La Buona Scuola/4 – Fine del precariato e inizio dell’Odissea
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- Pubblicato Sabato, 18 Ottobre 2014 16:04
- Scritto da Roberto Calogiuri
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TRIESTE – Non si può ignorare, nel felice panorama che La Buona Scuola tenta di trasmettere alla popolazione elettorale, la risoluzione del problema del precariato scolastico proposta come coronamento della riforma.
L’assunzione di 150.000 (migliaio più migliaio meno) precari, promessa dal governo Renzi, non è il frutto di una volontà filantropica. Sicuramente deriva dall’obbligo - imposto all’Italia dalla Corte di Giustizia Europea - di sanare l’infrazione a una direttiva comunitaria: vale a dire di assumere stabilmente chi lavora a tempo determinato da più di tre anni, pena una multa salatissima.
E poi, affermare che il precariato sarà risolto per sempre da questa riforma – dicono i sindacati unanimi – non riponde a verità. Rimane difficile stabilire chi e quanti rimarrano fuori e chi sarà dentro.
Innanzitutto si dovrà tenere conto della disponibilità della copertura finanziaria. A questo sarà d’aiuto il fatto che – cosa che il governo si guarda dal sottolineare – si tratta di lavoratori che in gran parte sono già pagati ogni anno per le supplenze lunghe o brevi.
In questo caso, quanto lo Stato risparmia con i precari ammonta ai compensi non corrisposti durante la sospensione delle lezioni, vale a dire i periodi di vacanza durante i quali un precario è licenziato per essere poi riassunto alla ripresa delle lezioni.
La soluzione del governo Renzi prevede quindi la “stabilizzazione” di personale già impegnato nella scuola, ma con alcune clausole. Per esempio, chi sarà assunto dovrà dichiarare la propria disponibilità a spostare la propria sede anche al di fuori della propria regione.
E non basta: il neo assunto dovrà essere disponibile anche a svolgere supplenze, a insegnare materie di classi di concorso affini, svolgere progetti speciali e compiti che saranno giudicati utili all’autonomia e al miglioramento dell’offerta formativa. Vuol dire che se non sarà disposto a trasferirsi e a svolgere mansioni diverse e decise dai dirigenti, non sarà assunto e verrà depennato definitivamente. Non ci sarà una secondo appello.
Ancora una volta le parole del progetto giocano con la semantica ed esprimono concetti crudi con termini dolci: via per sempre il brutto “vincolo di destinazione” (quello che permette a un docente di risiedere con il coniuge e i figli piccoli o di badare ai genitori anziani) in cambio dell’ingresso in un più moderno e dinamico “organico funzionale a una scuola o rete di scuole” che permette al datore di lavoro il ricatto liberista del “prendi la delocalizzazione o lascia il lavoro”.
Questo, prosegue il documento, dovrebbe insegnare ai ragazzi il confronto con il mondo e con il XXI secolo. Ma per ora insegna soltanto alcuni tristi aspetti della realtà lavorativa e, semmai, condiziona i giovani alla sottomissione alle dure leggi di mercato se vorranno entrare nel mondo del lavoro.
Per rendere più efficace la lezione sul mondo del lavoro del futuro, per esempio, oltre all’assunzione condizionata, le linee guida presentate dal governo Renzi escludono dall’accordo dalla stabilizzazione circa 100.000 docenti, ossia gli appartenenti alla II fascia delle GAE (graduatorie a esaurimento), benchè abbiano una continuità lavorativa pluriennale.
I neo abilitati con i PAS (percorsi abilitanti speciali) e TFA (tirocinio formativo attivo) avranno speso inutilmente tempo, energie e denaro finito nelle casse delle università che hanno organizzato i corsi e hanno alimentato un giro di affari molto criticato per la qualità dell’offerta.
E poi ci sono gli iscritti alla III fascia, ossia i non abilitati, ai quali rimarrà soltanto la consolazione di attendere l’ingresso nel mondo della scuola, perché le supplenze saranno coperte da quei colleghi assunti a patto di essere disposti alla mobilità. A meno che il MIUR non decida – come sembra che farà – di indire concorsi per l’insegnamento relativi al numero di cattedre strettamente indispensabile. Ma non nell’immediato futuro.
In sostanza, il proverbiale flusso migratorio degli insegnanti sarà ancora più accentuato. Sempre che, come sostiene il documento con inguaribile ottimismo, i precari chiamati all’appello non abbiano già trovato un altro lavoro.
4 – Fine
[Roberto Calogiuri]
Link alle puntate precedenti:
Uccellis, al via il convegno sulla Grande Guerra per le scuole
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- Pubblicato Mercoledì, 15 Ottobre 2014 15:11
- Scritto da Timothy Dissegna
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Udine - Cent'anni fa, in questi territori, scoppiava quell'inferno di fuoco e lingue diverse che fu chiamato Grande Guerra. Oggi, generazioni su generazioni dopo quell'orribile massacro europeo, c'è la volontà di capire, conoscere e imparare a vivere in pace in questo mondo.
Per questo motivo l'Educandato Statale Collegio Uccellis ha organizzato, per venerdì 17 ottobre, un convegno sulla Prima Guerra mondiale dedicato ai propri studenti e a quelli di scuole austriache e slovene. "Insegnare la Grande Guerra" é il titolo della giornata, dalle 9 alle 17.30 con interventi di docenti da tutta Europa.
Realizzato dall'Educandato con il sostegno del Miur e della Regione Friuli Venezia Giulia, il convegno rientra nell'ambito del progetto "La Grande Guerra: racconti da fronti diversi" e si terrà presso il Centro Culturale delle Grazie, in via Pracchiuso 21. Sponsorizzano l'evento Friuladria Crédit Agricole e la Provincia di Udine.
Il tutto inizierà dalle 8 con la registrazione dei partecipanti. Per informazioni contattare lo 0432 501833 o scrivere alla mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
La Buona Scuola/3 – 33% La migrazione dei docenti reietti
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- Pubblicato Domenica, 12 Ottobre 2014 18:49
- Scritto da Roberto Calogiuri
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TRIESTE - Il progetto “La Buona Scuola” presenta una grande quantità di incongruenze e approssimazioni dovute, probabilmente, alla fretta con cui il governo tenta di risolvere una questione ampia e complicata.
Approssimazioni e incongruenze che sono evidenti a un esame attento. Ma analizzarle tutte sarebbe impresa lunga. Quindi si è resa necessaria una selezione degli argomenti, benchè nel documento siano toccati numerosi temi con inevitabili e varie implicazioni.
Nei servizi precedenti, abbiamo considerato il meccanismo retributivo dei docenti (qui il link) e il sistema di acquisizione dei crediti (qui il link). Entrambi i dispositivi dovrebbero riguardare il 66% di insegnanti che entrerebbero nella rosa dei virtuosi, vale a dire di coloro che acquisirebbero i 60€ di aumento al mese dopo 3 anni di impegno didattico, formativo e professionale.
Ma abbiamo soltanto accennato a quel 33% che rimarrebbe fuori dal conteggio. Di quel 33% che non riuscirebbe a convincere il Nucleo di Valutazione interno di aver conseguito un livello di preparazione sufficiente a valicare la soglia della virtù scolastica.
Il documento, con sottigliezza retorica, li chiama docenti “mediamente bravi”. Costoro, giudicati non idonei allo scatto di competenza, figurerebbero, con le rispettive insufficienze, nel Registro Nazionale dei docenti della scuola, senza che sia precisato con che livello di trasparenza.
Nel triennio successivo, questi docenti “insufficienti” rientrerebbero nella lizza tentando di guadagnare i 60€ a scapito di qualcuno che non avrebbe maturato i requisiti e che, a propria volta, finirebbe nel gruppo del 33%.
La regola è molto chiara: chi vince lo fa a spese del perdente. Ed è immaginabile che il meccanismo – secondo una logica liberista e concorrenziale – impedisca di creare rapporti distesi e collaborativi all’interno di qualsiasi scuola che, in genere, funziona grazie all’armonizzazione delle componenti.
Come naturale conseguenza, i docenti che non rientrino nel gruppo virtuoso – dice il documento – “per avere più possibilità di maturare lo scatto, potrebbero volersi spostare in scuole dove la media dei crediti maturati dai docenti è relativamente bassa e quindi verso scuole dove la qualità dell’insegnamento è mediamente meno buona, aiutandole così ad invertire la tendenza”.
Sarebbe a dire che chi non raggiunge lo scatto, potrebbe trasferirsi in una scuola in cui la media è più bassa e nella quale c’è quindi maggiore probabilità di finire nel 66% di “premiati” a svantaggio dei docenti di ruolo presenti nella medesima scuola.
Il governo definisce questa migrazione in cerca di gratifica economica col nome addolcito di “mobilità geografica” e la gara tra docenti di pari dignità diventa un incoraggiamento alla “coesione sociale”.
Ma si è proprio certi che il congegno dei meriti per crediti e la soglia rigida del 66% inneschino un processo virtuoso? Il tutto sarebbe applicato a una classe di lavoratori da sempre considerata socialmente frustrata, sottopagata, sottostimata e a rischio di burn-out.
Potrebbe accadere, per esempio, che i docenti frustrati dal rimanere sotto la soglia degli incentivi perdano la motivazione al miglioramento e al ricollocamento in un’altra scuola. E allo stesso modo, chi acquisisce lo scatto di competenza potrebbe ritenersi soddisfatto della gratificazione e perdere l’impulso al miglioramento. O perderlo perché insoddisfatto di un aumento di 60€ a fronte di un impegno triennale e oneroso.
In sostanza il corpo docente sarebbe diviso tra “buoni” e “cattivi” e la soluzione sarebbe la “migrazione” dei cattivi verso altre scuole dove potersi rifare una reputazione. Il sistema dovrebbe tendere al livellamento qualitativo: sempre che si possa applicare agli esseri umani la legge dei prezzi e del mercato.
A fronte di questa situazione del corpo docente, ne “La Buona Scuola” sono appena nominati il personale ATA e amministrativo. Entrambe le componenti – è intuibile – sono fondamentali per il buon funzionamento di qualunque scuola, ma entrambe le componeti sono a rischio di riduzione.
Almeno per il personale amministrativo, la digitalizzazione – che nel documento ministeriale è vista come un mezzo di maggiore efficienza – assieme alla conseguente “smaterializzazione” dei procedimenti burocratici determineranno una progressiva contrazione del personale.
La causa è molto chiara: i docenti sono sempre più indotti a svolgere le proprie pratiche per via telematica. Ciò porta a ridurre il carico di lavoro e di gestione ordinaria che grava sugli assistenti amministrativi avviandosi – riporta testualmente il documento – “ad un ridimensionamento progressivo del loro numero”.
Al riguardo, la “Scuola in Chiaro 2.0” rimane un interrogativo preoccupante anche per gli impegati della scuola, sebbene questo processo sia vantato come un’apertura all’efficienza.
Per quanto riguarda poi i precari, questi saranno oggetto del quarto e ultimo servizio sulla Buona Scuola.
3 - continua
[Roberto Calogiuri]
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