Dopo il Ricordo: la più complessa vicenda del confine orientale e gli eroi dimenticati
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- Pubblicato Venerdì, 14 Febbraio 2014 16:48
- Scritto da Tiziana Melloni
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Trieste - Come ogni anno, le celebrazioni della Giornata del Ricordo, svoltasi lunedì 10 febbraio per “conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e la più complessa vicenda del confine orientale”, non mancano di risollevare emozioni e reazioni.
Al di là della commozione suscitata dalle rievocazioni, dai discorsi ufficiali e, non ultimo, dall'intenso spettacolo di Simone Cristicchi “Magazzino 18”, è opportuno soffermarsi anche sulla seconda parte del Ricordo: “la più complessa vicenda del confine orientale”.
Non sempre, nel passato come ora, viene fatta memoria di altre lacerazioni più intime, che hanno ferito profondamente il Friuli Venezia Giulia, e che hanno toccato anche chi ha combattuto sullo stesso fronte contro il fascismo ed il nazismo. Uomini della stessa terra, se non della stessa città, con un nemico comune ma con visioni diverse.
Abbiamo ascoltato la testimonianza di Vanna Pecorari, figlia di Fausto Pecorari, uno dei “cattolici della Resistenza” ricordati dallo storico e giornalista Rai Guido Botteri nel suo saggio del 1960 (I cattolici triestini nella Resistenza/documenti e scritti di Giovanni Tanasco ed altri; raccolti a cura di Guido Botteri; sotto gli auspici del circolo Giuseppe Toniolo. - Udine: Del Bianco, stampa 1960).
“Chissà se dopo quasi 70 anni se ne può parlare? Alludo a quell'episodio della lotta partigiana antifascista di cui mio padre fu protagonista”. Vanna Pecorari ricorda un fatto che viene riportato nel saggio di Guido Botteri.
Racconta Vanna Pecorari: “Quando i tedeschi invasero le nostre terre, ovviamente requisirono tutte le caserme imprigionando quanti vi si trovavano. Però dimenticarono una casermetta di carabinieri situata da qualche parte in Carso. C'erano 20 carabinieri con ufficiale e sottufficiale, i quali si nascosero; l'ufficiale venne da mio padre (cassiere del CLN) a chiedergli aiuto”.
"Papà - prosegue Vanna Pecorari - fu felice di avere sottomano una forza antifascista italiana, addestrata e con ufficiale: l'unica qui in quei tempi, dato che i partigiani locali dimostravano già aperte simpatie per Tito e la sua rivendicazione della nostra città”.
"Pensò di nasconderli e procurar loro il necessario per proseguire la lotta contro i tedeschi e li inviò in quel di S. Dorligo, stabilendo perfino una parola d'ordine per i suoi emissari: "Pavone", ricordando i mosaici di Aquileia”.
“Quando mandò loro il necessario “primo soccorso”, furono trovati tutti morti. "I tedeschi" fu detto, ma papà seppe che a farli cadere in un'imboscata tedesca furono i partigiani sloveni comunisti. So anche i nomi ma non mi sembra che 70 anni siano ancora sufficienti per farli... Il giorno 6 febbraio abbiamo ricordato Porzus. Io vi associo anche questa ventina di eroi”.
Cosa la colpisce nel rievocare quei tempi? “Il fatto che non ci si potesse fidare di nessuno. A mio padre si rivolgevano moltissime persone, in quanto tesoriere del Comitato di Liberazione Nazionale. Non poteva agire da solo, quindi era costretto a fare delle scelte. Purtroppo tra quelli che considerava affidabili c’erano delle spie”.
Fausto Pecorari pagò con la prigionia a Buchenwald il suo impegno nel CLN; fu sottratto all’ultimo momento dall’immediata condanna a morte, e fu tra i pochi a salvarsi dal campo di concentramento.
Un secolo è passato dalla prima Guerra Mondiale, 70 ci separano dall’armistizio della seconda, più di 90 dall’ascesa del fascismo.
Pure, le ferite restano, negli stessi luoghi, tramandate da nonno a nipote, o all’interno di una stessa associazione, come ha raccontato recentemente la giovane collega Martina Seleni in due importanti articoli comparsi nella sua rubrica “Una triestina a Roma” del quotidiano “Il Piccolo” di Trieste: “Caro amico romano, ecco il mio augurio per il Giorno del Ricordo” e “Simone Cristicchi, la tessera dell’Anpi e la memoria della Resistenza”.