Tra cinismo e altruismo: vivere a distanza senza guardare o aprire gli occhi per vedere gli altri?
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- Pubblicato Domenica, 27 Luglio 2014 15:01
- Scritto da Silvano Magnelli
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Trieste - “Dio cosa siamo diventati”, scriveva il giornalista triestino Paolo Rumiz, attonito, come tutti noi, davanti alla morte del giovane afghano annegato lo scorso 8 luglio alle cinque del pomeriggio, tra l’indifferenza dei presenti, cogliendo l’alto tasso di cinismo a cui si può giungere, preferendo vivere a distanza, disconnessi dal reale, connessi col virtuale, con gli occhi rapiti dall’ultimo sms o dal tempo che farà domani, notizia decisiva per la vita di molti, invece di fissare lo sguardo su chi è in difficoltà o su chi ti passa accanto.
Un amico mi ha rivelato la storiella amena, forse inventata, di un utilizzatore ossessivo di Facebook, che ha provato a staccarsene per qualche ora, così ponendo la sua attenzione su persone in carne e ossa, scoprendo che erano i suoi famigliari: una barzelletta con tratti di verità.
Eppure ci sono altre verità a cui non pensiamo, perché non ce le dicono, e che appartengono alla pur reale bellezza del mondo, dove altruismo e dedizione non sono parole vuote e retoriche, ma fatte proprie fino addirittura al dare la vita per gli altri. Direbbe, ancora Rumiz, parole che vengono dal “bene ostinato”.
Sempre in questi giorni infatti è rimbalzata in città sul quotidiano la notizia commovente di una donna eroica, Natalia Maovaz, di origine triestina, morta lo scorso 15 luglio nel cercare di salvare una bambina in mare: non ci ha pensato su a buttarsi, pur avendo anche lei due figlie piccole.
Si dice di solito, di queste persone protagoniste di simili gesti, che son morte così come hanno vissuto. Sta di fatto che c’è chi gli occhi li usa per guardare e capire le spesso invisibili trame della vita, altri li usano solo per consumare la vita nei passatempi peraltro alla fine anche noiosi e ripetitivi.
E c’è chi si sofferma ad ascoltare, sottraendo l’udito al rumore stordente per cogliere alcune parole dense di possibili svolte interiori, come i due coniugi facoltosi, lui americano, lei italiana, che si sono lasciati toccare dalle parole di Papa Francesco a Lampedusa ed hanno deciso di investire denaro in un’impresa originale, una nave equipaggiata di tutto punto, con medici e personale a bordo, per dare una mano a salvare qualche vita umana in più nel Mediterraneo. Potendoselo permettere, hanno fatto davvero una scelta giusta.
Allora forse molto dipende dal riattivare i sensi atrofizzati, la vista usata per capire, guardare per capire, l’udito per ascoltare, riducendo le parole a vanvera che diciamo parlando spesso solo di noi stessi come se altro non ci fosse al mondo e magari scoprendo un’altra dimensione dei sensi, quella invisibile e pur presente in tutti, magari a nostra insaputa, quella che ti fa vedere con altri occhi, come ci insegnano i nostri fratelli africani con un loro straordinario proverbio: “È cieco chi guarda solo con gli occhi”.
Silvano Magnelli