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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Paolo Sorrentino e Matteo Renzi, cultura ed educazione: due provocazioni per un nuovo inizio

Paolo Sorrentino e Matteo Renzi, cultura ed educazione: due provocazioni per un nuovo inizio

Trieste - Quasi negli stessi giorni, poco tempo fa, sono apparse nel panorama della nostra società italiana ingrigita e stanca, due provocazioni su cui merita soffermarsi.

Da una parte e per la prima volta un neo Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, indica come priorità del suo programma l’impegno per la scuola da rifare e da rilanciare come base protettiva e diffusiva della formazione di nuove generazioni di italiani aperte ad un futuro più fiducioso.

Dall’altra l’ambìto premio Oscar al film italiano “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, un film discusso e discutibile come pochi altri, ma di indubbio valore culturale, che sposta l’asse dell’indagine culturale, rompendo la pigrizia collettiva del pensiero.

Eventi non comparabili e troppo diversi? Ci andrei piano a liquidare l’argomento, perché invece un filo conduttore esiste, non certo negli ambiti che restano diversi, ma nelle evocazioni che si congiungono.

Tutti sono attenti, e giustamente, a seguire e giudicare le mete di rinnovamento economico, fiscale, amministrativo, poste dal nuovo premier, pochi hanno dato importanza invece a questo impulso dell’educazione, a conferma dello storico disinteresse di molti italiani per gli aspetti educativi e relazionali delle nuove generazioni, un atavico e incomprensibile distacco, come se si potesse avanzare nella civiltà senza curare la crescita completa delle persone.

Non so se Renzi ce la farà, ma come molti italiani ancora con la testa sul collo, lo spero sul serio, altrimenti il collo non se lo romperà solo lui… Apprezzo per intanto le sue visite settimanali nelle scuole italiane e spero faccia per questo ambiente quanto è stato omesso e/o ignorato in passato.

Sul film di Sorrentino si è scatenato un putiferio di opinioni, rimane  a suo merito l'aver ripreso un cinema della  consapevolezza, della condivisione e della riflessione approfondita, un salto di qualità verso un superamento della superficialità in cui navighiamo senza neppure accorgercene.

Come fa un popolo a riprendere il cammino privo  di una forza interiore alimentata da relazioni costruttive, appoggiandosi solo sull’egocentrismo e sul lobbismo? Come fa un popolo a rinascere da uno sfacelo dei costumi, se non ne ha neppure la coscienza? L’educazione è l’indispensabile piattaforma di idee e di valori senza la quale c’è solo volgarità, disincanto, aggressività e povertà relazionale.

La cultura poi come espressione di un pensiero che si interroga e di un dibattito che non viene evitato, crea le basi di una volontà di vivere meglio e far vivere meglio oltre le derive della paura , della corruzione, del fanatismo di sé.

Se nella crisi ci vogliamo restare ancora, basta ignorare educazione e cultura e affidarci alle ambizioni individuali, all’idolatria del denaro e alla conservazione dei privilegi, dando pasticche e bicchieri pieni ai giovani e meno giovani. Se ne vogliamo uscire, il timone va riposizionato sulle energie positive, che non nascono nella sale da giochi, nei giochi di palazzo o nell’indifferenza quotidiana.

                                                                         Silvano Magnelli

                                                              

Letta – Renzi: un passaggio problematico che pone interrogativi e crea attese

Letta – Renzi: un passaggio problematico che pone interrogativi e crea attese

Trieste - Est modus in rebus, dicevano i latini, ossia ogni scelta implica un’esclusione e un’adesione, ma c’è modo e modo di affrontarle. La rapida svolta politica che ha portato al cambio di guardia al vertice del governo italiano ha lasciato non pochi strascichi e suscitato numerosi consensi e dissensi. Diciamo che non si è trattato di una manovra elegante e di un gentleman agreement.

Anzi: è parsa un’autentica acrobazia politica escludere un presidente come Enrico Letta, che aveva dato l’impressione di aver fatto il possibile, guadagnandosi stima e considerazione, ma che forse aveva dato pure l’impressione di una lentezza nelle scelte con l’inesorabile giudizio di inefficacia rispetto ai troppi problemi del Paese.

Rimane comunque un vulnus metodologico innegabile e per certi aspetti ingrato verso un politico preparato, ma non si può del tutto respingere la preoccupazione di chi, come l'attuale premier Matteo Renzi, si è mosso, magari in forma disinvolta, sospinto da un vento tempestoso che sale dalla gente comune assediata dalle ansie e dalle paure.

Renzi ha deciso di rompere gli indugi e di tentare il doppio salto mortale, perché a suo avviso, come ha detto nel discorso di insediamento in Senato, “c’è un’Italia più avanzata della politica che si è stancata di aspettare i cambiamenti del mondo politico arretrato ed autoreferenziale”.

Siamo perciò come sospesi nel giudizio tra una sensazione di frettolosità eccessiva ed ambiziosa e una stentata adesione (la fiducia, a detta dello stesso Renzi, è un parola grossa oggi… ) a quella fretta “renziana” di scegliere e di far contare la politica come potere che fa valere la legge del bene comune e mette in riga mercati, mercanti, speculatori, disonesti, evasori, lobbies ingombranti, interessi personali, inqualificabili ambizioni e insostenibili privilegi.

E faccia funzionare le istituzioni con passione ed efficienza verso i bisogni dei cittadini stremati da disoccupazione e spese non più affrontabili. E cerchi di cucire e proteggere il territorio ferito e bucato dai dissesti e dalla faciloneria di chi costruisce e da chi non sorveglia sui piani urbanistici.

E dia forza e rinascita alla scuola, di cui Renzi parla per fortuna spesso, e agli studi universitari, così come ai progetti economici, che possono avviare procedure virtuose per dare lavoro. Renzi ha scritto in un documento sintetico del suo pensiero che “non bisogna aver paura della modernità, il costante movimento dei tempi presenti va visto come una benedizione e non come un intralcio”, affermando inoltre  che i democratici devono uscire dalle categorie ideologiche ed entrare nella dinamica  “innovazione ed uguaglianza” con uno sguardo lungo e fiducioso, perché “serve una narrazione temporale dinamica più ricca”.

Il gelo che si è visto al congedo tra i due premier Letta e Renzi ha fatto male a chiunque abbia a cuore il comune senso di appartenenza statale, ma ormai , a cose fatte, rimane l’impegno di chi ha cercato questa svolta di farla capire ai cittadini storditi da tante convulsioni politiche, e non tanto con le spiegazioni verbali, quanto con il coraggio di quelle scelte in assenza delle quali ci siamo trovati nello scompiglio attuale.

Silvano Magnelli

“Diamo un calcio all’omofobia – Chi allaccia ci mette la faccia”

È stata inaugurata da qualche giorno a Milano la campagna “Diamo un calcio all’omofobia – Chi allaccia ci mette la faccia” ideata dall’agenzia di scommesse Paddy Power con il sostegno delle Associazioni Nazionali ArciLesbica e Arcigay e della Fondazione Cannavò per lo sport.

Sono numerosi gli sportivi e le sportive dei campionati di calcio, basket e pallavolo, che hanno ricevuto il “kit” contenente i lacci, il manifesto della campagna e l’invito formale ad allacciarli per dimostrare il proprio sostegno nella lotta contro le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere.

Le grandi battaglie umanitarie hanno scelto, spesso, simboli semplici come una sciarpa, una coccarda, un fiocco per attivare le coscienze e spingere all’azione. Paddy Power, insieme a Arcigay e ArciLesbica e alla Fondazione Candido Cannavò per lo Sport, ha scelto un gesto egualmente semplice per combattere l’omolesbotransfobia. Un gesto di tutti i giorni che “ruba” pochi istanti alla frenesia della quotidianità: allacciarsi le scarpe. E in un mondo veloce, che comunica per spot, ha pensato a uno slogan che diventa impegno e colore: “Chi allaccia ci mette la faccia”.

Ci sarà anche qualche calciatore dell’Udinese che sposerà questa nobile causa ed indosserà i lacci arcobaleno durante la prossima gara di campionato? Staremo a vedere…

Chi siamo

Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

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