Al via il progetto “Go On Italia”: il Friuli Venezia Giulia prima regione ad avviare i laboratori
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- Categoria: Scuola ed educazione
- Pubblicato Lunedì, 28 Aprile 2014 14:14
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Trieste - Ha preso il via il progetto “Go On Italia”, iniziativa non-profit promossa da Wikitalia con l’obiettivo di aumentare le competenze digitali di cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione.
"Go On Italia" è stato presentato il 28 aprile a Trieste nella sede della Regione dalla presidente del Fvg Debora Serracchiani, dall'assessore regionale alla Funzione pubblica Paolo Panontin, assieme al presidente di Insiel, Lorenzo Pozza, e al presidente di Wikitalia, Riccardo Luna.
"Secondo tutti gli indicatori, internazionali ed europei, l'Italia è ancora troppo debole nella sfida del digitale. Più di un italiano su tre non è mai stato su Internet".
Questo è il dato di partenza del progetto, che si propone di "far partecipare le italiane e gli italiani, in prima persona, alla sfida della nostra epoca, consapevolmente e con ottimismo, invece che con timore".
"Wikitalia - si legge nel sito go-on-italia.it - è nata per promuovere la cultura della rete, della trasparenza e dell'accesso. Per questo non possiamo rimanere a guardare. Vogliamo provare a portare, anche a casa nostra, quelle esperienze che già hanno portato altrove buoni frutti".
La prima Regione d'Italia a rispondere alla chiamata di Go On Italia è stata a gennaio la Regione Friuli Venezia Giulia. Per questo il progetto sta partendo dal Friuli Venezia Giulia, dalle sue scuole, dai suoi anziani, dalle sue tante micro-imprese, e dalle sue amministrazioni.
Attraverso il programma, Wikitalia inizia ad impostare l'Agenda Digitale sulle persone e non solo sulle infrastrutture, per avvicinare gli studenti al digitale, al coding e alla cultura dei FabLab; aiutare i più anziani a familiarizzare con la rete e con gli strumenti digitali; aiutare le imprese del territorio a digitalizzarsi, per acquisire una dimensione più internazionale e conquistare nuovi mercati.
"Digital skills", ovvero familiarità con il mondo digitale: questo l'obiettivo di go-on-italia. Per raggiungerlo "è necessario un grande sforzo collettivo. A partire da tutti i cittadini del FVG che vorranno partecipare e darci una mano".
Sono tantissimi i partner locali che si sono aggiunti per organizzare i laboratori del D-Day, il Digital Day, che avrà luogo il prossimo 5 maggio.
In tutta la Regione Friuli Venezia Giulia, quel giorno, saranno organizzati contemporaneamente oltre 100 tra appuntamenti, seminari, workshop formativi ed incontri che hanno come denominatore comune la cultura digitale, declinata in ogni sua forma e per ognuno degli ambiti del progetto, ovvero la scuola, gli over 54, le PMI e la Pubblica Amministrazione.
Il D Day sarà anche il giorno in cui l’Amministrazione regionale presenta il nuovo portale Open Data della Regione Friuli Venezia Giulia, attraverso cui il privato cittadino, l’imprenditore, il professionista e le amministrazioni potranno avere accesso a contenuti informativi aggiornati e certificati, che progressivamente arricchiranno il sistema, e potranno utilizzare i dati con ricerche ed analisi in tempo reale. Il valore dei dati e delle informazioni trattate dall’Amministrazione regionale verrà condiviso e reso accessibile ai cittadini ed alle imprese.
I partners di go-on-fvg sono:
ANCI FVG - Area Science Park - AsCI - CNA - COMET - Comune di Udine - Confartigianato Udine - CONFAPI FVG Confindustria - Consorzio Friuli Formazione - Cramars - DITEDI - EnAIP FVG - Friuli Innovazione - Fondazione Kennedy - ForSer - Immaginario Scientifico - IRES FVG Impresa Sociale - .LAB Centro Solidarietà Giovani "Giovanni Micesio" ONLUS - L'Università delle LiberEtà del FVG - Legacoop Fvg - Media Educazione Comunità Mod-o - Polo Tecnologico di Pordenone "Andrea Galvani" - The Hub Trieste - Trieste Social - Università degli studi di Trieste.
I giovani del Collegio Uccellis di Udine si confrontano sul tema della malattia mentale
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- Categoria: Scuola ed educazione
- Pubblicato Sabato, 19 Aprile 2014 20:15
- Scritto da Timothy Dissegna
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Udine - Isolare il diverso, fingere che non esista è sempre stato un tratto caratteristico della nostra società. Chi è matto bisogna rinchiuderlo in manicomio, lontano da tutti, e lì deve rimanerci. Possibilmente fino alla morte.
Il folle non è "umano" per la gente "perbene", è più simile a una bestia che va tenuta incatenata in modo che non faccia del male a nessuno. Ma soprattutto alle persone "normali".
L'uomo è destinato a vivere nell'ignoranza se non comincia a capire chi si trova dietro quel muro che non vuole oltrepassare. Ed è il confine che martedì 18 aprile il "Collegio Uccellis" di Udine ha tentato di superare, durante l'assemblea all'auditorium Zanon, dedicata proprio alla malattia mentale, argomento che troppo spesso viene ignorato con facili battute.
L'Educandato, invece, ha voluto prenderlo di petto ed è stato proiettato il film "C'era una volta la città dei matti...", prodotto dalla Rai e basato sulla lotta di Franco Basaglia per chiudere i manicomi. Lo psichiatra, che lavorò a Gorizia e Trieste, cambiò completamente il mondo della medicina, battendosi affinchè i "matti" venissero trattati come persone e non animali da soma.
Proprio nella nostra regione, Basaglia aprì i manicomi e gettò le basi della famosa legge 180 che rivoluzionò la psichiatria, ridando dignità ai malati ricoverati. Un film molto forte che non lascia niente in sospeso, arricchito dalle parole dello psichiatra dott. Renzo Bonn, che conobbe Basaglia di persona a Trieste.
L'ospite ha spiegato agli studenti che il dualismo "matto-criminale" non esiste, i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non lo provano, mentre sono gli stessi malati a essere più spesso soggetti a violenze. Soprattutto le donne.
Ma chi si può dire veramente sano o malato? è una linea cosí sottile che spesso non ci rendiamo nemmeno conto di superare. Fin dal 1904 in Italia c'erano leggi che isolavano i "matti" dalla società perché "pericolosi", degradando quelle persone a "pezzi guasti" di una società malata di sé. Solo alla fine degli anni '70 questo è finito, ma l'isolamento in cui l'Occidente ha deciso di lasciarsi cadere sembra non voler finire. E ciò uccide ancora la dignità degli esseri umani.
Timothy Dissegna
Invalsi, lusso barocco e povertà della scuola. In maggio arrivano i questionari
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- Pubblicato Giovedì, 03 Aprile 2014 21:44
- Scritto da Roberto Calogiuri
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Trieste – Come ogni primavera, con puntualità astronomica, il mondo della scuola si prepara ad accogliere il test che sarà somministrato in maggio da Invalsi, il discusso Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione.
Croce per insegnanti, studenti e famiglie che lo giudicano invadente e male orientato. Delizia per chi si aspetta – finalmente – una valutazione della produttività della scuola pubblica. In ogni caso, l’Invalsi si trascina dietro, sempre, un discreto fardello di polemiche: servirà o no? E a chi? E cosa misurerà effettivamente?
Perché, a detta degli insegnanti, la natura di queste prove è l’esatto opposto delle prove formative che si svolgono quotidianamente nelle classi - in parte nella forma e principalmente nella sostanza - e, soprattutto, sono rigorosamente scritte e quindi valutano sono un versante della prestazione individuale e della personalità dello studente. Di conseguenza non disegnano un profilo attendibile della scuola.
Secondo genitori e studenti, attraverso domande mirate e indirette i questionari spiano nelle case, nelle abitudini casalinghe, nei titoli di studio dei familiari. In una parola, fanno indagini di mercato al servizio delle grandi multinazionali della comunicazione.
Delle profonde implicazioni economiche che premono per fare della scuola un serbatoio di potenziali consumatori abbiamo già parlato - qui il collegamento - (e molto altro ci sarà da dire come, a esempio, il controllo del processo di trasformazione della scuola).
Quest’anno, però, la revisione della spesa, il nuovo rimpasto governativo e un paio di sentenze del tar inducono a qualche calcolo economico, sia pure quelli che chiamano i conti della serva e - perché no? - a qualche pettegolezzo, tanto per ingannare l’attesa e stimolare la curiosità.
Per cominciare, vale la pena riflettere su alcuni dati forni dall’USB-Scuola: per le prove del 2012 lo stato ha speso 7,4 milioni di euro in buona parte finiti nelle tasche delle 45 persone in organico e dei coordinatori che hanno organizzato la somministrazione a circa 3 milioni di studenti e hanno guadagnato da 180 euro a prestazione fino ai 450 euro lordi al giorno per un dirigente scolastico in pensione. La retribuzione del direttore generale nel medesimo anno è stata di € 152.886,93; quella di un dirigente di II fascia di € 92.588,59.
Il tutto nonostante Renzi abbia stimato la cifra di cui gli edifici scolastici avrebbero bisogno per essere messi a norma o, semplicemente, in sicurezza.
Inutile sottolineare che gli insegnanti in cattedra risultano già pagati sia per la sorveglianza in orario di servizio che per la tabulazione che avviene extra orario. Molte organizzazioni sindacali sono pronte a impugnare i provvedimenti che i presidi adotteranno per obbligare gli insegnanti ad un lavoro che non è contemplato dal contratto nazionale.
Eppure l’Invalsi è commissariato da alcuni anni e rischia di rimanere senza fondi. Creatura del Miur ma dipendente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, non offre garanzie occupazionali ai suoi precari che sono la metà dell’organico - come denunciano alcune assemblee sindacali - e non sembra poter garantire un’adeguata copertura della gestione né delle le attività istituzionali.
Se Invalsi sarà capace di assicurare i prossimi test, dunque, rimane da vedere. Forse, seguendo le direttive del neo premier, dovrà mettere all’asta la sua auto blu per quanto non blindata e poco appetibile, (€ 6.500 nel 2010), quella che i suoi dipendenti usano per coprire la distanza tra la stazione di Frascati e la sede dell’istituto, Villa Falconieri nonostante, secondo lo stesso sito Invalsi, la villa sia facilmente raggiungibile a piedi (1 chilometro).
Pomposa costruzione barocca (nella foto di apertura), Villa Falconieri è stimata 20 milioni di euro e tanto scalcinata da aver bisogno di 259.000 € all’anno di spese di manutenzione, 70.000 € all’anno per le pulizie e 40.000 € per il riscaldamento. Se si considera che vi è un bagno per 30 persone e che molti spazi non rispettano le norme di sicurezza, gli ascensori sono rotti e gli ambienti umidi per le infiltrazioni, l’affitto è un vero affare: 1.260 € mensili. Monumentale di fuori, fatiscente all'interno, in effetti ha qualcosa in comune con gli edifici scolastici italiani.
C'è di che sospettare che a qualcuno convenga tenere in piedi questo baraccone barocco. Il timore più diffuso è che si voglia dare una giustificazione alla politica di tagli, accorpamenti e riduzioni di personale che dovrebbero garantire il risparmio della spesa pubblica
Nel frattempo è stato nominato il nuovo Presidente nella persona della prof.ssa Anna Maria Ajello, ordinario presso la facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università di Roma, esperta di profilo internazionale in materia di apprendimento e valutazione delle competenze e il cui motto è - dice - una frase di Cipollone, il primo presidente dell’Invalsi: ”L’Invalsi deve fornire misurazioni, non valutazione. E deve fermarsi sempre sulla soglia delle scuole”.
“L’insegnante è sottovalutato – prosegue la Presidente - l’insegnante è come il medico e come il magistrato, la sua è un’alta professione sociale”. Giusto! Ma poi aggiunge che si deve abbandonare la “sacralità del professore” (del tipo “i voti li do io”).
Ma allora l’insegnante come dev’essere? Eminente ma non troppo? Venerabile ma non sacro? Alto ma modesto? Difficile conciliare la contraddizione. Però, affinché la similitudine sia perfezionata, si potrebbe iniziare da un passo molto semplice: far concordare anche i compensi tra medici, magistrati e insegnanti.
Nel complesso, sembra ci sia aria di innovazione nel futuro dei questionari. E già i Cobas si preparano alla lotta. Manca un mese.
[Roberto Calogiuri]
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