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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Cultura

Un caffè a nord est per insegnare che la storia è anche convivenza

Un caffè a nord est per insegnare che la storia è anche convivenza

Il libro “Il Caffè Ferrari ai volti di Chiozza”, sarà presentato al Caffè San Marco venerdì 7 dicembre, alle ore 18. A ricordare il suo autore, Renato Ferrari, nel decennale della sua scomparsa, ci saranno Maria Cristina Benussi, preside della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università degli studi di Trieste, Daniele Ferrari, figlio di Renato e co-autore del romanzo, nel senso che a ha scritto l’ultimo capitolo fin’ora inedito, e il regista Fabio Malusà, amico di Renato.

Renato Ferrari, goriziano di nascita e milanese per adozione, come lo descrive nel libro il figlio Daniele, “era certamente un uomo intelligente, colto, affascinante, ma anche un tipetto da prendere ‘con le pinze’, perché era molto permaloso (…) era un provocatore nato. Gli piaceva stuzzicare le persone con le quali parlava, non per cattiveria, ma per il semplice gusto della polemica.”.

Con queste caratteristiche Ferrari attraversa i novantaquattro anni della sua vita con coerenza di antifascista, libertario e democratico, ma anche con quella giusta dose di spirito di osservazione e determinazione un po’ spavalda che gli permette di intervistare gli antenati della propria famiglia. Proprio così: invece del solito memoriale, Ferrari inventa una catena di interviste impossibili con le quali percorre due secoli e mezzo di storia della propria famiglia. Dai pescatori delle valli di Comacchio schiacciati dall’assolutismo papale nel 1740, qualcuno si stacca per abbandonare una vita di stenti e seguire il richiamo irresistibile di una Trieste ricca e vivace. E qui comincia l’avventura.

E questa storia la ascoltiamo direttamente da Domenico e da tutti i suoi discendenti, fino a Daniele. Una storia apparentemente patriarcale, ma in realtà tessuta anche sulle vite delle donne di famiglia, francesi, slovene o ebree, che riassumono tutte le nazionalità che gravitavano in una città cosmopolita. E vicende di viaggi, di monacazioni forzate e di amori e di morti.

Racchiuse in uno stile sorvegliato e uniforme, raccontate con una lingua immediata e colloquiale, poco poetica e molto concreta, ci sono le storie di personaggi dall’esordio romantico e che si coniuga con un realismo quotidiano in cui si riconosce una vita vissuta e commentata in modo autentico, profondo e intenso.

Impossibile non avvertire un sapore lontano di “Promessi sposi”, “Malavoglia” e “Confessioni di un italiano” che risuonano nello sviluppo del romanzo di una famiglia il cui destino si lega per caso a Trieste e si intreccia con la famiglia Fabiani che Ferrari ha già raccontato ne “Il gelso dei Fabiani. Un secolo di pace sul Carso” (1975), libro in cui si vagheggia un amore perfetto tra uomini e popoli, prima che fosse avvelenato dai nazionalismi.

Invece nel “Caffè”, tra le molte suggestioni storiche e curiosità toponomastiche locali e istro carsoline, non si può evitare si soffermarsi su alcuni nodi ancora serrati, come l’insofferenza verso l’elemento sloveno, quello friulano o meridionale, alle cui origini c’è, secondo Ferrari, “il fatto che Trieste vista da fuori è una città con un forte bisogno di avversione per qualche cosa o qualcuno, non importa che cosa né di chi si tratti”.

O ancora l’analisi dell’“Homo tergestinus” che diventa categoria storico antropologica in cui confluiscono due rami: uno “paleostorico” risalente alle scorrerie dei barbari che immisero il loro sangue tra i nativi con la violenza degli invasori. L’altro, moderno, di immigrati volontari che fondarono le dinastie con la politica dei matrimoni. Caratteri ereditari eterogenei che - scrive Ferrari - mischiandosi nei neonati, produssero l’attuale razza triestina, a partire dalla mescolanza di gepidi, carni, ostrogoti, longobardi e turchi che lambirono il Carso.

Insomma: sembra che il triestino debba fare i conti con un che di barbarico che sembra distante dalla famiglia Ferrari, almeno a giudicare dall’apparato fotografico di cui il libro è dotato. Una famiglia che rimane un documento vivente di come le nazionalità possano mescolarsi e convivere in un lembo di confine, senza strappi e senza traumi.

“Il Caffè Ferrari ai volti Chiozza” Edizione MGS press, pp. 302, € 19,50

Roberto Calogiuri

I Ferrari: dalle Valli di Comacchio al Gelso dei Fabiani, saga di due famiglie.

 

Trieste – Venerdì  7 dicembre, con inizio alle ore 18, al Caffè San Marco - Via Cesare Battisti 18 - avrà luogo la presentazione del libro “Il Caffè Ferrari ai volti di Chiozza” di Renato Ferrari. A presentare il volume sarà Maria Cristina Benussi, preside della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università degli studi di Trieste.

Nel libro l’autore “interroga” gli antenati Domenico, Vincenzo, Stefano, Edoardo e Romeo sulla loro vita, dalle origini nelle Valli di Comacchio al gelso dei Fabiani di Kobdilj. Interverranno Daniele Ferrari, figlio di Renato, autore dell’ultimo inedito capitolo, e Fabio Malusà, regista di Rai 3 e amico di Renato.

Domenico, Vincenzo, Stefano, Edoardo, Romeo e Renato: una saga familiare che in due secoli ha conosciuto il tallone di ferro dello Stato Pontificio, l’autorità degli Asburgo e la dittatura fascista. “Non si spaventi il lettore – scrive Renato nella ‘Premessa’ – questo non è un manuale di storia e i pochi riferimenti storici hanno l’unico scopo d’inquadrare l’epoca in cui i rispettivi personaggi vissero, procrearono e infine morirono”.

L’arrivo a Trieste segna una svolta nella vita dei Ferrari: il primo sposa una francese, il secondo una mistisangue (madre tirolese, nonna slovena e padre laziale) e il terzo la bellissima figlia di un ebreo veneziano. Il loro destino si incrocia con quello della famiglia Fabiani, di Kobdilj, che Renato ha raccontato ne “Il gelso dei Fabiani”. Un secolo di pace sul Carso, un romanzo che narra le vicende di Charlotte – l’antenata – e Anton Fabiani quando, all’ombra dell’impero asburgico, sul Carso regnava la pace e fra le persone di stirpe, nazionalità, lingue e ceti diversi s’era creata un’armonica coesistenza.

L’ultimo capitolo del libro si intitola “Renato e Dani”: l’ha scritto il figlio di Renato, Daniele Carlo Ferrari, che ha inserito anche il diario di un viaggio fatto a Kobdilj nel 1986 assieme al padre.

Nella foto: Renato Ferrari assieme al figlio Daniele sotto il Gelso a Kobdilj.

 


A testa alta, una storia di resistenza alla camorra alla libreria Minerva

A testa alta, una storia di resistenza alla Camorra alla Minerva

Trieste - Sabato 1 dicembre alle 17.30, nella sala di lettura della Libreria Minerva di via san Nicolò, verrà presentato il libro "A testa alta. Federico Del Prete: una storia di resistenza alla camorra" di Paolo Miggiano. L'autore ne parlerà con Marina Osenda, referente regionale di Libera-nomi e numeri contro le mafie Friuli Venezia Giulia, e Paolo Siani, presidente della Fondazione Pol.i.s.

Il libro racconta la storia di Federico Del Prete, commerciante ambulante ucciso dalla camorra a Casal di Principe nel 2002. Per difendere la categoria dei venditori dei mercati, vessati e taglieggiati dalla camorra, Del Prete aveva fondato il Sindacato Nazionale Autonomo Ambulanti. Nonostante minacce e intimidazioni aveva denunciato estorsori e criminali e alla vigilia di un processo contro il feroce clan La Torre, il giorno prima della sua deposizione, venne ammazzato. Del Prete fu un cittadino esemplare e coraggioso al quale lo Stato non seppe garantire protezione adeguata se non concedergli dopo morto la medaglia d’oro al valore civile. Con una prefazione del magistrato Raffaele Cantone e una testimonianza di Gennaro Del Prete, figlio di Federico.

Prefazione del magistrato Raffaele Cantone e una testimonianza di Gennaro Del Prete, figlio di Federico. Di Girolamo Editore

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