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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

La Buona Scuola/4 – Fine del precariato e inizio dell’Odissea

La Buona Scuola/4 – Fine del precariato e inizio dell’Odissea

TRIESTE – Non si può ignorare, nel felice panorama che La Buona Scuola tenta di trasmettere alla popolazione elettorale, la risoluzione del problema del precariato scolastico proposta come coronamento della riforma.

L’assunzione di 150.000 (migliaio più migliaio meno) precari, promessa dal governo Renzi, non è il frutto di una volontà filantropica. Sicuramente deriva dall’obbligo - imposto all’Italia dalla Corte di Giustizia Europea - di sanare l’infrazione a una direttiva comunitaria: vale a dire di assumere stabilmente chi lavora a tempo determinato da più di tre anni, pena una multa salatissima.

E poi, affermare che il precariato sarà risolto per sempre da questa riforma – dicono i sindacati unanimi – non riponde a verità. Rimane difficile stabilire chi e quanti rimarrano fuori e chi sarà dentro.

Innanzitutto si dovrà tenere conto della disponibilità della copertura finanziaria.  A questo sarà d’aiuto il fatto che – cosa che il governo si guarda dal sottolineare – si tratta di lavoratori che in gran parte sono già pagati ogni anno per le supplenze lunghe o brevi.

In questo caso, quanto lo Stato risparmia con i precari ammonta ai compensi non corrisposti durante la sospensione delle lezioni, vale a dire i periodi di vacanza durante i quali un precario è licenziato per essere poi riassunto alla ripresa delle lezioni.

La soluzione del governo Renzi prevede quindi la “stabilizzazione” di personale già impegnato nella scuola, ma con alcune clausole. Per esempio, chi sarà assunto dovrà dichiarare la propria disponibilità a spostare la propria sede anche al di fuori della propria regione.

E non basta: il neo assunto dovrà essere disponibile anche a svolgere supplenze, a insegnare materie di classi di concorso affini, svolgere progetti speciali e compiti che saranno giudicati utili all’autonomia e al miglioramento dell’offerta formativa.  Vuol dire che se non sarà disposto a trasferirsi e a svolgere mansioni diverse e decise dai dirigenti, non sarà assunto e verrà depennato definitivamente. Non ci sarà una secondo appello.

Ancora una volta le parole del progetto giocano con la semantica ed esprimono concetti crudi con termini dolci: via per sempre il brutto “vincolo di destinazione” (quello che permette a un docente di risiedere con il coniuge e i figli piccoli o di badare ai genitori anziani) in cambio dell’ingresso in un più moderno e dinamico “organico funzionale a una scuola o rete di scuole” che permette al datore di lavoro il ricatto liberista del “prendi la delocalizzazione o lascia il lavoro”.

Questo, prosegue il documento, dovrebbe insegnare ai ragazzi il confronto con il mondo e con il XXI secolo. Ma per ora insegna soltanto alcuni tristi aspetti della realtà lavorativa e, semmai, condiziona i giovani alla sottomissione alle dure leggi di mercato se vorranno entrare nel mondo del lavoro.

Per rendere più efficace la lezione sul mondo del lavoro del futuro, per esempio, oltre all’assunzione condizionata, le linee guida presentate dal governo Renzi escludono dall’accordo dalla stabilizzazione circa 100.000 docenti, ossia gli appartenenti alla II fascia delle GAE (graduatorie a esaurimento), benchè abbiano una continuità lavorativa pluriennale.

I neo abilitati con i PAS (percorsi abilitanti speciali) e TFA (tirocinio formativo attivo) avranno speso inutilmente tempo, energie e denaro finito nelle casse delle università che hanno organizzato i corsi e hanno alimentato un giro di affari molto criticato per la qualità dell’offerta.

E poi ci sono gli iscritti alla III fascia, ossia i non abilitati, ai quali rimarrà soltanto la consolazione di attendere l’ingresso nel mondo della scuola, perché le supplenze saranno coperte da quei colleghi assunti a patto di essere disposti alla mobilità. A meno che il MIUR non decida – come sembra che farà – di indire concorsi per l’insegnamento relativi al numero di cattedre strettamente indispensabile. Ma non nell’immediato futuro.

In sostanza, il proverbiale flusso migratorio degli insegnanti sarà ancora più accentuato. Sempre che, come sostiene il documento con inguaribile ottimismo, i precari chiamati all’appello non abbiano già trovato un altro lavoro.

4 – Fine

[Roberto Calogiuri]

Link alle puntate precedenti:

La Buona Scuola/1

La Buona Scuola/2

La Buona Scuola/3

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