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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

“L’imperatore di Atlantide ovvero il rifiuto della Morte” prima opera lirica messa in scena alla Risiera di San Sabba

“L’imperatore di Atlantide ovvero il rifiuto della Morte” prima opera lirica messa in scena alla Ris

Trieste - La Morte, offesa e disorientata dall’orrore della guerra moderna, decide di scioperare e si rifiuta di obbedire al volere del tiranno. Questo è il nucleo di “Der Kaiser Von Atlantis”, "L’imperatore di Atlantide ovvero il rifiuto della Morte", opera lirica in un atto del musicista ceco Viktor Ullman, su libretto di Peter Kien, suo connazionale, concepita e scritta nel campo di concentramento di Terezìn nel 1944, qualche mese prima che l’autore fosse trasferito ad Auschwitz e trucidato nelle camere a gas. Esempio di musica "concentrazionaria", o come voleva la propaganda nazista, della musica "degenerata", è stata rappresentata a Trieste il 27 settembre per iniziativa dell'Associazione Musica Libera e RadioShalom. Causa il maltempo, si è dovuto rinunciare alle quinte della Risiera di San Sabba, com’era in programma, privando lo spettacolo della più congeniale e suggestiva tra le cornici possibili a beneficio del palcoscenico del teatro Verdi di Muggia. 

Fin dalle prime battute, l’orecchio è conquistato da un’armonia proporzionata e asciutta, geniale nell’approfondimento immediato di un’atmosfera straniante che diviene in breve tragicamente familiare e da cui si diramano linee melodiche ora fratte e convulse, ora spiegate e distese, in una sintesi magistrale di espressionismo e tardo romanticismo.

Per un’opera lirica così connotata, è facile che l’indiscutibile pregio musicale e drammatico sia messo in ombra da un messaggio che supera l’enormità dell’olocausto. Se lo scopo dell’arte è quello di sanare il conflitto tra sé e la realtà, niente diviene più tragicamente audace quanto il realizzarlo in un campo di concentramento nazista. Se compito dell’arte è di saldare tensione etica ed estetica, Ullman e Kien hanno tentato l’impossibile perché mai sublime poetico e orrore materiale sono così distanti come dietro un filo spinato. Eppure essi hanno saputo dare senso a qualcosa che senso non ha: l’istinto vitale nell’anticamera dello sterminio. Hanno tentato di conciliare la contraddizione estrema: l’esistenza della vita dentro e oltre la morte.

La creazione poetica è la dimensione in cui i due autori hanno potuto ottenere un riscatto sul gigantesco annullamento che il nazismo stava attuando, perché il progetto dell’imperatore, che si prefigge di distruggere il genere umano con la proclamazione della “guerra di tutti contro tutti”, si dissolve con la dissoluzione dell’imperatore medesimo. Da qui può nascere un nuovo modo di intendere il rapporto tra morte e vita in cui l’assassinio sia bandito. “La Morte diventa un poeta se si congiunge ad Amore” cantano due soldati nemici, un maschio e una femmina, uniti da un sentimento nuovo in un duetto che è anche uno dei momenti centrali e musicalmente più intensi del melodramma, cui qualche eco straussiana conferisce una magia particolare.

Tuttavia, questo intento fu sventato dalla censura nazista che ne vietò la rappresentazione nel campo poiché scorse con facilità, dietro la figura del tiranno, le sembianze di Hitler e, si dice, di Eva Braun nel personaggio del Tamburino. Perciò, ogni volta che la si rappresenta, si  rinnova la rivincita della cultura e dell’arte contro la brutalità del totalitarismo. Affidare questo messaggio alla lirica significa non solo renderlo un valore immortale, ma anche farlo penetrare direttamente nelle coscienze, senza bisogno di traduzioni e spiegazioni.  Ciò grazie all’eccezionale maestria di Ullmann, - allievo di Schoenberg in contrappunto e orchestrazione e poi di Zemlinsky -  che ha consegnato alla storia una partitura originale e impervia, esigente tanto nella tessitura vocale spinta verso l’alto quanto nella strumentazione, avendo l’orchestra un impianto cabarettistico imposto anche dalle risorse limitate  di un lager: sedici elementi tra cui figurano sassofono, chitarra e banjo.

Un discorso a parte meriterebbe il librettista Peter Kein, valente disegnatore, e il libretto – che scrisse a soli venticinque anni prima di morire di malattia -, pregnante tanto quanto la musica; un testo stimolante che travalica la satira politica e disegna una parabola allegorica poeticamente complessa, misteriosa e misterica nella densità dei simboli evocati, come la complicata dimensione esistenziale e il turbinare degli stati d’animo che ha tentato di descrivere.

Quindi, un plauso alla prova della compagnia che ha rappresentato l’opera in lingua originale e che si è misurata con un impegnativo e arduo esempio di melodramma moderno, costellato di citazioni  - anche ironiche – che richiamano l’alta tradizione musicale e canora del ‘900. In particolare: Karina Oganjan (Bubikopf ) e Dax Velenich (Un soldato) che hanno aggiunto al duetto centrale una vocalità duttile, calda e non priva di trasporto emotivo. Nicolò Ceriani (L’imperatore di Atlantide) dalla voce ferma e precisa quanto drammatica la recitazione, con le quali ha dato sapiente risalto alla grande e difficilissima aria finale.  Intelligente e disinvolta l’interpretazione della presenza surreale dell’Arlecchino di Francesco Paccorini. Hanno completato degnamente il cast Hektor Leka (L’altoparlante), Giuliano Pelizon (La Morte), Martina Rinaldi (Il Tamburo). Orchestra “Abimà”, direzione incerta e farraginosa di Davide Casali, regia di Lino Marrazzo, scene di Endri Kosturi (elegante e struggente l’idea della enorme luna piena in campo azzurro), luci di Samuele Orlando.

Una platea al completo, nonostante lo spostamento di sede, ha decretato un successo ampiamente meritato. Tuttavia, per non venir meno all’opportunità mancata, lo spettacolo sarà replicato tra le mura della Risiera martedì 2 ottobre, ore 21. Ingresso libero.

Nella foto: il compositore, ritratto dal librettista Peter Kien, nel lager.
 

Roberto Calogiuri

Mario Brunello ed altri 4 violoncellisti a Trieste Next per il primo "concerto a più luoghi"

Mario Brunello ed altri 4 violoncellisti a Trieste Next per il primo

Trieste - Il violoncellista Mario Brunello sarà protagonista il 29 settembre a Trieste Next, Salone Europeo dell’Innovazione e della Ricerca Scientifica, di un eccezionale concerto “a più luoghi” che vedrà il coinvolgimento di altri quattro musicisti che suoneranno in contemporanea da Venezia e Lubiana come se fossero nella stessa sala.

Tutto questo sarà reso possibile grazie a "Lola", il "Low Latency audio visual streaming system", un sistema streaming ad altissima qualità, sviluppato dal Conservatorio “G. Tartini” di Trieste in collaborazione con il Consortium Garr, che permette l’esecuzione di brani da parte di musicisti fisicamente distanti l’uno dall’altro fino a 3.000 km.

I bassissimi tempi di latenza raggiunti (l'intervallo di tempo tra l’emissione del suono e dell’immagine in un luogo e la loro ricezione nell’altro) permettono agli artisti di suonare in contemporanea come se fossero nella stessa sala e al pubblico di non percepire differenza con una esecuzione “tradizionale”, assicurando inoltre la copertura video in tempo reale.

L’appuntamento con “Lola: concerto a più luoghi” è per sabato 29 settembre alle 17.30 nell’Aula Magna del Conservatorio “G.Tartini” di Trieste nell’ambito di Trieste Next – Salone Europeo dell’Innovazione e della Ricerca Scientifica (Trieste, 28-30 Settembre 2012) e vedrà protagonisti con Mario Brunello altri quattro violoncellisti: Angelo Zanin, Ester Vianello, Valerio Cossu, che suoneranno da Venezia, e Ursula Ivanus Iwaki, che si esibirà da Lubiana.

"La peculiarità di questo sistema - spiega Massimo Parovel, direttore del Conservatorio di Trieste - sta nell’avere risolto un aspetto finora poco considerato all’interno delle reti civili, ossia come coordinare tra loro processi a distanza interdipendenti, anche molto complessi, in tempo reale. Noi lo stiamo testando con successo e soddisfazione in un campo, quello musicale, in cui i tempi di latenza devono essere estremamente brevi per rendere possibile ed artisticamente valida un’esecuzione in contemporanea e soddisfare l’esigenza di chi suona e di chi ascolta".

"Siamo convinti - ha detto Parovel - che questo strumento, oltre che nel nostro settore, possa essere utile anche in altri campi della scienza e della tecnologia, come ad esempio quelli della chirurgia a distanza o di particolari processi industriali. Questa convinzione deriva dal fatto che, nonostante il sistema sia ancora in fase di sviluppo, le problematiche della ricerca sono già state in gran parte risolte e ciò sta suscitando un profondo interesse anche al di fuori del contesto artistico-musicale".

Il programma completo di Trieste Next, con biografie e foto dei relatori, è disponibile sul sito www.triestenext.it. Aggiornamenti quotidiani sulla pagina Facebook di Trieste Next, LinkedIn e attraverso Twitter (#triestenext; #savethefood).
La partecipazione agli incontri è a ingresso libero, tranne ove diversamente specificato. I posti in sala sono limitati: per avere garanzia di accesso è sufficiente registrarsi su www.triestenext.it.

Ricordato a Roma il musicista jazz e attore triestino Lelio Luttazzi

Ricordato a Roma il musicista jazz e attore triestino Lelio Luttazzi

Roma - Si è svolta il 25 settembre la serata "Frammenti di memoria" nella sala consiliare della Provincia di Roma a palazzo Valentini, promossa dalla Fondazione a lui intitolata due anni fa, per ricordare il grande musicista e attore triestino Lelio Luttazzi.

La sala era piena e per parlare di Luttazzi c'erano, oltre alla moglie Rossana e all'invitato d'onore Gianni Letta, Piera De Tassis, Pippo Baudo, Renzo Arbore, Dario Salvatori. Le Teche Rai hanno creato un montaggio delle sue apparizioni tv e la pianista jazz Rita Marcotulli ha eseguito celebri motivi del popolare musicista, cominciando col "Can de Trieste".

"Sono grato alla Fondazione per aver riportato un pianoforte in questa sala che, nel Cinquecento, era la piu' importante sala romana per concerti di musica classica e da camera", ha detto in apertura il presidente della Provincia Nicola Zingaretti, aggiungendo: "sono anche grato abbiano scelto di ricordare Luttazzi qui, presenza straordinaria nei miei ricordi in bianco e nero, protagonista di quella tv che volentieri farei vedere a mia figlia".

La Fondazione ha promosso, dalla sua nascita, la pubblicazione di un cofanetto di 2 cd con tutte le musiche per film di Luttazzi, ha istituto il premio che porta il suo nome per giovani pianisti jazz e ha favorito la pubblicazione da parte di Einaudi del suo romanzo inedito "L'erotismo di Oberdan Baciro", ha reso pubblico con proiezioni l'unico film di Luttazzi come regista, praticamente inedito e mai trasmesso dalla Rai, "L'illazione" del 1972, un po' "nouvelle vague" sulla notte di un giudice, lui che fu vittima di un tragico errore giudiziario.

Piera De Tassis ricordato come si ritenesse "un grande dilettante in tutto, sempre sminuendosi, andando a sottrarre rispetto al suo talento, con l'ironia del non prendersi mai sul serio" come musicista, come compositore, come presentatore, come attore di tanti film tra cui spicca "L'avventura" di Antonioni.

Pippo Baudo invece ne ha sottolineato l'allegria e il divertimento, "la grande felicità e facilità compositiva, per cui gli si chiedeva la sera una canzone per Mina e lui la portava il giorno dopo" oltre al suo amore-ammirazione per Errol Gardner.

Renzo Arbore, ragazzo a Foggia con un gruppo di amanti del jazz "con la puzza sotto il naso specie verso gli italiani, di cui salvavamo solo tre: Gorni Kramer, Armando Trovajoli e appunto Lelio Luttazzi che era quello che ci traduceva il jazz".

Per Gianni Letta la sua "leggerezza e ironia erano reali e apparenti assieme, capaci di farsi gravi e farci riflettere. Per questo è un bene risvegliare la memoria e riproporre la grande storia indimenticabile di Lelio Luttazzi, mai divo, sempre schivo".

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Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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