Cicerone lavora per le imprese. Ovvero la risurrezione della lingua morta
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- Categoria: Scuola ed educazione
- Pubblicato Sabato, 17 Settembre 2016 20:23
- Scritto da Roberto Calogiuri
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Lingua morta, noiosa, pesante, inutile. È il latino.
Altro che “la lingua dei nostri padri”… Roba per occhialuti sgobboni, per secchioni appiccicati alla sedia, in vena di gingillarsi con arzigogoli cervellotici.
O, piuttosto, quella riga in più nel curriculum che piace tanto alle moderne imprese e può fare la differenza nell’assunzione di personale qualificato in un’azienda?
Forse perché qualcuno si è accorto che il latino è un sistema multiprocessuale che piace a industria e imprenditoria. Forse perché lo studio di rosa-rosae assomiglia tanto a una palestra di multitasking (nel senso informatico del termine).
In ogni caso, l’insolito matrimonio tra lingua morta e azienda viva è celebrato sotto gli auspici di Giuseppe Bruno, general manager di Info Jobs, il portale dedicato ai giovani in cerca di occupazione e consultato dalle aziende in cerca di talenti: 6 milioni e mezzo di iscritti in cerca di lavoro, 3000 società che offrono occupazione e 1000 nuove offerte ogni giorno sono il vanto del sito e ciò che rende il suo manager una osservatore più che attendibile.
Il tutto con la benedizione della Fondazione Pirelli e l’impulso della consulta dei professori universitari di latino (Cusl), l'Ufficio scolastico regionale lombardo e l'Università Cattolica del Sacro Cuore.
Che sia una scaltra operazione di marketing avrà la sua incidenza, ma il risultato è che lo scorso aprile ben 750 persone hanno tentato il test di Certificazione Lingua Latina (CLL) – nello stile del “Cambridge Esol” – tra Milano, Brescia, Como, Bergamo, Mantova e Pavia. In 750 hanno raccolto il messaggio di Giuseppe Bruno: "In un mercato del lavoro molto dinamico il latino è la disciplina che per eccellenza denota capacità di ragionamento e di logica”. Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda, alla logica vi aggiunge pure la “bellezza”.
Non è un caso che l’iniziativa nasca in Lombardia, ovvero nella prima regione italiana per vivacità economica e reddito medio, meglio nota come uno dei “quattro motori dell’Europa”. Il che significa che fra le tre “i” (impresa, inglese, informatica) si dovrà fare spazio a una “elle”.
Non poco peso ha il fatto che nelle università Usa e inglesi lo studio del latino non sia mai stato abbandonato e, ultimamente, rinforzato. E che il latino affascini le imprese straniere.
Nondimeno il fenomeno impone alcune riflessioni sulla qualità dei test CLL per capire quale aspetto della lingua latina studiata a scuola rappresenti per le aziende un appeal degno di essere sostenuto e tonificato.
Il che equivale anche a capire quale indirizzo didattico una scuola dovrebbe adottare nel proporre agli studenti (ai loro genitori e ai detrattori del latino) una strategia (moderna) dello studio del latino. Di conseguenza questa potrebbe essere la strada per fornire una motivazione forte e una spiegazione chiara della finalità dello studio di questa lingua a chi vi si accosti per la prima volta.
In genere, tutti si è concordi nel riconoscere che il latino rappresenti il primo abbozzo di unità linguistica europea, che sia una delle ragioni identitarie, il serbatoio del patrimonio ideale greco romano, che per secoli sia stata la lingua di letterati e filosofi; ed altre speciali e irripetibili ragioni che determinano il profilo occidentale e le sue radici.
Ma i test CLL aggiungono una specificità che, evidentemente, finora era rimasta nascosta.
La prova di livello base (Vestibulum) saggia la comprensione di un testo, la conoscenza metalinguistica e lessicale in rapporto a testo e cotesto con quesiti a risposta multipla, vero/falso o a riempimento.
Le prove avanzate (Ianua e Palatium) sondano la comprensione di un autore classico, tardo antico, medioevale o moderno con gli stessi metodi del livello precedente ma articolati su criteri di stile, contenuto, grammatica e logica secondo i ritmi scolastici. Le riposte aperte, rigorosamente in latino, sono riservate a chi vuole raggiungere il massimo punteggio.
Tutte le prove prevedono misure dispensative o strumenti compensativi per chi certifichi i propri bisogni educativi speciali.
Resta da capire cos’abbia il latino per rappresentare una risorsa decisiva a determinare il peso di una preparazione per il mondo del lavoro e il buon fine di un’assunzione.
A considerare le abilità e le competenze richieste dal test CLL, quello che il latino può fornire è la capacità di affrontare, analizzare, comprendere e risolvere un problema complesso articolato in diverse fasi (almeno costruzione, comprensione e traduzione) con ordine, metodo e una dose di stile personale, di fantasia si potrebbe dire.
Partendo da un’imprescindibile serie di nozioni, regole e costrutti notevoli memorizzati (elemento comune a molte materie scolastiche e non), quello che il latinista dovrebbe essere capace di mettere in campo per risolvere il problema è un procedimento per prove ed errori, la capacità di autocorrezione e ristrutturazione del campo di esperienza (la frase o la versione), di deduzione e induzione.
Fin qui niente di eccezionale. Anzi: si nota una stretta parentela con le scienze matematiche, con la geometria, a esempio. Ma il latino pretende e prevede qualche abilità in più che è la capacità espressiva attraverso la lingua, la conoscenza di due sistemi referenziali diversi e di sapersi muovere tra di essi in entrambe i sensi, delle regole della retorica, il possesso di un lessico che sia ben fornito ed elastico, la capacità di correlazione con altre discipline (la storia, la geografia, la filosofia, le scienze…).
Il fatto inconfutabile e paradossale è che il latino (forse) perde autonomia e guadagna notorietà grazie all’industria, a quel sistema che sembra il suo contrario. Invece di essere relegato nel limbo dell’inutilità astratta, trova un suo scopo nella realizzazione quotidiana. Si trasforma, si adatta. E poi, di conseguenza, invece di guardare solo al passato, trova una sua collocazione nel presente. Di più: nel futuro. Per non parlare del greco…
[Roberto Calogiuri]
Assid e Università di Trieste insieme ad altri atenei per fare sinergia a Bruxelles
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- Pubblicato Lunedì, 12 Settembre 2016 18:10
- Scritto da Timothy Dissegna
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Gorizia - Una rete che metta in contatto laureati e mondo del lavoro, per non disperdere le intelligenze che il nostro sistema universitario produce: sinteticamente, questo è l'intento delle dodici associazioni degli studenti di altrettanti atenei italiani, che venerdì 7 settembre si sono date appuntamento all'Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles per firmare il Manifesto del neonato Coordinamento Associazioni Alumni Italiane. Presenti numerose personalità politiche italiane di rilievo a livello europeo, come l’ex Presidente della Commissione Europea Romano Prodi, il Primo Vice-Presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio italiano con delega agli Affari europei, Sandro Gozi, e il Rappresentante Permanente italiano a Bruxelles, Maurizio Massari.
Tra i promotori di questo ambizioso progetto c'è anche l'Associazione degli Studenti di Scienze Internazionali e Diplomatiche di Gorizia - Università degli studi di Trieste (ASSID), presente nella capitale belga con il suo plenipotenziario Francesco Oriano Passera, insieme alla prof.ssa Giulia Caccamo per l'Università di Trieste, che ha seguito fin dall'inizio i lavori che hanno portato a questo traguardo, partiti dalla proposta ad aderire al progetto da parte di Giorgio De Bin, coordinatore del Chapter di Ca’ Foscari Alumni Bruxelles. Un segnale, questo del coinvolgimento del celebre corso di laurea dell'Università di Trieste, che testimonia quanto sia importante il nome del SID a livello nazionale.
Soprattutto se si tiene conto degli altri partner: Alumni Cattolica – Associazione Necchi, Alumni Polimi Association, Alumni UniTrento, Associazione Alumni – Università LUM Jean Monnet, Associazione Alumni dell’Università degli Studi di Padova, Associazione Alumni NoiSapienza Bruxelles, Associazione ex allievi Ingegneri e Architetti del Politecnico di Torino (Alumni Polito), Associazione Laureati LUISS, Bocconi Alumni Association – Chapter di Bruxelles, Ca’ Foscari Alumni, IUAV ALUMNI Associazione dei laureati IUAV.
Insomma, realtà d'eccellenza del panorama universitario nostrano e l'occasione era troppo importante perché gli studenti goriziani se la facessero sfuggire, come ci ha raccontato Valerio Sorbello, ex segretario dell'ASSID: la sua speranza è che non sia solo un fuoco di paglia, ma un'opportunità per dare sbocco ai laureati del corso. La cui meta lavorativa è molto spesso Bruxelles, cuore pulsante dell'Unione Europea e delle sue istituzioni. Adesso dovrà iniziare la sinergia tra gli atenei italiani, per rendere veramente competitiva e ridare lustro all'università.
Foto di gruppo dopo al firma del Manifesto (foto dalla pagina fb Alumni italiane a Bruxelles)
Scuola: inizia l’anno. Con suspense
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- Pubblicato Mercoledì, 31 Agosto 2016 16:27
- Scritto da Roberto Calogiuri
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Trieste – Come ogni fine agosto, uno degli eventi più popolari, oltre ai saldi estivi, è l’inizio imminente della scuola. L’importante è non confondere le due cose anche se, in entrambe i casi, i calendari variano da regione in regione. E in entrambe i casi si genere sempre una partecipazione vasta e concitata e si vantano garanzie che non sempre onorate.
L’anno scolastico si arresta e riprende (qui le date per il FVG). Invece la discussione sulla scuola non si è mai arrestata e la curiosità di vedere se, quando e come entreranno a regime i vari provvedimenti delle legge 107 è molto grande.
Nella legge 107 ci sono nove commi che indicano l’anno scolastico 2016/2017 come decisivo per l’entrata a sistema di altrettanti meccanismi, il che genera un’attesa che è già fin troppo ricca di tensione.
I commi riguardano la determinazione dell’organico dell’autonomia, i ruoli del personale docente in relazione agli ambiti territoriali e la ripartizione tra questi, la costituzione di un contingente di posti per necessità di mobilità o assunzioni in ruolo, la mobilità del personale in esubero, l’incarico ai docenti su proposta del dirigente, le assunzioni straordinarie a tempo indeterminato, l’abilitazione come unico titolo di inserimento nelle graduatorie e il piano straordinario di mobilità territoriale.
Detto in soldoni, tra questi commi, ci sono i motivi per cui l’estate è trascorsa tra un fuoco incrociato (iniziato fin dall’approvazione della legge) di critiche, liti, accuse, ricorsi e manifestazioni di piazza che hanno puntato l’indice contro uno dei provvedimenti più discussi di questa legislatura.
Già Ferdinando Imposimato ha deplorato la legge 107 sulla scuola, - secondo molti, a torto definita “buona”- come un attentato ad alcune garanzie costituzionali: retribuzione, libertà di insegnamento, finanziamento dei privati, alternanza scuola-lavoro.
Ma le proteste vanno oltre la pacata anche se pesante critica del noto magistrato, perché investono questioni più immediate e quotidiane.
Sullo sfondo delle polemiche mai sopite sui test Invalsi (con le loro implicazioni sulla scuola imprenditoriale, qui il servizio) si sono agitate altre polemiche: il concorso per l’insegnamento, la mobilità e la facilità con cui gli insegnanti italiani sono fatti oggetto di disprezzo e disistima, fino a essere stati definiti “capre” quando si sono messi a protestare per i trasferimenti o “somari” quando sono stati pubblicati i risultati del concorso per l’abilitazione.
Quanto è stato stigmatizzato da un capo all’altro dell’Italia riguarda l’organizzazione e le strategie coordinative e preparatorie per il reclutamento in un settore così vasto e importante come l’istruzione. Gli errori ci saranno stati, inutile nasconderlo. Ma il nuovo sistema ha mostrato falle e incongruenze che lo rendono poco credibile. Un sistema che esige molto ma, in cambio, restituisce poco.
Per esempio il caso grottesco della professoressa bocciata al concorso ma che entra nella commissione esaminatrice. E poi graduatorie sbagliate, errori di abbinamento, domande assurde, sovradimensionate o scritte in una lingua poco comprensibile, bandi e griglie pubblicati in ritardo, procedure obsolete, paghe ridicole…
Dopo la proposta offensiva del compenso di 1 euro all’ora, i commissari sono pagati circa 210 euro, mentre un presidente di commissione ha guadagnato circa 250 euro, più 50 centesimi per ogni test corretto ed altri 50 centesimi per ogni prova orale.
Persino Pierò Pelù si è mosso a compassione e ha dichiarato che molti insegnanti gli scrivono per denunciare il complotto: un concorso trabocchetto, ordito apposta per allontanare dal ruolo migliaia di insegnanti, dopo che il governo ha sbandierato migliaia di assunzioni, per acquisire consensi senza poi onorare gli impegni. Accusa grave.
Eppure, così è stato.
Circa la metà degli aspiranti docenti di ruolo sono stati bocciati e si sta preparando una marea di ricorsi. Di conseguenza la scuola rischia di iniziare con 23.000 cattedre vuote, proprio quanto il premier aveva assicurato che la 107 avrebbe guarito la scuola dalla “supplentite”. Poi c’è il concorso per dirigente che non parte e che provocherà una carenza di titolarità e un ricorso massiccio alla “reggenza”: una scuola su quattro sarà senza preside per cui ci saranno presidi chiamati a stare su due scuole.
A Padova si è verificato il caso di una preside collocata su 16 plessi, ovvero circa 2.000 ragazzini. A Genova un dirigente è stato chiamato a dirigere 18 istituti su sette comuni diversi. L’hanno battezzato “il preside spalmato”.
La stessa cosa può accadere per i direttori amministrativi. Anche il personale amministrativo e ausiliario ha subito forti riduzioni.
A questo si aggiungano le “deportazioni” dal sud al nord e le migliaia di segnalazioni che hanno raggiunto gli organi di stampa nazionali. Prima hanno provocato manifestazioni e qualche disordine e poi sono cominciati a piovere ricorsi e richieste di conoscere i bizzarri algoritmi del cervellone del MIUR, quelli che obbligano al trasferimento anche da un capo all’altro dello stivale, pena il licenziamento, e generano clamorose ingiustizie tra le fasi di assegnazione.
I sindacati, per ora, parlano di circa 5 mila ricorsi: più di mille nel Lazio, 1.300 in Campania e Sicilia, 500 in Puglia e 700 solo a Milano.
Da non dimenticare il “bonus” premiale (servizio qui) per i docenti che si sono distinti secondo criteri che, però, non solo variano da regione a regione ma anche da scuola a scuola. Infatti, le linee guida fornite dalla 107 sono così vaghe, che ogni comitato di valutazione ha elaborato in modo indipendente il diverso peso da assegnare ai criteri e le modalità di applicazione che determineranno il premio. Premio che - quindi - lungi dal garantire una congrua e imparziale integrazione economica, assicurerà malumori e risentimenti in cambio di quello che assomiglia a una “mancia”.
Infatti molti insegnanti hanno rifiutato di compilare la documentazione richiesta e molti collegi docenti hanno deciso di rifiutare il premio sostenendo che un docente dev’essere “giustamente retribuito e non premiato”.
E poi, con i “superpoteri” dei presidi, la distribuzione dei docenti “potenziatori” e le dichiarazioni di guerra dal fronte sindacale e l’inizio dell’anno scolastico ha tutti numeri per diventare una delle attese più ricche di suspense.
Non sarà tutta colpa della 107, ma le responsabilità non sono molto distanti.
[Roberto Calogiuri]
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