Cultura
Il Giappone a Pordenone con una mostra e la presentazione del libro di Italo Bertolasi
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- Pubblicato Giovedì, 20 Settembre 2012 12:29
- Scritto da Daniela Silvestri
Pordenone - Dal 7 al 30 settembre Pordenone ospita la mostra fotografica sui patrimoni dell’Unesco in Giappone e altri eventi correlati riguardanti la terra del Sol Levante. Tra questi la presentazione del libro “Nell’anima del mondo” di Italo Bertolasi tenutasi martedì 18 nell’area verde situata tra la libreria Quo Vadis, che ha organizzato l’evento, e il palazzo di “Parco 2” che ospita la mostra.
L’autore altoatesino, introdotto da Gabriella Cecotti, ci accompagna alla scoperta di un Giappone segreto, completamente antitetico a quello ipertecnologico che tutti conosciamo. Questo enorme paese, formato da tremila isole, ospita 127 milioni di persone concentrate in zone circoscritte essendo il 70% del territorio costituito da montagne.
Bertolasi, che da 30 anni visita quei luoghi, ci porta a conoscere il lato spirituale, ascetico, caratteristico del shintoismo, una religione animica, sciamanica, che porta al raggiungimento di una connessione con il Sé più profondo. Il vero viaggio, spiega Italo, non è fare il turista arrivando in aereo, ma camminare umilmente sulla terra, sentendone la sacralità e diventandone parte. Il vero viaggio è ricerca interiore, introspezione per conoscere sé stessi, è un sogno di libertà.
L’estremo nord e l’estremo sud della nazione, sono abitati da minoranze, quelle del nord, gli Ainu, con tratti somatici prettamente siberiani, quelle del sud tipicamente australoidi che non hanno nulla in comune con i loro connazionali delle metropoli. In queste zone non ci sono templi per pregare, l’unico grande tempio sacro è la montagna, e la preghiera è un percorso meditativo che rispecchia le principali fasi della vita.
Ci si ritira nel grembo materno della montagna, in una caverna-utero a rivivere la nascita, ci si fonde con un albero, gli si parla, lo si abbraccia, lo si massaggia per sperimentare l’amore, mentre a richiamare la morte, c’è l’abbandono della vita comunitaria per un periodo di isolamento nei boschi.
Si chiama “tirocinio di coscienza”, e prevede alcune prove che rafforzano corpo e mente e mettono il praticante in contatto con la propria essenza. Tali prove sono correlate ai 4 elementi: il bagno di cascata, sotto un getto di acqua gelida, di notte nei mesi invernali, permette di percepire l’anima dell’acqua che diventa maestra del sacro mistero della vita; la camminata sulle braci ardenti, e il salto nel vuoto, dove, appesi in un baratro a testa in giù, si sperimenta il sacro terrore. Ultima è la sepoltura, durante la quale si rimane sotterrati vivi per un determinato periodo per sperimentare la morte.
A completamento dell’esposizione, un filmato, realizzato dell’autore nel 2007, ci mostra alcune immagini di questi rituali, la salita alla montagna una volta l’anno, un pellegrinaggio di guarigione guidato dallo sciamano, a cui partecipano tutti gli abitanti del villaggio.
Vediamo inoltre alcune figure particolari di questa spiritualità primordiale, come i monaci della zona dell’ Honshu, che quando sentono che il loro tempo sulla terra sta per finire, praticano un digiuno rituale che può portare all’automummificazione, in seguito alla quale vengono dichiarati santi, i loro corpi ricoperti d’oro e trasformati in statue da venerare. Ci sono poi le Itako, donne cieche che si radunano sulle sponde di un lago sacro vulcanico del sud del Giappone, che mettono in contatto le persone con i defunti.
Molto interessante questo spaccato culturale e spirituale di un paese che tutti immaginiamo solo come fulcro di modernità e tecnologia, mentre in realtà nasconde tanti segreti, questo è il Giappone che Italo Bertolasi ci invita a scoprire in un prossimo eventuale viaggio.
Prossimamente a Trieste, Saverio Fattori con il suo ultimo libro"12:47 Strage in fabbrica"
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- Pubblicato Domenica, 16 Settembre 2012 11:32
- Scritto da Roberto Calogiuri
Nel mese di Novembre sarà presente a Trieste Saverio Fattori, autore di "12:47 Strage in fabbrica", per presentare il suo ultimo libro.
Saverio Fattori, oltre a "12:47 Strage in fabbrica", ha pubblicato "Alienazioni padane", "Chi ha ucciso i Talk Talk?" e "Acido lattico", tutti per Gaffi editore. È bolognese, di Molinella. Lavora in una fabbrica. Di sé dice di aver capito tutto del post-fordismo, di correre da sempre e di non andare né forte né piano. Ha scritto svariato racconti e collabora alla rivista Correre.
Alle stragi non si è mai preparati. Di una strage conosciamo sempre il “dopo”, l’ora, il luogo, il numero di morti, nome cognome e faccia del carnefice, l’arma che ha usato. Ma è il “prima” che ci preoccupa, e quindi chiediamo alla scienza di spiegare le motivazioni mentali o ambientali che hanno prodotto il massacro; alla politica e alla religione di fornire il movente. Perché quando si tratta di indagare le ragioni profonde che hanno generato un atto così devastante, allora le certezze vacillano e sentiamo che nessuna teoria può placare le nostre inquietudini. Il mistero rimane. Perché bisognerebbe abitare nella mente dell’assassino per vedere come sia germinata l’idea omicida, si sia annidata nelle pieghe di una ragione distorta, alimentata dal delirio di una realtà alterata, lentamente sia maturata, improvvisamente esplosa. E allora, quello che non può fare la scienza, lo può fare la letteratura. E Saverio Fattori l’ha fatto con “12:47 Strage in fabbrica” (Gaffi, pagg. 199, € 18,00) il quarto romanzo di una tetralogia – iniziata con “Alienazioni padane” del 2004 - articolata sul disagio esistenziale moderno.
A dire la verità, Fattori fa qualcosa di più: ricostituisce una dinamica omicida e l’ambiente che la produce, è come se filmasse attimo per attimo la furia aggressiva del suo anti-eroe in uno scenario industriale: un operaio incatenato alla catena di montaggio. Anzi: un operaio che ha introiettato la catena di montaggio. E lo stile è perfettamente complementare, così rapido, tecnico, asciutto ma anche, quando serve, vivace e brusco nelle immagini con cui descrive una vita emotiva ridotta a riflessi primitivi ed essenziali.
Neanche l’avesse fatto apposta, il romanzo esce proprio all’incrocio fatale delle cronache economiche e sociali che disegnano un mondo sempre più difficile: sempre più tormentato da stabilimenti che chiudono, lavoratori in sofferenza, cittadini stiracchiati tra pil che scende e spread che sale, bombe carta e bombe autentiche. E stragi.
La risposta è semplice e brutale: “Sparerò nel mucchio perché una sola cosa ho capito in ventitré anni di fabbrica” è la dichiarazione - sin dall’inizio della sua parabola – di Ale, l’operaio emiliano alienato dal lavoro in un’azienda che diventa il luogo di un castigo ingiusto. È logorato da una retrocessione inspiegabile che si traduce in degrado morale ed esistenziale e che genera una personalità aspra, spigolosa, (forse antipatica) eppure di un realismo scomodo e scandaloso. Scomodo per Fattori stesso e per quella fabbrica dove egli tutt’oggi lavora, e scandaloso per chi ancora non conosca una realtà simile e non immagini il potenziale sociale esplosivo.
Cosa abbia capito Ale, e cosa lo porti a sfogare la sua rabbia distruttiva sparando sui colleghi nella mensa, è qualcosa che si può capire solo leggendo, vagando nel labirinto della routine aziendale in cui Fattori è più che coinvolgente: sin dall’inizio agguanta il lettore, lo prende per la collottola, lo trascina in un groviglio di follia e disperazione, e poi gli urla in faccia “Eccola, la vita in fabbrica!”, fatta di organigrammi e meccanismi di produzione, dinamiche gerarchiche e miserie piccolo borghesi, turni e ritmi di lavoro in cui l’eroina e un lettore mp3 sono solo un blando lenimento. Nulla servirà a distogliere Ale dal proprio destino, avvelenato da una realtà circostante che diviene sempre più densa, persecutoria, minacciosa e assume il ruolo di coprotagonista più che di sfondo. Perché anche la fabbrica, la “Cattedrale” come la chiama l’autore, diviene il mostro che divora il disgraziato operaio che non sa adattarsi e lo risputa consegnandolo alla giustizia. Immobile e salda, senza subirne il minimo danno apparente. Il ché dovrebbe fare riflettere su una cosa molto semplice: se la fabbrica di Fattori è una metafora del mondo postindustriale, facciamo bene a ignorare anche le più piccole distorsioni di una realtà che richiede attenzione? Imbracciare un’arma e cominciare sparare sembra così facile…
Titolo: 12:47 Strage in fabbrica. Autore: Saverio Fattori. Editore: Gaffi.
[Roberto Calogiuri]
Le antologie degli scrittori del Nordest in un grande progetto delle Edizioni Biblioteca dell'Immagine
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- Pubblicato Giovedì, 13 Settembre 2012 16:21
- Scritto da Tiziana Melloni
Pordenone - 2126 pagine raccolte in 11 volumi che raccontano, tramite le pagine più belle, la storia della nostra gente. Ogni curatore ha scelto i poeti e gli scrittori che hanno rappresentato Friuli Venezia Giulia e Veneto dal 1861 ai giorni nostri. Un progetto curato dalle Edizioni Biblioteca dell'Immagine di Pordenone in occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia.
Il Friuli Venezia Giulia è stato diretto da Gian Mario Villalta. Il Veneto da Sergio Frigo e Francesco Jori.
La prima presentazione ufficiale è prevista in occasione della popolare rassegna Pordenonelegge, il 22 settembre 2012. A seguire, ogni volume sarà presentato nei capoluoghi.
I volumi saranno accompagnati da un notevole sforzo promozionale nei giornali e nelle televisioni locali in Veneto e Friuli Venezia Giulia e saranno distribuiti, in contemporanea, nei 550 punti vendita del Veneto e del Friuli Venezia Giulia, tra librerie, edicole e centri commerciali.
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