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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Letta – Renzi: un passaggio problematico che pone interrogativi e crea attese

Letta – Renzi: un passaggio problematico che pone interrogativi e crea attese

Trieste - Est modus in rebus, dicevano i latini, ossia ogni scelta implica un’esclusione e un’adesione, ma c’è modo e modo di affrontarle. La rapida svolta politica che ha portato al cambio di guardia al vertice del governo italiano ha lasciato non pochi strascichi e suscitato numerosi consensi e dissensi. Diciamo che non si è trattato di una manovra elegante e di un gentleman agreement.

Anzi: è parsa un’autentica acrobazia politica escludere un presidente come Enrico Letta, che aveva dato l’impressione di aver fatto il possibile, guadagnandosi stima e considerazione, ma che forse aveva dato pure l’impressione di una lentezza nelle scelte con l’inesorabile giudizio di inefficacia rispetto ai troppi problemi del Paese.

Rimane comunque un vulnus metodologico innegabile e per certi aspetti ingrato verso un politico preparato, ma non si può del tutto respingere la preoccupazione di chi, come l'attuale premier Matteo Renzi, si è mosso, magari in forma disinvolta, sospinto da un vento tempestoso che sale dalla gente comune assediata dalle ansie e dalle paure.

Renzi ha deciso di rompere gli indugi e di tentare il doppio salto mortale, perché a suo avviso, come ha detto nel discorso di insediamento in Senato, “c’è un’Italia più avanzata della politica che si è stancata di aspettare i cambiamenti del mondo politico arretrato ed autoreferenziale”.

Siamo perciò come sospesi nel giudizio tra una sensazione di frettolosità eccessiva ed ambiziosa e una stentata adesione (la fiducia, a detta dello stesso Renzi, è un parola grossa oggi… ) a quella fretta “renziana” di scegliere e di far contare la politica come potere che fa valere la legge del bene comune e mette in riga mercati, mercanti, speculatori, disonesti, evasori, lobbies ingombranti, interessi personali, inqualificabili ambizioni e insostenibili privilegi.

E faccia funzionare le istituzioni con passione ed efficienza verso i bisogni dei cittadini stremati da disoccupazione e spese non più affrontabili. E cerchi di cucire e proteggere il territorio ferito e bucato dai dissesti e dalla faciloneria di chi costruisce e da chi non sorveglia sui piani urbanistici.

E dia forza e rinascita alla scuola, di cui Renzi parla per fortuna spesso, e agli studi universitari, così come ai progetti economici, che possono avviare procedure virtuose per dare lavoro. Renzi ha scritto in un documento sintetico del suo pensiero che “non bisogna aver paura della modernità, il costante movimento dei tempi presenti va visto come una benedizione e non come un intralcio”, affermando inoltre  che i democratici devono uscire dalle categorie ideologiche ed entrare nella dinamica  “innovazione ed uguaglianza” con uno sguardo lungo e fiducioso, perché “serve una narrazione temporale dinamica più ricca”.

Il gelo che si è visto al congedo tra i due premier Letta e Renzi ha fatto male a chiunque abbia a cuore il comune senso di appartenenza statale, ma ormai , a cose fatte, rimane l’impegno di chi ha cercato questa svolta di farla capire ai cittadini storditi da tante convulsioni politiche, e non tanto con le spiegazioni verbali, quanto con il coraggio di quelle scelte in assenza delle quali ci siamo trovati nello scompiglio attuale.

Silvano Magnelli

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Capo redattore: Tiziana Melloni
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