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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Prossimamente a Trieste, Saverio Fattori con il suo ultimo libro"12:47 Strage in fabbrica"

Prossimamente a Trieste, Saverio Fattori con il suo ultimo libro

Nel mese di Novembre sarà presente  a Trieste Saverio Fattori, autore di "12:47 Strage in fabbrica", per presentare il suo ultimo libro.

Saverio Fattori, oltre a "12:47 Strage in fabbrica", ha pubblicato "Alienazioni padane", "Chi ha ucciso i Talk Talk?" e "Acido lattico", tutti per Gaffi editore. È bolognese, di Molinella. Lavora in una fabbrica. Di sé dice di aver capito tutto del post-fordismo, di correre da sempre e di non andare né forte né piano. Ha scritto svariato racconti  e collabora alla rivista Correre.

Alle stragi non si è mai preparati. Di una strage conosciamo sempre il “dopo”, l’ora, il luogo, il numero di morti, nome cognome e faccia del carnefice, l’arma che ha usato. Ma è il “prima” che ci preoccupa, e quindi chiediamo alla scienza di spiegare le motivazioni mentali o ambientali che hanno prodotto il massacro; alla politica e alla religione di fornire il movente. Perché quando si tratta di indagare le ragioni profonde che hanno generato un atto così devastante, allora le certezze vacillano e sentiamo che nessuna teoria può placare le nostre inquietudini. Il mistero rimane. Perché bisognerebbe abitare nella mente dell’assassino per vedere come sia germinata l’idea omicida, si sia annidata nelle pieghe di una ragione distorta, alimentata dal delirio di una realtà alterata, lentamente sia maturata, improvvisamente esplosa. E allora, quello che non può fare la scienza, lo può fare la letteratura. E Saverio Fattori l’ha fatto con “12:47 Strage in fabbrica” (Gaffi, pagg. 199, € 18,00) il quarto romanzo di una tetralogia – iniziata con “Alienazioni padane” del 2004 - articolata sul disagio esistenziale moderno.

A dire la verità, Fattori fa qualcosa di più: ricostituisce una dinamica omicida e l’ambiente che la produce, è come se filmasse attimo per attimo la furia aggressiva del suo anti-eroe in uno scenario industriale: un operaio incatenato alla catena di montaggio. Anzi: un operaio che ha introiettato la catena di montaggio. E lo stile è perfettamente complementare, così rapido, tecnico, asciutto ma anche, quando serve, vivace e brusco nelle immagini con cui descrive una vita emotiva ridotta a riflessi primitivi ed essenziali.

Neanche l’avesse fatto apposta, il romanzo esce proprio all’incrocio fatale delle cronache economiche e sociali che disegnano un mondo sempre più difficile: sempre più tormentato da stabilimenti che chiudono, lavoratori in sofferenza, cittadini stiracchiati tra pil che scende e spread che sale, bombe carta e bombe autentiche. E stragi.

La risposta è semplice e brutale: “Sparerò nel  mucchio perché una sola cosa ho capito in ventitré anni di fabbrica” è la dichiarazione - sin dall’inizio della sua parabola – di Ale, l’operaio emiliano alienato dal lavoro in un’azienda che diventa il luogo di un castigo ingiusto. È logorato da una retrocessione inspiegabile che si traduce in degrado morale ed esistenziale e che genera una personalità aspra, spigolosa, (forse antipatica) eppure di un realismo scomodo e scandaloso. Scomodo per Fattori stesso e per quella fabbrica dove egli tutt’oggi lavora, e scandaloso per chi ancora non conosca una realtà simile e non immagini il potenziale sociale esplosivo.

Cosa abbia capito Ale, e cosa lo porti a sfogare la sua rabbia distruttiva sparando sui colleghi nella mensa, è qualcosa che si può capire solo leggendo, vagando nel labirinto della routine aziendale in cui Fattori è più che coinvolgente: sin dall’inizio agguanta il lettore, lo prende per la collottola, lo trascina in un groviglio di follia e disperazione, e poi gli urla in faccia “Eccola, la vita in fabbrica!”, fatta di organigrammi e meccanismi di produzione, dinamiche gerarchiche e miserie piccolo borghesi, turni e ritmi di lavoro in cui l’eroina e un lettore mp3 sono solo un blando lenimento. Nulla servirà a distogliere Ale dal proprio destino, avvelenato da una realtà circostante che diviene sempre più densa, persecutoria, minacciosa e assume il ruolo di coprotagonista più che di sfondo. Perché anche la fabbrica, la “Cattedrale” come la chiama l’autore, diviene il mostro che divora il disgraziato operaio che non sa adattarsi e lo risputa consegnandolo alla giustizia. Immobile e salda, senza subirne il minimo danno apparente. Il ché dovrebbe fare riflettere su una cosa molto semplice: se la fabbrica di Fattori è una metafora del mondo postindustriale, facciamo bene a ignorare anche le più piccole distorsioni di una realtà che richiede attenzione? Imbracciare un’arma e cominciare sparare sembra così facile…

Titolo: 12:47 Strage in fabbrica. Autore: Saverio Fattori. Editore: Gaffi.

[Roberto Calogiuri]

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Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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