.
Tra cinismo e altruismo: vivere a distanza senza guardare o aprire gli occhi per vedere gli altri?
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- Pubblicato Domenica, 27 Luglio 2014 15:01
- Scritto da Silvano Magnelli
Trieste - “Dio cosa siamo diventati”, scriveva il giornalista triestino Paolo Rumiz, attonito, come tutti noi, davanti alla morte del giovane afghano annegato lo scorso 8 luglio alle cinque del pomeriggio, tra l’indifferenza dei presenti, cogliendo l’alto tasso di cinismo a cui si può giungere, preferendo vivere a distanza, disconnessi dal reale, connessi col virtuale, con gli occhi rapiti dall’ultimo sms o dal tempo che farà domani, notizia decisiva per la vita di molti, invece di fissare lo sguardo su chi è in difficoltà o su chi ti passa accanto.
Un amico mi ha rivelato la storiella amena, forse inventata, di un utilizzatore ossessivo di Facebook, che ha provato a staccarsene per qualche ora, così ponendo la sua attenzione su persone in carne e ossa, scoprendo che erano i suoi famigliari: una barzelletta con tratti di verità.
Eppure ci sono altre verità a cui non pensiamo, perché non ce le dicono, e che appartengono alla pur reale bellezza del mondo, dove altruismo e dedizione non sono parole vuote e retoriche, ma fatte proprie fino addirittura al dare la vita per gli altri. Direbbe, ancora Rumiz, parole che vengono dal “bene ostinato”.
Sempre in questi giorni infatti è rimbalzata in città sul quotidiano la notizia commovente di una donna eroica, Natalia Maovaz, di origine triestina, morta lo scorso 15 luglio nel cercare di salvare una bambina in mare: non ci ha pensato su a buttarsi, pur avendo anche lei due figlie piccole.
Si dice di solito, di queste persone protagoniste di simili gesti, che son morte così come hanno vissuto. Sta di fatto che c’è chi gli occhi li usa per guardare e capire le spesso invisibili trame della vita, altri li usano solo per consumare la vita nei passatempi peraltro alla fine anche noiosi e ripetitivi.
E c’è chi si sofferma ad ascoltare, sottraendo l’udito al rumore stordente per cogliere alcune parole dense di possibili svolte interiori, come i due coniugi facoltosi, lui americano, lei italiana, che si sono lasciati toccare dalle parole di Papa Francesco a Lampedusa ed hanno deciso di investire denaro in un’impresa originale, una nave equipaggiata di tutto punto, con medici e personale a bordo, per dare una mano a salvare qualche vita umana in più nel Mediterraneo. Potendoselo permettere, hanno fatto davvero una scelta giusta.
Allora forse molto dipende dal riattivare i sensi atrofizzati, la vista usata per capire, guardare per capire, l’udito per ascoltare, riducendo le parole a vanvera che diciamo parlando spesso solo di noi stessi come se altro non ci fosse al mondo e magari scoprendo un’altra dimensione dei sensi, quella invisibile e pur presente in tutti, magari a nostra insaputa, quella che ti fa vedere con altri occhi, come ci insegnano i nostri fratelli africani con un loro straordinario proverbio: “È cieco chi guarda solo con gli occhi”.
Silvano Magnelli
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