Il countdown è terminato: al via Far East Film 2012
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- Pubblicato Giovedì, 19 Aprile 2012 11:52
- Scritto da Fabiana Dallavalle
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Venerdì 20 aprile, sotto i riflettori dell’opening night, l’irresistibile Sunny e il nerissimo Hard Romanticker.
Il countdown sta per toccare lo zero: mancano pochissime ore all’apertura ufficiale di Far East Film, il grande Festival friulano dedicato al cinema popolare asiatico in programma al Teatro Nuovo “Giovanni da Udine” e al Visionario dal 20 al 28 aprile! Con 57 titoli (più 5 cortometraggi), l’edizione numero quattordici documenterà le tendenze cinematografiche dell’Estremo Oriente emerse negli ultimi 12 mesi.
All’interno della selezione (la squadra del FEFF ha esaminato più di 400 pellicole) ci saranno 2 anteprime mondiali, 14 anteprime internazionali e 16 europee: il meglio delle produzioni di Cina, Hong Kong, Taiwan, Giappone, Corea del Sud, Thailandia, Malesia, Indonesia, Filippine e Singapore.
Ad aprire ufficialmente le danze, domani 20 aprile, sarà la prima italiana del coreano Sunny, visto in patria da più di 7 milioni di spettatori. Il regista Kang Hyoung-chul, che aveva già divertito il pubblico udinese con Scandal Makers (2° posto all’Audience Award 2009), ha realizzato un’irresistibile commedia corale, spassosa e commovente, sull’amicizia femminile: un’opera dove passato e presente si scambiano continuamente la pelle, tra nostalgia e sorrisi, musica e lacrime, per ricordarci che “l’unione fa la forza” non è solo una formula ormai fiacca e vuota.L’opening night proseguirà, quindi, con la prima europea del giapponese Hard Romanticker: Cupo e crudele, il film racconta le avventure violente del giovane delinquente Gu, ispirato alla vera vita del regista (Gu Su-yeon). La storia si sviluppa con ritmo sostenuto e propulsivo e sprazzi di umorismo nero, completamente immersa in un’atmosfera nerissima (lotta fra bande, sesso, droga). Per i critici internazionali, la risposta nipponica al supercult Arancia meccanica.
Se moltissime attese – com’è prevedibile – sono concentrate sulla prima mondiale di Thermae Romae, il fantasy-peplum di Takeuchi Hideki, è ovviamente impossibile concentrare tutti gli highlight del Festival in poche righe: c’è davvero l’imbarazzo della scelta, dal ritorno del mitico Johnnie TO alle numerose commedie d’amore, dalle sorprese targate Sudest Asiatico all’esplosiva closing night con The Viral Factor di Dante LAM.
Il FEFF 14, però, non darà spazio soltanto all’Oriente contemporaneo ma anche al suo passato, studiando attraverso 10 titoli uno dei periodi più scuri (ma, culturalmente, più fertili) della storia della Corea del Sud: gli anni Settanta. The Darkest Decade, questo il titolo della preziosa retrospettiva firmata da Darcy Paquet, racconterà come a dispetto dell’ambiente politicamente e socialmente duro, repressivo, caratterizzato da una feroce censura alcuni registi abbiano scelto, con grandi risultati, di rimanere attivi per tutto il decennio, producendo così alcune delle opere più memorabili della storia del cinema nazionale.
Novità del 2012, oltre alla fiera dell’Est (Fareastville) che animerà il centro cittadino per tutta la durata del Festival assieme all’atteso Cosplay Contest del 22 aprile, la programmazione di due mostre: la prima, in collaborazione con l’associazione Hamelin di Bologna, incentrata sul nuovo fumetto cinese, e la seconda sugli scatti d’autore del grande regista cinese Zhang Yuan, che ci premetterà di conoscere più da vicino i giovani outsider di Pechino (Beijing Flickers).
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Manuela Galliussi, attrice udinese di casa a New York
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Lunedì, 02 Aprile 2012 09:23
- Scritto da Fabiana Dallavalle
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Manuela Galliussi, udinese, “iniziazione allo spettacolo” nel più classico dei modi, con la danza, al Piccolo Teatro Città di Udine, “volevo fare la ballerina” dice, poi la folgorazione con il teatro di parola, la volontà ferrea di chi si è allenato con la danza, unita ad un talento e ad un carattere solare che aiuta, soprattutto in un mestiere che non risparmia le delusioni, nemmeno ai più bravi. L’abbiamo intervistata in un momento in cui la sua vita professionale sta procedendo spedita verso la concretizzazione di una passione che ormai è mestiere, così per non perdere il filo con una giovane donna friulana che ha scommesso, con coraggio su sé stessa. Allora Manuela cominciamo dall’inizio. Oddio…vado random…scrivo di getto quello che mi viene...dunque parto dicendo che volevo danzare, avevo sette anni quando ho iniziato, e poi nove quando ho cominciato a fare teatro…mi era chiaro da subito che quella sarebbe stata la mia vita. Ricordo che dopo uno spettacolo ( avevo 13 anni) mio fratello mi disse: sei fortunata perché la tua passione può essere il tuo lavoro, la tua vita. Mi pare che Andrea, tuo fratello, avesse ragione. Infatti. A 18 anni mi trasferisco a Roma mi diplomo alla Silvio D’amico e inizio a lavorare al cinema e in televisione. Ho avuto la fortuna di lavorare con registi sensibili e attenti come Valerio Binasco, il quale mi ha affidato nella sua prima regia cinematografica il ruolo di Valentina, una ragazza non vedente e con Fulvio Ottaviano che con “La talpa al bioparco” mi ha fatto scoprire il mio lato comico. Nell’agosto nel 2006 mi trovo “costretta” a rimanere a Roma per girare un film : un thriller psicologico su un gruppo di sopravvissuti. Un mio amico mi chiama e mi parla di questa “acting coach” americana, Susan Batson che lavora con Juliette Binoche e Nicole Kidman: “ Manu fa un seminario per dieci giorni a Roma”. Ti sarai detta ancora seminari, un classico in Italia, tanto per prendere tempo. Già, sai i tempi, nel mio mestiere, tra un lavoro e l’altro vanno usati altrimenti è durissima restare ad aspettare. Insomma questo mio amico insiste. Ed eccolo lì: l’incontro che ti cambia la vita. I primi tre giorni di laboratorio penso che questa donna è solo una pazza e sto spendendo male i miei soldi….e poi…bam..colpo di fulmine.
Susan mi ha insegnato cosa vuol dire ricercare la verità dentro sé stessi e come trasferirla al personaggio. Mi ha dolcemente spinto ad andare all’estero, e mi ha finalmente fatto capireo che i miei sogni non erano utopie ma erano delle belle mete da raggiungere. E così che è iniziato il tuo viaggio, Londra, Parigi, ed ora hai casa a New York, dico bene?
Si. Ho lavorato Con Juliette Binoche e Susan Batson a Parigi e nel 2009 ho ricevuto il visto artistico per poter lavorare negli Stati Uniti. Per il primo anno , pur avendo il visto, non ho messo piede in America. Volevo con tutta me stessa lavorare nel mio Paese, cambiare le cose. Nel 2010 ho fatto avanti e indietro tra impegni a Roma e Nyc, ho partecipato ad uno stupendo spettacolo teatrale “La Malattia della famiglia M” per la regia di Fausto Paravidino, che mi ha affidato il ruolo di Maria in una commedia “checoviana” in cui tutti sono malati di amore, della mancanza di amore, di comunicazione, nessuno sa dare e nessuno sa ricevere. Qualche fiction, ti abbiamo vista in “Distretto di Polizia”, “I Liceali” e “Crimini bianchi” poi la svolta con New York che diventa casa.
Proprio così, gli impegni a NYC si sono infittiti. Ho girato una webseries “The Realm” diretta da Caio Ribeiro e dei film “Days and Nighys” di Jacques Zanetti, “The prescription” di Film Medina, “When dogs run free” di Dan Cowen. Attualmente sto girando Placebo di Justin Ho e a fine mese “The Liberation of James Joyce” di Ryan Alexander. E l’Italia? Non ti manca casa tua? Voglio ancora lavorare nel mio paese ma ero troppo stanca di combattere contro un muro di gomma. I pugni e le urla rimbalzavano e mi colpivano così forte che mi avevano stordito e mi stavano mandando al tappeto.
Non è sempre facile, lontani dagli affetti e da tutto ciò che culturalmente ti è famigliare ma l’energia della sfida, della possibilità mi sono necessarie. Ora sto scrivendo una “webseries” e tra poco aprirò una casa di produzione. Così potrò anche raccontare l’Italia senza stereotipi e tenere il filo ben avvolto con la mia terra ed Udine e che è la mia memoria.
Fabiana Dallavalle
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Hindi Zahra un miscuglio di stili per un concerto che si annuncia di alta qualità al Miela
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- Pubblicato Martedì, 21 Febbraio 2017 00:34
- Scritto da Serenella Dorigo
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Trieste - Una grande serata, quella al teatro Miela sabato 25 febbraio alle ore 21.30 al teatro Miela, con un’artista internazionale come Hindi Zahra, che riassume con la sua musica diverse provenienze e diverse culture, un vero miscuglio di stili che ha per filo conduttore la sua affascinante e bellissima voce.
C’è chi l’ha definita “la Patti Smith del Nordafrica” e chi si è spinto ad azzardare analogie addirittura con Billie Holiday. La critica internazionale la inserisce in una prestigioso elenco di paragoni musicali che comprendono Beth Gibbons dei Portishead, le sonorità di Manu Chao e quelle di Norah Jones.
Hindi Zahra è minuta, il volto incorniciato dai lunghi capelli neri. Appena avvicina le labbra al microfono l’orecchio si tende con dolcezza in modo irresistibile catturato da melodie originali, sostenute da accenti gitani o da un cenno di blues mentre il tempo si sospende in un’intimità poetica sostenuta da un timbro felino difficile da dimenticare.
Per lei la musica è una questione di famiglia e un po’ il romanzo della sua vita. Nata in Marocco a Khouribga, a 15 anni si trasferisce in Francia con il padre. Trova lavoro al Louvre e nel frattempo scrive qualcosa come 50 canzoni. Nel 2009 esordisce con un ep omonimo e l’anno dopo esce il suo primo album registrato in studio dal titolo Handmade, un piccolo gioiello musicale: intimo, essenziale, leggero e che contiene, tra le altre, la straordinaria "Beautiful tango" una ballata con accenti di eterna nostalgia. Un inno all’amore che diventa un successo internazionale.
Un disco capace sia di figurare egregiamente in hit parade, sia di raccogliere concordi consensi di critica, come dimostra il Constantin Prix, riconoscimento destinato oltralpe agli esordienti ed il premio Victoires de la musique per il migliore album nella categoria Musiques du monde, tutti e due conferiti nel 2011.
Ad aprile del 2015, cinque anni dopo Handmade, esce il suo secondo album in studio: Homeland, registrato tra un riad di Marrakesh e l’oceano di Essaouira, tra uno studio di registrazione parigino e la città spagnola di Cordoba, seguendo le orme della musica gitana. Ancora più del precedente questo disco è segnato da una spiccata vocazione multiculturale. Ciò vale tanto per l’impianto musicale, frutto di un’alchimia fra tradizioni del luogo nativo e sonorità che spaziano dal jazz al blues, dal flamenco alla bossa nova, quanto per i testi. Hindi Zahra alterna qui con disinvoltura francese, inglese, arabo marocchino e tamazight, lingua dell’etnia berbera di appartenenza.
Con Homeland, Hindi Zahra torna finalmente a casa: “Tornare in Marocco è stato un sollievo per me. E’ uno dei paesi culturalmente più interessanti perché fonde elementi berberi, africani e mediterranei. Ho cominciato a viaggiare nel sud del paese, tra il deserto, le montagne e l’oceano. Questi elementi sono stati la vera espressione del movimento della vita e della sua potenza. Questo viaggio è stato la più pura forma di ispirazione per me, la musica ha sempre viaggiato mentre le radici sono le basi del nostro spirito e della nostra immaginazione".
Dopo svariati tour internazionali e la partecipazione all’album tributo per Nina Simone "Au tour de Nina", Hindi Zahra può dirsi dunque artista compiuta. A maggior ragione considerando anche l’attività parallela di attrice che l’ha portata a recitare sul grande schermo in "The Cut" di Fatih Akin, presentato nel 2014 alla Mostra del Cinema di Venezia, e "Itar el-Layl" di Tala Hadid.
Organizzazione: Bonawentura
Prevendita c/o biglietteria del teatro tutti i giorni dalle 17.00 alle 19.00.Prevendita on-line su http://www.vivaticket.it/ita/event/hindi-zahra/94023
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