Scuola: inizia l’anno. Con suspense
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- Categoria: Scuola ed educazione
- Pubblicato Mercoledì, 31 Agosto 2016 16:27
- Scritto da Roberto Calogiuri
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Trieste – Come ogni fine agosto, uno degli eventi più popolari, oltre ai saldi estivi, è l’inizio imminente della scuola. L’importante è non confondere le due cose anche se, in entrambe i casi, i calendari variano da regione in regione. E in entrambe i casi si genere sempre una partecipazione vasta e concitata e si vantano garanzie che non sempre onorate.
L’anno scolastico si arresta e riprende (qui le date per il FVG). Invece la discussione sulla scuola non si è mai arrestata e la curiosità di vedere se, quando e come entreranno a regime i vari provvedimenti delle legge 107 è molto grande.
Nella legge 107 ci sono nove commi che indicano l’anno scolastico 2016/2017 come decisivo per l’entrata a sistema di altrettanti meccanismi, il che genera un’attesa che è già fin troppo ricca di tensione.
I commi riguardano la determinazione dell’organico dell’autonomia, i ruoli del personale docente in relazione agli ambiti territoriali e la ripartizione tra questi, la costituzione di un contingente di posti per necessità di mobilità o assunzioni in ruolo, la mobilità del personale in esubero, l’incarico ai docenti su proposta del dirigente, le assunzioni straordinarie a tempo indeterminato, l’abilitazione come unico titolo di inserimento nelle graduatorie e il piano straordinario di mobilità territoriale.
Detto in soldoni, tra questi commi, ci sono i motivi per cui l’estate è trascorsa tra un fuoco incrociato (iniziato fin dall’approvazione della legge) di critiche, liti, accuse, ricorsi e manifestazioni di piazza che hanno puntato l’indice contro uno dei provvedimenti più discussi di questa legislatura.
Già Ferdinando Imposimato ha deplorato la legge 107 sulla scuola, - secondo molti, a torto definita “buona”- come un attentato ad alcune garanzie costituzionali: retribuzione, libertà di insegnamento, finanziamento dei privati, alternanza scuola-lavoro.
Ma le proteste vanno oltre la pacata anche se pesante critica del noto magistrato, perché investono questioni più immediate e quotidiane.
Sullo sfondo delle polemiche mai sopite sui test Invalsi (con le loro implicazioni sulla scuola imprenditoriale, qui il servizio) si sono agitate altre polemiche: il concorso per l’insegnamento, la mobilità e la facilità con cui gli insegnanti italiani sono fatti oggetto di disprezzo e disistima, fino a essere stati definiti “capre” quando si sono messi a protestare per i trasferimenti o “somari” quando sono stati pubblicati i risultati del concorso per l’abilitazione.
Quanto è stato stigmatizzato da un capo all’altro dell’Italia riguarda l’organizzazione e le strategie coordinative e preparatorie per il reclutamento in un settore così vasto e importante come l’istruzione. Gli errori ci saranno stati, inutile nasconderlo. Ma il nuovo sistema ha mostrato falle e incongruenze che lo rendono poco credibile. Un sistema che esige molto ma, in cambio, restituisce poco.
Per esempio il caso grottesco della professoressa bocciata al concorso ma che entra nella commissione esaminatrice. E poi graduatorie sbagliate, errori di abbinamento, domande assurde, sovradimensionate o scritte in una lingua poco comprensibile, bandi e griglie pubblicati in ritardo, procedure obsolete, paghe ridicole…
Dopo la proposta offensiva del compenso di 1 euro all’ora, i commissari sono pagati circa 210 euro, mentre un presidente di commissione ha guadagnato circa 250 euro, più 50 centesimi per ogni test corretto ed altri 50 centesimi per ogni prova orale.
Persino Pierò Pelù si è mosso a compassione e ha dichiarato che molti insegnanti gli scrivono per denunciare il complotto: un concorso trabocchetto, ordito apposta per allontanare dal ruolo migliaia di insegnanti, dopo che il governo ha sbandierato migliaia di assunzioni, per acquisire consensi senza poi onorare gli impegni. Accusa grave.
Eppure, così è stato.
Circa la metà degli aspiranti docenti di ruolo sono stati bocciati e si sta preparando una marea di ricorsi. Di conseguenza la scuola rischia di iniziare con 23.000 cattedre vuote, proprio quanto il premier aveva assicurato che la 107 avrebbe guarito la scuola dalla “supplentite”. Poi c’è il concorso per dirigente che non parte e che provocherà una carenza di titolarità e un ricorso massiccio alla “reggenza”: una scuola su quattro sarà senza preside per cui ci saranno presidi chiamati a stare su due scuole.
A Padova si è verificato il caso di una preside collocata su 16 plessi, ovvero circa 2.000 ragazzini. A Genova un dirigente è stato chiamato a dirigere 18 istituti su sette comuni diversi. L’hanno battezzato “il preside spalmato”.
La stessa cosa può accadere per i direttori amministrativi. Anche il personale amministrativo e ausiliario ha subito forti riduzioni.
A questo si aggiungano le “deportazioni” dal sud al nord e le migliaia di segnalazioni che hanno raggiunto gli organi di stampa nazionali. Prima hanno provocato manifestazioni e qualche disordine e poi sono cominciati a piovere ricorsi e richieste di conoscere i bizzarri algoritmi del cervellone del MIUR, quelli che obbligano al trasferimento anche da un capo all’altro dello stivale, pena il licenziamento, e generano clamorose ingiustizie tra le fasi di assegnazione.
I sindacati, per ora, parlano di circa 5 mila ricorsi: più di mille nel Lazio, 1.300 in Campania e Sicilia, 500 in Puglia e 700 solo a Milano.
Da non dimenticare il “bonus” premiale (servizio qui) per i docenti che si sono distinti secondo criteri che, però, non solo variano da regione a regione ma anche da scuola a scuola. Infatti, le linee guida fornite dalla 107 sono così vaghe, che ogni comitato di valutazione ha elaborato in modo indipendente il diverso peso da assegnare ai criteri e le modalità di applicazione che determineranno il premio. Premio che - quindi - lungi dal garantire una congrua e imparziale integrazione economica, assicurerà malumori e risentimenti in cambio di quello che assomiglia a una “mancia”.
Infatti molti insegnanti hanno rifiutato di compilare la documentazione richiesta e molti collegi docenti hanno deciso di rifiutare il premio sostenendo che un docente dev’essere “giustamente retribuito e non premiato”.
E poi, con i “superpoteri” dei presidi, la distribuzione dei docenti “potenziatori” e le dichiarazioni di guerra dal fronte sindacale e l’inizio dell’anno scolastico ha tutti numeri per diventare una delle attese più ricche di suspense.
Non sarà tutta colpa della 107, ma le responsabilità non sono molto distanti.
[Roberto Calogiuri]