Mostra fotografica dedicata a Don Milani
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- Pubblicato Lunedì, 08 Luglio 2013 22:21
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Portogruaro ( Ve) - Fa tappa a Portogruaro “Barbiana, il silenzio diventa voce”, la mostra fotografica itinerante dedicata alla figura di Don Lorenzo Milani, figura di riferimento per il cattolicesimo per il suo impegno civile nell'istruzione dei poveri, la sua difesa dell'obiezione di coscienza e per il valore pedagogico della sua esperienza di maestro.
La mostra, allestita nella Sala delle Colonne del Municipio di Portogruaro, è stata inaugurata oggi lunedì 8 luglio alle 11, con una presentazione a cura di Francesco Milanese, e visitabile fino al 16 luglio, dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12 e il mercoledì anche dalle 15 alle 17.
L'esposizione racconta in 27 pannelli, che raccolgono una serie di fotografie, la vita di Don Milani: la sua giovinezza, il seminario, l’arrivo a Barbiana, la nascita della scuola ed i suoi sviluppi. Sono scatti che si concentrano soprattutto sugli anni trascorsi a Barbiana, il luogo, i volti e le atmosfere che don Lorenzo Milani trovò in quel pezzo di mondo ai margini della società.
Spiega l'Assessore alla Cultura del Comune di Portogruaro Maria Teresa Ret: “A quarant'anni della pubblicazione della storica opera "Lettera ad una professoressa", è ancora, e sempre più, di grande attualità il messaggio e la testimonianza resa quotidianamente da Don Lorenzo Milani. Questa mostra dà conto di un percorso/manifesto educativo e di vita. Sono particolarmente lieta di questa occasione, perché da un lato si colloca nel solco di una proficua collaborazione con il Porto dei Benandanti, mentre dall'altro ricorda e sottolinea l'importanza di una figura significativa come quella di Don Milani. Si tratta d’immagini e testimonianze attraverso le quali l'esperienza di Barbiana può ancora oggi parlarci".
Nel dicembre del 1954 a causa di screzi con la Curia di Firenze, Don Milani venne mandato a Barbiana, minuscolo e sperduto paesino di montagna nel comune di Vicchio, in Mugello, dove il parroco aprì la prima scuola a tempo pieno espressamente rivolto alle classi popolari. La sua scuola era alloggiata in un paio di stanze della canonica annessa alla piccola chiesa di Barbiana, un paese con un nucleo di poche case intorno alla chiesa e molti casolari sparsi sulle pendici del monte Giovi. La scuola di Barbiana era un vero e proprio collettivo e la regola principale era che chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno, 365 giorni all’anno. Opera fondamentale della scuola di Barbiana è “Lettera a una professoressa”, in cui i ragazzi della scuola, insieme a Don Milani, denunciavano il sistema scolastico e il metodo didattico che favoriva l'istruzione delle classi più ricche lasciando la piaga dell'analfabetismo in gran parte del paese. Il libro divenne poi uno dei moniti del movimento studentesco del ’68. Altre esperienze di scuole popolari sono nate nel corso degli anni basandosi sull'esperienza di Don Lorenzo e sulla “Lettera a una professoressa”.
Il duplice intento di questa proposta è da un lato divulgare la conoscenza dell’opera che ha caratterizzato il sacerdote ed educatore e dall’altro offrire un’opportunità “operativa”, ad alto valore terapeutico e riabilitativo, al Laboratorio della Struttura di Fossalato, anche nell’ottica della lotta allo stigma verso le persone che soffrono di disturbi psichici.
La mostra, che ripercorrerà questa storia densa di significati, è curata dall’associazione culturale Porto dei Benandanti con il patrocinio del Comune di Portogruaro, in collaborazione con laCooperativa Sociale Itaca, la Comunità Terapeutica Riabilitativa Psichiatrica di Fossalato e il Laboratorio Espressivo Artistico B.I.R.U.Art, al quale partecipano alcuni pazienti inseriti nella struttura.
Trieste un secolo fa. A teatro e al museo per ricordare tra musica e storia.
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- Pubblicato Mercoledì, 03 Luglio 2013 15:31
- Scritto da Redazione ilfriuliveneziagiulia
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Trieste – Due appuntamenti concatenati sabato 6 luglio per il pubblico musicale triestino, ma anche per gli appassionati della storia e della cultura mitteleuropea e cittadina: un concerto al teatro Verdi prepara e introduce l’inaugurazione della mostra “Trieste a teatro – 1913” nella sede del Civico Museo Teatrale “Carlo Schmidl” a Palazzo Gopcevich (Via Rossini 4).
Le manifestazioni saranno aperte dal concerto, offerto alla cittadinanza a titolo gratuito, che si inizierà alle ore 18.00. Il M° Alvise Casellati dirige l’Orchestra e il Coro – preparato dal M° Paolo Vero - della Fondazione Lirica triestina. Saranno eseguiti brani sinfonici e corali particolarmente popolari e amati dal pubblico, con le musiche di Giuseppe Verdi, Amilcare Ponchielli, Gaetano Donizetti e Richard Wagner.
Il maestro Alvise Casellati ha un’esperienza direttoriale internazionale maturata con la frequentazione di importanti orchestre in Italia e all’estero ed è attivo in varie associazioni per la promozione della cultura italiana negli Stati Uniti.
Alle 19.30 sarà inaugurata la mostra che si inserisce nel contesto di una più ampia serie di iniziative dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste che ha per tema «Trieste nel 1913».
«Il 1913 – osserva l’Assessore alla Cultura Franco Miracco – ci si presenta termine fertilissimo del “mondo di ieri” che, in vista delle celebrazioni per il centenario della grande guerra, più che un ritorno al passato si propone come frammento di una stagione culturale triestina, quando questa città è sistematicamente all’avanguardia in ogni campo»
L’esposizione del Museo “Carlo Schmidl”, quindi, intende ricordare come la Trieste del 1913 fosse animata da una vita teatrale rigogliosa ed eccezionale per quantità, qualità e varietà: veri cardini della vita sociale e culturale cittadina, il “Verdi” e il “Rossetti”, il “Fenice” e l’“Eden”, la Società Filarmonico Drammatica presso il Ridotto del Teatro Verdi, il Teatro Sloveno all’interno dell’Hotel Balkan e lo Schiller Verein nella sua sede di Palazzo Stratti inanellano una lunga catena di opere e concerti, spettacoli di prosa, di varietà e di circo e di proiezioni cinematografiche.
La mostra si configura anche come contenitore di una serie di approfondimenti sulla vita teatrale, culturale e storica della Trieste alla vigilia della Grande Guerra, che saranno proposti nell’ambito del calendario estivo delle aperture di Musei di Sera, martedì 16 e 23 luglio, 20 e 27 agosto e 3 settembre.
L’esposizione rimarrà aperta fino al 13 ottobre tutti i giorni con orario 9-19 ad ingresso libero e, in occasione di Musei di Sera, anche dalle 20 alle 23 con biglietto di ingresso al Museo.
Il biglietto d’ingresso gratuito per il concerto inaugurale al Teatro Verdi può essere ritirato alla Biglietteria del Teatro fino a venerdì 5 luglio con orario 8.30-12.30 e 15.30-19.00, oppure nella stessa giornata di sabato 6 luglio con orario 9-16 e anche a partire da un’ora prima dell’inizio del concerto.
(Nella foto Parenzan l'orchestra e il coro del "Verdi" di Trieste)
“La fabbrica del talk show” alla Wärstsilä di Trieste con i vincitori di Premio Internazionale Luchetta 2013
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- Pubblicato Mercoledì, 03 Luglio 2013 09:50
- Scritto da Monica Visintin
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Trieste, 2 luglio 2013 -Si è svolta nella suggestiva location della Wärstsilä Italia l’edizione 2013 di Antepremio Luchetta. I vincitori della 10° edizione del premio giornalistico internazionale dedicato al giornalista triestino sono stati ospiti di un talk show allestito nel cuore della fabbrica e condotto da Giovanni Marzini con la partecipazione di grandi firme del giornalismo italiano: Pino Scaccia, Daniele Mastrogiacomo, Toni Capuozzo, i due inviati in Siria recentemente rapiti e liberati Amedeo Ricucci e Elio Colavolpe, il direttore di Rai World Claudio Cappon, un volto storico del TG1 come Angela Buttiglione, Vittorio di Trapani, segretario dell’USIGRAI (sindacato dei giornalisti della RAI) e il direttore de “Il Piccolo” di Trieste Paolo Possamai.
Il coraggio e la professionalità di corrispondenti e inviati, nuove tecnologie e finalità nei servizi pubblici d’informazione, i costi della cronaca estera e la passione tutta italiana per la cronaca politica interna: questi sono stati i temi del dibattito che è stato trasmesso in diretta web da Radio City Trieste e nel quale sono intervenuti anche il padrone di casa Sergio Razeto, presidente e CEO di Wärstsilä Italia e Sergio Bolzonello, vicepresidente della Giunta regionale del Friuli Venezia Giulia ed Assessore alle Attività produttive.
In più occasioni l’accento è stato posto sulla differenza nell’impiego delle risorse dei servizi pubblici d’informazione in Italia e nel resto d’Europa: ancora molto legata al dibattito politico interno e sempre più ancorata alla ricerca in rete e all’elaborazione in studio, l’informazione italiana sembra investire di meno nei reportages e nelle inchieste a carattere internazionale.
E’ quanto è risultato indirettamente anche dalle esperienze dei giornalisti stranieri fra i vincitori del Premio Luchetta 2013: Ian Pannell e Darren Conway della BBC, due anni sul fronte siriano come “tempo necessario per un impegno morale” confluiti nel servizio giornalistico per la BBC sulle vittime della guerra civile; Richard Lloyd Parry, il corrispondente dall’Asia per The Times, cinque anni sotto falso nome in Birmania dove ha firmato i reportages sulla repressione di regime ma anche sulla pulizia etnica da parte dei buddisti nella parte occidentale del paese; Jean–Sèbastien Desbordes, autore per l’emittente France 2 di un commovente servizio sul viaggio in treno attorno al mondo del piccolo Sasha, vittima della Sindrome di Beuren. “È una questione anche di costi e di organizzazione dell'azienda” ha sottolineato nel corso del talk show Angela Buttiglione “se il servizio della BBC l'avessimo realizzato noi sarebbe costato dieci volte di più. Senza contare che altrove ha molto più valore il lavoro di squadra, in Italia non è ancora così”.
Tutti concordi però sulle finalità del lavoro di inviato: che non è più quella di limitarsi a documentare la guerra o i rischi corsi dai reporter. “Anche quello che è successo a noi è una cosa normale, che è capitata, capita e capiterà a tutti quelli che vogliono fare il nostro lavoro seriamente. Non ci piace il ruolo di protagonisti, noi siamo stati semplicemente i testimoni quello che succede nelle aree di crisi” ha ricordato Amedeo Ricucci reduce con Elio Colavolpe dalla drammatica esperienza della prigionia in Siria”. Rifiutare il protagonismo dell’inviato di guerra significa lavorare in squadra per dare voce a coloro che alla guerra non possono sottrarsi: “Questo è stato un lavoro di gruppo” ha detto Ian Pannell, giornalista BBC da oltre vent’anni “Volevamo raccontare le storie delle persone comuni, non quelle dei profughi che sono riusciti a trovare asilo in Turchia, Libano o Giordania.
La maggior parte dei reportages sulla Siria riguarda soprattutto gli aspetti politici del conflitto. Noi ci siamo recati a vedere cosa succedeva nelle grotte e nei tunnel sotterranei a nord della Siria, che si diceva fossero vuoti. In una caverna abbiamo trovato sette bambini che aspettavano per ore che la mamma tornasse mentre fuori imperversava la guerra. Questo significa avere un'idea di cosa significhi vivere la guerra”. “Noi siamo qui per dare voce alle persone che soffrono” ha aggiunto il cameraman Darren Conway “Abbiamo voluto andare oltre la prima linea, dove ci sono le persone che soffrono. Alla fine del servizio noi torniamo a casa, loro no. Il minimo che possiamo fare è dare voce a quelli che restano la vita ha lasciato indietro”.
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