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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Cultura

On Hair: arti visive da Malisano By

On Hair: arti visive da Malisano By

Udune - Serena Osti, giovane artista di Trento, espone i suoi lavori all’interno del progetto On Hair, nel salone Malisano by di Vicolo Pulesi, 1 a Udine.

Dal 31 ottobre al 29 novembre, le opere digitali Repetita iuvant, per porre l’accento sulla cultura delle riviste femminili e scandalistiche e al contempo metterne in evidenza alcuni aspetti.

«Il godimento di queste pagine – spiega Serena Osti – è un’azione che per sè celebra il diritto alla lentezza e all’improduttività: un sano esercizio all’ozio. Si contrappone e si identifica con quell’attenzione costante e diffusa, ma mai approfondita, che Bjung-Chul Han considera propria degli animali e degli uomini stressati della nostra post-modernità: capitalisti di sè stessi e del proprio tempo, sempre costretti a migliorarsi, oberati e presi da mille distrazioni, si trovano a vivere in una spaesante, stancante, terrificante normalità, eternamente ripetentesi ed eternamente uguale a se stessa».
On Hair– a cura Paolo Toffolutti con Malisano by – prosegue con le esposizioni fino a dicembre quando sarà presentato anche un catalogo in forma di calendario in tiratura limitata e dedicato agli artisti e ai clienti dello spazio, che restituirà il tempo degli avvenimenti che nasceranno. Nello spazio Malisano by la mescolanza fra gli artisti con le loro opere, il lavoro e i clienti sta afcendo accadere qualcosa di nuovo che è registrato in tempo reale: l’incrocio dell’arte con il lavoro quotidiano.

 

“Riccardo De Marchi. Alfabeto possibile” a Casa Cavazzini a Udine

“Riccardo De Marchi. Alfabeto possibile” a Casa Cavazzini a Udine

Udine - Casa Cavazzini, Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Udine,  rende omaggio all’arte di Riccardo De Marchi, mostra che si inaugura sabato 4 ottobre 2014 alle ore 17.30 e resta aperta fino al 7 dicembre.

Le sale al pianoterra del Museo di Arte Moderna e Contemporanea, ospiteranno le opere dell’artista di origini friulane, ma che si muove e rintraccia i suoi punti di riferimento su un orizzonte internazionale. L’esposizione accoglie una ventina tra lavori singoli e installazioni eseguite per l’occasione che testimoniano, basandosi su alcuni snodi cruciali, il suo intero percorso professionale, sviluppatosi in quasi trent’anni di attività.

A dispiegarsi sotto gli occhi dei visitatori sarà un itinerario che mettendo a confronto sperimentazioni del passato con la produzione più recente, racconterà di un cammino di ricerca coerente, volto a sondare, tra assenza e presenza di materia, le possibilità di un codice comunicativo costruito sulle tracce di un personalissimo modo di sentire e di essere nel mondo. Si tratti di lamiere metalliche, di blocchi di plexiglas o plastica, di pannelli truciolari, delle copertine di vecchi dischi, De Marchi utilizza il materiale quale supporto delle sue interminabili narrazioni cifrate rese esplicite dal procedere ordinato dai fori praticati dalle punte di un trapano.

A partire dai suoi esordi, compiuti presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia con una mostra personale nel 1986, l’artista ha sviluppato un linguaggio espressivo, tutto orchestrato sul rapporto tra il segno, la traccia e la presenza o assenza di materia. Dai primi dipinti carichi di colore denso e pastoso, colato sulla tela e reso ancor più materico dall’aggiunta di elementi estranei quali sabbia, cenere e colla, Riccardo De Marchi è approdato, nei primi anni Novanta, all’utilizzo di supporti rigidi specchianti od opachi sui quali egli interviene realizzando tracciati di fori che attraversano la superficie, la incidono da parte a parte ponendo l’opera in diretto contatto con la terza dimensione.

Ad essere evocate, inizialmente, sono forme archetipiche e simboliche, solo in un secondo tempo le sagome, lasciano il posto a tracciati rettilinei che si intersecano sulle superfici come le righe di una fitta scrittura. La fisicità accentuata dei primi lavori, vissuti, attraversati e calpestati quali pezzi di esistenza, si stempera progressivamente nei supporti in acciaio e plexiglas, in cui il percorso dei buchi diventa semplicemente un modo per evocare i ritmi di un ricordo e le varie fasi della memoria. I tributi a Lucio Fontana e a Jackson Pollock sotto forma di lettera, costituiranno il fulcro dell’esposizione rappresentando il riconoscimento di un punto di partenza ideale, declinato e reinterpretato in forma del tutto personale.

Da lì gli esiti conseguiti nei lavori più recenti, pensati proprio per Casa Cavazzini. Tra questi Ipazia è certamente l’opera più affascinante e al contempo quella dove maggiormente si inquadra il senso e il significato di tutto l’operare di De Marchi. Il richiamo del titolo alla città invisibile raccontata da Italo Calvino nel suo libro, rimanda a un luogo creato dalla fantasia dell’autore nel quale le parole comuni mutano il loro significato usuale per acquistarne uno completamente nuovo, ma in relazione simbolica con quello originario. Per comprendere il linguaggio di Ipazia e la sua essenza è dunque necessario liberarsi da qualsiasi immagine o significante precedente e dare libero corso al dispiegarsi di inedite associazioni di concetti. Ed è questo anche il senso della monumentale superficie che l’artista ha attraversato intrecciando percorsi ordinati di fori che, restituendo visivamente il gioco calibrato nell’alternarsi di ombra e luce, ritessono racconti che è possibile decifrare solo se si è in grado di immaginare significati alternativi ai canali di comunicazione comuni. Diversa è la logica che presiede a Videre, opera costituita da una lastra in plexiglas ideata per Casa Cavazzini e posta a separare idealmente, con un diaframma trasparente, la vista sul grande salone centrale, cuore dell’esposizione. Massa e volume si annullano nella fisicità materica dell’opera: a rimanere sono solo i fori in sospensione, codice binario che se correttamente interpretato può aprire un varco tra la dimensione personale e quella pubblica della comunicazione. La lastra permette allo sguardo del visitatore di seguire anche il percorso dei buchi praticati nel plexiglas e resi visibili da piccole traiettorie opache all’interno del materiale. La loro percezione varia col variare del punto di vista dell’osservatore moltiplicando le pagine del racconto che De Marchi ha scritto per lasciare a noi la possibilità di penetrare nel suo mondo e rendere appunto chiaro e cristallino il suo messaggio di poetica.

Riccardo De Marchi può contare al suo attivo la partecipazione a esposizioni collettive presso la Fondazione Bevilacqua La Masa, la Biennale di Venezia, il Museo Fortuny e la Fondazione Peggy Guggenheim a Venezia, il MART a Rovereto e esposizioni personali presso Galleria Plurima a Udine Galleria d’Arte Niccoli a Parma, A arte Studio Invernizzi a Milano. Nel 2011 il MACRO a Roma gli ha dedicato una rassegna personale.

Orari da martedì a domenica dalle 10.30 alle 17.00.Lunedì chiuso. Biglietto 5 euro

Sede della mostra Casa Cavazzini - Museo d’Arte Moderna e Contemporanea via Cavour, 14  - 33100 Udine

Per informazioni 0432414772 www.udinecultura.it

 

 

A Liberarti “War” per riflettere su come la guerra è diventata una questione d’immagine

A Liberarti “War” per riflettere su come la guerra è diventata una questione  d’immagine

Trieste – S’inaugura sabato 18 alle ore 20 all’ Emporio dell’arte Liberarti di Trieste,  la mostra  “War”. Ricorrono cento anni dall'inizio della Prima Guerra Mondiale. Liberarti, seguendo la propria linea di ricerca nell'arte contemporanea, intesa come arte nell'attualità, coglie l'occasione per indagare cosa sia la guerra oggi, ma anche per fare una “critica della violenza” che ci circonda.

La curatrice della mostra María Sánchez Puyade sottolinea come  “dopo La Grande Guerra (come se le altre fossero state o dovessero rimanere piccole), il rapporto tra cittadino e Stato è sistematicamente cambiato. Con il riassetto geo-politico dell'Europa - e la successiva nascita del fascismo, del nazismo e dello stalinismo - “la nuda vita diventa il nuovo soggetto del potere sovrano e della democrazia moderna. La politica si trasforma in Biopolitica.

Da quel momento, si moltiplicano le dichiarazioni dei diritti e diventa necessario dare un valore alla vita, dire quale sia “degna di essere vissuta” e quale no. Entra in crisi il concetto di stato-nazione e aumenta il numero di rifugiati. Proliferano le organizzazioni internazionali e cresce la necessità di legiferare su tutto ciò che riguarda “la nuda vita”: lavoro, eutanasia, maternità, migrazione.

Subito dopo, un'altra guerra, ancora più mostruosa e più meccanica, ridimensiona quella Grande al semplice ruolo di Prima, e ciononostante da allora l'umanità non ha conosciuto un solo giorno di pace.”

Artisti presenti: Marco Bevilacqua (scultura, Trieste), Vincenzo Floramo (fotografia, Trieste, residente in Tailandia), Paola Gariboldi (scultura, Milano, residente a Novate Mezzola), Elisabetta Porro (installazione, Trieste), Banafsheh Rahmani (pittura, Iran, residente a Trieste), María Sánchez Puyade (art intervention e video, Argentina, residente a Trieste).

Emporio dell'arte Liberarti www.emporioliberarti.itP.zza Barbacan 1/a- Trieste

 

 

 

 

 

 

 

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