Una Teheran neorealista e on the road nell'ultima opera-denuncia di Jafar Panahi
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- Pubblicato Martedì, 01 Settembre 2015 11:00
- Scritto da Timothy Dissegna
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Udine - La libertà d'espressione è uno di quei diritti che non ha mai goduto di tanta popolarità tra i piani "alti" del potere. Lo sa bene il regista Jafar Panahi, più volte censurato nel proprio Paese, l'Iran, nonostante i suoi film abbiano ricevuto gli applausi della critica internazionale.
Ma lui non si è fermato, ha continuato a raccontare e denunciare con la cinepresa la follia estremista della sua madrepatria, tanto da essere arrestato e continuamente sorvegliato dal governo. E anche così non ha gettato la spugna: pochi giorni fa, infatti, è uscito nelle sale italiane Taxi Teheran, suo ultimo lavoro e in proiezione anche al Visionario di Udine.
Il terzo da quando è stato condannato a 20 anni e primo girato all'esterno, è un docu-film con lo stesso Panahi protagonista, al volante di un taxi che trasporta un vasto campione umano degli abitanti della capitale iraniana in giro per la città. Il tutto filmato con una telecamera posizionata sul cruscotto, che riprende ininterrottamente per 82 minuti.
Non c'è trama se non le vite stesse dei clienti, amici e parenti che si alternano sui sedili dell'auto. Sembra tutto spontaneo, all'inizio sembra veramente di guardare una specie di reality show che sfida il governo, ma il tutto è racchiuso tra le mura strette della finzione, che "salva" i personaggi dalle loro parole troppo libere, in un regime che ha fama di essere poco tollerante.
Ci sono una maestra di scuola elementare che discute animatamente con un uomo convinto che il crimine si combatta con l'inasprimento della pena di morte; un venditore di DVD pirata, ovvero l'unico collegamento tra chi in Iran vuole vedere guardare un film e il resto del mondo, oltre la censura rigida dell'Ayatollah.
Tra tutti i personaggi, però, sono gli ultimi tre che raccontano con più drammatico realismo il presente nel loro Paese: tra questi, la nipotina del regista, che gesticola come una che la sa lunga ma sotto la simpatia che trasmette si cela lo spettro perverso di un sistema politico, che manipola le menti fin dalla scuola. Perfino girare un cortometraggio per un progetto di classe diventa un'occasione per seguire i precetti di un esibizionismo teologico folle e bieco, e lo zio lo sa bene.
C'è poi un amico d'infanzia di Panahi, che gli rivela un segreto che gli brucia dentro, costretto a tenerselo in silenzio per spirito umano. Perché il regime totalitario arriva fino a questo: costringerti a scegliere tra il chiedere giustizia e punire cosi in modo atroce i colpevoli, o rimanere zitto ed evitare così a qualcuno atroci sofferenze.
Le stesse che subisce psicologicamente Nasrin Sotudeh, avvocato che da anni combatte per i diritti umani e osteggiata dal governo. Con un mazzo di rose in mano diventa la "signora dei fiori", riferimento non casuale a una speranza lenta a morire, seppur pericolosa con le sue spine. E che alla fine non arriva, quantomeno nel film: la finzione arriva così vicino alla realtà che fa accapponare la pelle.
Questo film è senz'altro una denuncia decisa verso la censura iraniana, ma non lo fa nei migliore dei modi, almeno per lo spettatore che assiste a un'ora e venti di filmato ininterrotto. I particolari riescono a emergere soltanto dopo, rischiando di far perdere a chi guarda la sostanza di un'opera che ha vinto meritatamene l'ultimo Orso d'oro a Berlino.
Tra le vie di Teheran, emergono chiare due cose: il neorelismo “a colori” impresso in tutto il film, il cui culmine è la sofferenza di un uomo gravemente ferito e sangunante che, insieme alla moglie, raggiunge a bordo del taxi l’ospedale; e la pessima abilità di autista del regista, nel traffico selvaggio di Teheran.
Ah sì, ancora una cosa: i “non-titoli di coda” alla fine, poiché il il Ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico non ne ha dato l’autorizzazione. Ma il dissenso può anche non avere nomi, ma avrà sempre volti.
A Grado ritorna Lagunafest per “Immaginare ponti”
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- Pubblicato Giovedì, 30 Luglio 2015 11:12
- Scritto da redazione ilfriuliveneziagiulia
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Grado (Go) – “Eviterete un sacco di preoccupazioni inutili, se non bruciate i ponti prima di esserci arrivati” suggeriva Arthur Bloch, l’autore della “Legge di Murphy”. Un semplice consiglio di buon senso, talmente attuale e universale che, fra profano e sacro, riecheggia nell’esortazione del Santo Padre: “Costruite ponti, non muri”, raccomanda Papa Francesco alle piazze dei suoi fedeli, da Sarajevo a San Pietro.
“Immaginare ponti. Like a bridge” è la suggestione tematica di Lagunafest 2015, in programma come sempre a Grado e in Laguna da martedì 4 a venerdì 7 agosto, con un incipit d’eccezione: il backstage di un set indimenticabile, quello della “Medea” di Pier Paolo Pasolini, rievocato 46 anni dopo e nei 40 anni dalla scomparsa del geniale poeta, scrittore e regista di Casarsa.
Una serata, quella inaugurale di Lagunafest – martedì 4 agosto, alle 21 nella Diga Nazario Sauro - che sarà prefigurazione del documentario di produzione di Lagunafest, “L’isola di Medea”, dedicato quel set e ai grandi protagonisti che riunì a Grado nell’estate 1969: al festival eccezionalmente farà tappa l’attore Ninetto Davoli, testimone di quelle riprese e di quel periodo del percorso artistico di Pier Paolo Pasolini, insieme ad altri protagonisti di quei venti giorni che trasformarono Grado e la laguna in un palcoscenico a cielo aperto per una “Medea” d’eccezione, formato pellicola.
La serata inaugurale di Lagunafest, condotta dal direttore artistico del festival Sergio Naitza, sarà dunque prefigurazione del documentario di produzione di Lagunafest: autore e cineasta di vaglia (Nastro d’argento 2013 per il suo “L’insolito ignoto”), Sergio Naitza curerà un backstage prezioso per dipanare le grandi e piccole storie, gli aneddoti e i momenti clou legati alla lavorazione di “Medea” in laguna e a chi, come il pittore Giuseppe Zigaina, ne era stato grande ispiratore. Alla conversazione prenderà infatti parte anche Maria De Carolis, la moglie di Giuseppe Zigaina, testimone di quella fantastica estate e di quell’irripetibile incontro lagunare con la ‘diva’ Maria Callas.
Con la sua 12^ edizione, Lagunafest inaugura una nuova fascia di incontri legata al percorso centrale 2015, “Rai, ponte con il territorio’, dedicato alla sede regionale Rai Friuli Venezia Giulia e alle sue produzioni documentarie: mercoledì 5 e giovedì 6 agosto, il Grand Hotel Astoria sarà sede di incontri e proiezioni, a cominciare da “Effetto Carnia. Di altri viaggi, di altre storie”, realizzato dalla regista Claudia Brugnetta e dedicato alla “Carnia altra”, vista con gli occhi dei suoi “testimonial” naturali come l’atleta Giorgio Di Centa, ma anche con lo sguardo appassionato di protagonisti “insospettabili”, come il musicista Paolo Fresu e come lo scrittore Gian Mario Villalta, direttore artistico di pordenonelegge, che dialogherà con l’autrice nell’appuntamento d’esordi, mercoledì 5 agosto, ore 18.30.
Giovedì 6 agosto, sempre alle 18.30 al Grand Hotel Astoria, appuntamento con il documentario firmato da Cristiano Degano, responsabile della struttura di programmazione in lingua italiana della sede Rai FVG: “Storie di confine, fra giornalismo e scrittura di frontiera” presenta sei interviste con scrittori che vivono sul confine - Claudio Magris, Paolo Rumiz, Pier Aldo Rovatti, Veit Heinichen, Fulvio Tomizza e Boris Pahor – per indagare cosa significa vivere i confini e ritrovarsi a scriverne, da scrittori e/o da giornalisti, attraverso parole mediate da ricordi ed esperienze personali.
Evento serale del percorso strutturato in collaborazione con la sede Rai Fvg, al tempo stesso omaggio a Grado, al Golfo del Nord Adriatico e ai suoi caleidoscopici fondali sarà “La frontiera sommersa”, un documentario scritto e diretto da Pietro Spirito e Luigi Zannini, in proiezione giovedì 6 agosto alle ore 21, Diga Nazario Sauro. Ne converseranno gli autori con Cristiano Degano in una serata condotta dalla giornalista Rai Marinella Chirico: sarà l’occasione per abbracciare la storia del nord-est attraverso i relitti che sono a poco a poco riemersi dai flutti.
Evento intimamente legato all’acqua, bene pubblico del pianeta, sarà la proiezione di mercoledì 5 agosto, Diga Nazario Sauro, alle ore 21, dedicata al docufilm “Il bacio azzurro” del regista Pino Tordiglione, protagonisti gli attori Sebastiano Somma e Claudio Lippi, protagonisti della conversazione che sarà condotta dal critico televisivo Gian Paolo Polesini.
Per il gran finale venerdì 7 agosto, Lagunafest salperà verso il cuore della laguna alle 18.30, Porto vecchio, con una serata ricca di proposte e protagonisti: lo scrittore Pino Roveredo, sarà innanzitutto protagonista di “Mandami a dire: la scrittura, ponte di libertà”, l’incontro on board che rievocherà le esperienze della vita e della carriera di Pino Roveredo, per focalizzare sul suo impegno, personale e letterario, a favore degli ‘esclusi’ e di occupa le sedie più scomode nella variegata platea del teatro della vita. Alcune della pagine più toccanti di Pino Roveredo echeggeranno nelle letture a cura dell’attrice Sara Alzetta.
Lagunafest approderà quindi sull’isola di Anfora – Porto Buso, per la tappa conclusiva del progetto Trincee di Laguna: 100 anni dopo. “Cibo, ponte con la storia” sarà il leit motiv, per ritrovare le atmosfere ma anche i ‘sapori’ di quelle trincee: un viaggio nel cibo della Grande Guerra che ha spesso unito soldati ignari, da una trincea all’altra, nel segno di una tradizione agroalimentare che aveva molte radici comuni fra le genti, malgrado il cippo dei confini. Scopriremo così perché il caffè è entrato nella colazione degli italiani, proprio dagli anni della Grande Guerra, e perché il riso è rimasto in fondo il piatto dei popoli ‘del nord’, nell’immaginario di tanti soldati spediti al fronte dal centro e sud Italia. Gli scrittori, e storici, Pietro Spirito e Alessandro Marzo Magno ci accompagneranno in questo viaggio nei palati di trincea, scandito anche da una selezione di testi e memorie dal fronte, per la voce recitante dell’attore Alessandro Mizzi.
Promosso come sempre dall’Associazione Europacultura con il Comune di Grado, ideato da Sergio Naitza, Daniela Volpe e Paola Sain, Lagunafest 2015 trova la collaborazione della Provincia di Gorizia e di Banca di Cividale, ed è realizzato in sinergia con la sede Regionale Rai Friuli Venezia Giulia, Grand Hotel Astoria, GIT Grado e Comelli vini.
Info www.lagunafest.it Tutti gli eventi sono proposti a ingresso libero, prenotazioni per l’escursione lagunare conclusiva presso Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. tel 043182929 – 043182347
“I nostri Angeli reportage” in onda su Rai 1
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- Pubblicato Mercoledì, 29 Luglio 2015 10:32
- Scritto da redazione ilfriuliveneziagiulia
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Trieste – In onda su Rai1 venerdì 31 luglio, in seconda serata alle 23.30, “I nostri Angeli reportage” 2015, una produzione dedicata ai servizi e reportage pervenuti al Premio Luchetta in occasione dell’edizione 2015 che si è conclusa il 2 luglio scorso a Trieste.
Il Premio Luchetta è testimonianza giornalistica, prima che competizione: è lo sguardo sul mondo e sulle sue trincee, alle più svariati latitudini del pianeta. Per questo Rai1, per il secondo anno, ha deciso di offrire al pubblico televisivo una selezione delle corrispondenze e dei temi approfonditi quest’anno. Il programma sarà condotto da Alberto Matano, volto noto ai telespettatori del Tg1: proprio lui aveva presentato “I nostri Angeli” dal Politeama Rossetti di Trieste, in onda sempre su Rai1 il 10 luglio scorso.
Il cuore dell’inviato di guerra e il cuore dei bambini che non si arrendono all’orrore delle realtà drammatiche nel mondo battono spesso all’unisono: lo documenta il Premio di giornalismo dedicato a Marco Luchetta, Alessandro Ota, Dario D’Angelo e Miran Hrovatin.
Ogni anno al Premio Luchetta arrivano centinaia di filmati dalle emittenti tv internazionali, e il meglio della produzione televisiva italiana e straniera viene visionata dalla giuria: servizi e reportage che con la forza prorompente delle immagini ci raccontano realtà inimmaginabili.
“I nostri Angeli reportage” partirà dalla vicenda delle sorelle siriane Qamar e Rahaf, che stavano dormendo nel loro letto quando una bomba ha colpito la loro casa. Una storia drammatica raccontata con grande intensità da Caroline Hawley della BBC. Ma l’inviato di guerra si trasforma talvolta da testimone in protagonista: è accaduto a Jonathan Rugman della BBC quando, in Iraq sul Mount Sinjar, è salito sull’elicottero militare in missione per portare soccorso ai rifugiati Yazidi facendo salire a bordobambini disidratati e affamati.
Quel reportage gli è valso il Premio Luchetta 2015 per il miglior servizio giornalistico. Uno sguardo speciale sarà dedicato al miglior reportage del Premio Luchetta 2015, vinto da Pablo Trincia per La7: la storia dell’'imbianchino bosniaco Ismar Mesinovic, residente in provincia di Belluno, partito con il figlioletto Ismail di appena due anni per le vacanze di Natale dai suoi parenti in Bosnia. Ma arrivato invece nelle file dell’Isis insieme al bimbo, di cui la madre ha perso le tracce.
Sarà proiettata anche la testimonianza del reporter di VICE News Medyan Dairieh che ha trascorso tre settimane sotto copertura all’interno dello Stato Islamico in Iraq e in Siria, documentando per la prima volta le attività e i metodi educativi adottati nei confronti dei bambini: un reportage davvero straordinario. E il viaggio si concluderà in Sierra Leone per documentare uno dei centri di cura per malati di Ebola: una testimonianza inedita firmata da Pietro Suber per News Mediaset. Il commento conclusivo del programma sarà affidato ad Andrea Iacomini, portavoce Unicef Italia, membro della Giuria del Premio Luchetta.
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