Consorzio Cellina Meduna Pordenone, l'addio del presidente Americo Pippo
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- Pubblicato Sabato, 01 Novembre 2014 11:30
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Anche il Nordest interessato dal pericoloso flusso di fondamentalisti diretti in Siria e Iraq
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- Pubblicato Venerdì, 31 Ottobre 2014 18:33
- Scritto da Giacomo Spagnol
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Pordenone - Mercoledì 29 Ottobre c’è stata una operazione dei Carabinieri del Ros di Padova che ha portato alla perquisizione di cinque case. Le indagini che hanno portato a questo blitz si muovono nel campo del terrorismo internazionale legato al fondamentalismo islamico.
Nei giorni scorsi si era mossa anche l'ONU, con un documento del Consiglio di Sicurezza, per manifestare preoccupazione riguardo al fenomeno delle partenze dai Paesi occidentali di persone residenti di fede islamica.
L'ONU stima che si tratti di circa 15mila persone, provenienti da un'ottantina di Paesi. Per l'ONU, questi flussi potrebbero innescare situazioni pericolose in America ed Europa.
Durante le perquisizioni nel nostro Nordest i carabinieri hanno sequestrato vario materiale, tra cui 5 computer, svariate carte e alcune chiavette Usb. Si è scoperto che gli indagati comunicavano tra loro e con alcuni soggetti all’estero tramite Skype e Viber.
L’operazione ha interessato Belluno, Longarone e Azzano Decimo (Pordenone).
A Belluno sono state perquisite le case di due fondamentalisti che sono partiti per la Siria a combattere con l’Isis. Uno di questi, Ismar Mesinovi, si ha la certezza che sia morto durante i combattimenti con l’esercito di Assad, mentre del ventiseienne macedone Munifer Karameleski non si hanno più tracce.
Ad Azzano Decimo i militari hanno fatto irruzione nella casa di due bosniaci che frequentano il centro di preghiera di Pordenone, situato in via Comina. Stesso centro di preghiera che nel 2013 aveva ospitato l’Imam Bilal Bosnic, conosciuto alle cronache dopo essere stato arrestato in Bosnia perché arruolava jihadisti, mandandoli a combattere in Siria e in Iraq.
Il capo religioso del centro di preghiera pordenonese, l’imam Erraji, in quella occasione aveva ammesso che a Pordenone ci fossero dei radicali islamici, assicurando però che fossero la minoranza.
A Longarone gli investigatori hanno perquisito la casa di Pierangelo Pierobon, bellunese venticinquenne convertito all’Islam.
L’indagine che ha portato a queste perquisizioni è coordinata dalla procura distrettuale di Venezia. Il Pm Valter Ignazitto vuole capire quale sia la rete di contatti che ha permesso ai due islamisti di Belluno di arrivare fino in Siria a combattere per L’Isis.
Centri benessere cinesi, indagini della magistratura di Pordenone smantellano giro di prostituzione
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- Pubblicato Giovedì, 30 Ottobre 2014 19:15
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Pordenone - La magistratura di Pordenone ha inferto un duro colpo alle attività illecite dei "centri benessere" della zona, gestiti per la più parte da cittadini di origini cinesi. La Guardia di Finanza di Portogruaro ha chiuso un centro massaggi gestito da un cittadino di nazionalità cinese che è stato arrestato per sfruttamento della prostituzione.
L'arresto è avvenuto in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Pordenone. Le indagini, avviate su iniziativa delle Fiamme gialle nel gennaio del 2014 e coordinate dalla magistratura di Pordenone, hanno permesso di scoprire come dietro le vetrine oscurate del "centro benessere" gestito dall'indagato in pieno centro a Portogruaro si svolgesse invece un'illecita attività parallela, cioè l'offerta di prestazioni di carattere sessuale dietro pagamento di compensi variabili in base alla tipologia di offerte illecite.
Nella struttura lavoravano otto persone di origini cinesi, di età compresa tra i 19 e 44 anni, tra cui la moglie del titolare. I clienti entravano in contatto con il "centro benessere" tramite annunci pubblicati su quotidiani locali o su siti internet; durante la prestazione del massaggio, ai clienti veniva proposta, in modo più o meno palese, una prestazione aggiuntiva a quella offerta, di natura più intima, a fronte di un corrispettivo extra che poteva, a seconda della prestazione ricevuta, arrivare anche ai 100 euro. Al termine della prestazione, la somma veniva versata alla cassa, dove, molto spesso, si trovava l'indagato.
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