Politica
Election day in FVG, serrato botta e risposta tra Renzo Tondo e la sfidante Debora Serracchiani
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- Pubblicato Lunedì, 10 Dicembre 2012 17:48
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Udine - I precipitosi eventi della politica nazionale rimbalzano velocemente dalle nostre parti: "Non mi dimetto per l'election day" ha affermato lunedì 10 dicembre il presidente del Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo (Pdl).
Per Tondo, che ha definito "inevitabile la discesa in campo di Berlusconi", il progetto del "Popolo del Fvg per Tondo" non cambierà, anche se slitterà la convention per la nascita del soggetto politico regionale, inizialmente prevista per il 16 dicembre. "Si farà il 18 gennaio - ha concluso - in un capannone a Manzano" in provincia di Udine.
"Il no a priori all’election day è un gesto di arroganza, anche verso i soldi dei contribuenti". ha replicato la candidata presidente della Regione Debora Serracchiani, commentando le dichiarazioni di Tondo.
Da parte sua Tondo ha confermato che ci sono ancora le condizioni affinché il Parlamento possa approvare per tempo il disegno di legge costituzionale per la riduzione del numero dei consiglieri in Friuli Venezia Giulia, prima delle prossime elezioni.
Il presidente della Regione, ancora nella giornata di oggi, ha inviato al presidente della Camera dei deputati, Gianfranco Fini, una lettera con la quale sollecita l'inserimento in calendario della seconda e definitiva lettura del ddl costituzionale, dopo aver verificato con la segreteria generale della stessa Camera la fattibilità tecnica di questo passaggio.
"Abbiamo aperto una strada - ha detto - per la riduzione dei costi della politica, e vogliamo portarla fino in fondo". Tondo ha anche confermato il 21 aprile come data per tenere le elezioni regionali, contestualmente a quelle degli Enti locali del Friuli Venezia Giulia in scadenza.
Dura la replica di Debora Serracchiani: "Tondo tenta di girare le carte in tavola ma la realtà è sotto gli occhi di tutti: lui dipende sempre da Berlusconi e non vuole mollare la sedia fino alla fine. E sia chiaro che sono stati proprio Berlusconi e il Pdl a terremotare il Paese e la nostra Regione, mettendo a forte rischio anche l'unica riforma possibile ovvero il taglio dei consiglieri regionali. Ora non basta una lettera a Fini per scaricarsi la coscienza: Tondo deve mettere sul tavolo la sua disponibilità a dimettersi, se necessario".
La Guardia di Finanza di Trieste setaccia i conti dei gruppi politici del Consiglio regionale del FVG
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- Pubblicato Martedì, 04 Dicembre 2012 19:36
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Trieste - La Guardia di Finanza, Nucleo di polizia tributaria di Trieste, su delega della Procura regionale della Corte dei conti, ha acquisito il 4 dicembre nella sede del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, a Trieste, la documentazione relativa alle spese di rappresentanza sostenute dai Gruppi consiliari del 2011. L'operazione è stata effettuata nelle sedi di tutti i gruppi politici regionali.
Sarebbero in corso sequestri di documentazione contabile. Fonti della Procura della Corte dei Conti, interpellate dalle agenzie di stampa, hanno riferito che le verifiche riguardano tutti i gruppi regionali. "Partiamo da qualcosa", hanno indicato le fonti. Si vuole fare luce sulla possibile "incidenza eccessiva" di pranzi, cene ed altri costi "di rappresentanza" nei conti dei gruppi consiliari.
Il presidente del Consiglio regionale Maurizio Franz precisa che l'operazione si è svolta con la piena collaborazione degli uffici e dei Gruppi consiliari. Renzo
Tondo, presidente della Regione, parla di verifica "legittima anche alla luce di ciò che è accaduto con altre regioni che hanno sforato a destra e a sinistra. Per quello che ne so qui le cose sono sempre andate nell'ambito della correttezza, comunque - ribadisce - è una cosa che riguarda il Consiglio".
"Non abbiamo niente da nascondere, abbiamo subito consegnato i documenti", dice ancora il capogruppo del Pd, Gianfranco Moretton.
Scontri tra polizia e manifestanti in Slovenia dopo l'elezione di Pahor. Proteste contro corruzione e austerità
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- Pubblicato Martedì, 04 Dicembre 2012 10:14
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Maribor (Slo) - Almeno 12 persone sono state ferite nella serata del 3 dicembre a Maribor, seconda città della Slovenia, in scontri tra la polizia e manifestanti scesi in piazza ancora una volta per protestare contro i tagli di bilancio e il carovita nel Paese colpito da una fortissima recessione.
Per contrastare i dimostranti - tra i 6.000 e i 10.000 a seconda delle fonti - i poliziotti hanno fatto uso di gas lacrimogeni. Dal canto loro i manifestanti poco prima delle 18 avevano cominciato a lanciare sassi, bottiglie incendiarie e ordigni pirotecnici contro il Municipio invocando anche le dimissioni del sindaco della città, Franc Klanger, accusato di corruzione. Una quarantina, secondo le ultime informazioni, sono le persone arrestate dalla polizia.
L’ombra della corruzione accende la miccia del malcontento e fa saltare la polveriera di una Slovenia minacciata da imponenti politiche di austerità.
Polizia in tenuta anti-sommossa e manifestanti si sono scontrati nelle vie del centro, dove in migliaia si erano radunati per affidare a un simbolico falò davanti al Comune l’appello alle dimissioni del sindaco Frank Kangler, su cui da settimane pesano accuse di corruzione.
Sul malessere generato dal caso di Kangler, espulso a novembre dal partito conservatore, ha poi fatto da detonatore l’elezione di Borut Pahor alla guida del Paese.
Proteste contro il neo-presidente sono avvenute anche a Lubjana e in altre quattro città. Nel mirino, la promessa di politiche di austerity e l'aumento dell’età pensionabile, che poco più di un anno fa erano già costate a Borut Pahor la poltrona di primo ministro.
Il leader socialdemocratico era stato eletto domenica al ballottaggio nuovo presidente della Slovenia con il 67,3% dei voti. Pahor ha sconfitto nettamente il capo di Stato uscente Danilo Turk, liberal-progressista (32,7%), in un paese afflitto dalla crisi dopo anni di crescita e alle prese con un malcontento sociale crescente.
Con il 42-43 per cento di votanti, queste sono state infatti le elezioni slovene con la più bassa partecipazione in assoluto. Per la stampa ciò è da attribuire in primo luogo a un profondo sentimento di sfiducia di molti sloveni verso la loro classe politica, testimoniato dalle manifestazioni di massa contro la "casta politica", che hanno fatto registrare scontri violenti tra gruppi di "indignati" e polizia.
Solo pochi anni fa la Slovenia veniva indicata come lo Stato economicamente più progredito tra quelli dell'ex Europa socialista diventati membri dell'Ue. Oggi, con una grave crisi d'insolvenza del sistema bancario, il debito pubblico che ha toccato il 50 per cento del Pil e la disoccupazione sopra il 10 per cento, Lubiana è sempre più spesso citata tra i Paesi che potrebbero chiedere aiuto al fondo salva-stati europeo.
Pahor ha affermato che "i problemi della Slovenia sono simili a quelli dell'intera Unione europea. E possono essere risolti solo con una nuova iniezione di fiducia nelle istituzioni e un dialogo tra tutte le parti politiche".
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