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Gio04252024

Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Manuela Galliussi, attrice udinese di casa a New York

Manuela Galliussi, attrice udinese di casa a New York: La mia casa è negli Usa, il mio cuore è a Udi

Manuela Galliussi, udinese, “iniziazione allo spettacolo” nel più classico dei modi, con la danza, al Piccolo Teatro Città di Udine, “volevo fare la ballerina” dice, poi la folgorazione con il teatro di parola, la volontà ferrea di chi si è allenato con la danza, unita ad un talento e ad un carattere solare che aiuta, soprattutto in un mestiere che non risparmia le delusioni, nemmeno ai più bravi. L’abbiamo intervistata in un momento in cui la sua vita professionale sta procedendo spedita verso la concretizzazione di una passione che ormai è mestiere, così per non perdere il filo con una giovane donna  friulana che ha scommesso, con coraggio su sé stessa. Allora Manuela cominciamo dall’inizio. Oddio…vado random…scrivo di getto quello che mi viene...dunque parto dicendo che volevo danzare, avevo sette anni quando ho iniziato, e poi nove quando ho cominciato a fare teatro…mi era chiaro da subito che quella sarebbe stata la mia vita. Ricordo che dopo uno spettacolo ( avevo 13 anni) mio fratello mi disse: sei fortunata perché la tua passione può essere il tuo lavoro, la tua vita. Mi pare che Andrea, tuo fratello, avesse ragione. Infatti. A 18 anni mi trasferisco a Roma mi diplomo alla Silvio D’amico e inizio a lavorare al cinema e in televisione. Ho avuto la fortuna di lavorare con registi sensibili e attenti come Valerio Binasco, il quale mi ha affidato nella sua prima regia cinematografica il ruolo di Valentina, una ragazza non vedente e con Fulvio Ottaviano che con “La talpa al bioparco” mi ha fatto scoprire il mio lato comico. Nell’agosto nel 2006 mi trovo “costretta” a rimanere a Roma per girare un film : un thriller psicologico su un gruppo di sopravvissuti. Un mio amico mi chiama e mi parla di questa “acting coach” americana,  Susan Batson che lavora con Juliette Binoche e Nicole Kidman: “ Manu fa un seminario per dieci giorni a Roma”. Ti sarai detta ancora seminari, un classico in Italia, tanto per prendere tempo. Già, sai i tempi, nel mio mestiere, tra un lavoro e l’altro vanno usati altrimenti è durissima restare ad aspettare. Insomma questo mio amico insiste. Ed eccolo lì: l’incontro che ti cambia la vita. I primi tre giorni di laboratorio penso che questa donna è solo una pazza e sto spendendo male i miei soldi….e poi…bam..colpo di fulmine.
Susan mi ha insegnato cosa vuol dire ricercare la verità dentro sé stessi e come trasferirla al personaggio. Mi ha dolcemente spinto ad andare all’estero, e mi ha finalmente fatto capireo che i miei sogni non erano utopie ma erano  delle belle mete da raggiungere. E così che è iniziato il tuo viaggio, Londra, Parigi, ed ora hai casa a  New York, dico bene?
Si. Ho lavorato Con Juliette Binoche e Susan Batson a Parigi e nel 2009 ho ricevuto il visto artistico per poter lavorare negli Stati Uniti. Per il primo anno , pur avendo il visto, non ho messo piede in America. Volevo con tutta me stessa lavorare nel mio Paese, cambiare le cose. Nel 2010 ho fatto avanti e indietro tra impegni a Roma e Nyc, ho partecipato ad uno stupendo spettacolo teatrale “La Malattia della famiglia M” per la regia di Fausto Paravidino, che mi ha affidato il ruolo di Maria in una commedia “checoviana” in cui tutti sono malati di amore, della mancanza di amore, di comunicazione, nessuno sa dare e nessuno sa ricevere. Qualche fiction, ti abbiamo vista in  “Distretto di Polizia”, “I Liceali” e “Crimini bianchi” poi la svolta con New York che diventa casa.
Proprio così,  gli impegni a NYC si sono infittiti. Ho girato una webseries “The Realm” diretta da Caio Ribeiro e dei film “Days and Nighys” di Jacques Zanetti, “The prescription” di Film Medina, “When dogs run free” di Dan Cowen. Attualmente sto girando Placebo di Justin Ho e a fine mese “The Liberation of James Joyce” di Ryan Alexander. E l’Italia? Non ti manca casa tua? Voglio ancora lavorare nel mio paese ma ero troppo stanca di combattere  contro un muro di gomma.  I pugni e le urla rimbalzavano e mi colpivano così forte che mi avevano stordito e mi stavano mandando al tappeto.
Non è sempre facile, lontani  dagli affetti e da tutto ciò che culturalmente ti è famigliare ma l’energia della sfida, della possibilità mi sono necessarie. Ora sto scrivendo una “webseries” e tra poco aprirò una casa di produzione. Così potrò anche raccontare l’Italia senza stereotipi e tenere il filo ben avvolto con la mia terra ed Udine e che è la mia memoria.

Fabiana Dallavalle













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