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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Recuperato a 6800 m. di quota il corpo dell'alpinista Alberto Magliano. Il ricordo dell'amico triestino

Recuperato a 6800m di quota il corpo dell'alpinista Alberto Magliano

Trieste - Le squadre di soccorso nepalesi hanno recuperato il corpo di Alberto Magliano, l'alpinista di origini triestine morto domenica 23 settembre sotto la valanga alle pendici del Manaslu, in Nepal, a 6.800 metri di quota. Magliano sarà cremato nei prossimi giorni a Kathmandu secondo il rito buddhista. Le ceneri saranno riportate in Italia.

Tra i sopravvissuti, quattro italiani, Silvio Mondinelli, Christian Gobbi e due alpiniste valdostane, Eloise Barbieri di Aymavilles e Roberta Vittorangeli di Cogne. Intervistato dall'agenzia Associated Press, Silvio Mondinelli ha raccontato: "È durata solo pochi secondi e non abbiamo capito cosa stava succedendo ma siamo scivolati di oltre 200 metri, l'unica cosa che volevamo era che si fermasse".

A tre giorni dal tragico incidente, Marco Tossutti, alpinista triestino, ha ricordato l'amico Alberto Magliano: "era un alpinista speciale, fuori dai normali canoni dell'ambiente, un manager che nella vita aveva anche diretto l'aeroporto di Milano ed ora, in pensione, gestiva un albergo".

"Magliano era una persona straordinaria, fortemente legata alle sue origini triestine – racconta – Voleva sempre gli parlassi in dialetto per ricordargli i tempi in cui veniva a Trieste a fare visita alla nonna, in vacanza. In montagna era prudente, nonostante le incredibili scalate che aveva portato a termine in ogni parte del mondo. Rinunciava se le condizioni non permettevano una risalita, ma purtroppo in questo caso non ha potuto fare niente perché il gruppo stava dormendo quando si è staccata la valanga".

"È stato il primo triestino a salire sull'Everest, e in occasione della mia prima scalata sulla vetta più alta del mondo siamo diventati amici. Solo pochi giorni fa mi aveva spedito una cartolina dal Manaslu e, per combinazione l'avevo messa vicina a un'altra che mi aveva spedito dalla stessa montagna dell'Himalaya, due anni fa".

Una slavina travolge il campo base sull'Himalaya. Tra le vittime un alpinista triestino

Una slavina travolge il campo base sull'Himalaya. Tra le vittime un alpinista triestino

Kathmandu (Nepal) - Tragedia della montagna nella notte tra il 22 e il 23 settembre sul Manaslu (catena dell'Himalaya) in Nepal, dove una valanga ha travolto una spedizione di 35 alpinisti, tra cui il triestino Alberto Magliano.

Al momento i corpi estratti dalla neve sono 9 ma il bilancio potrebbe ancora aggravarsi, diversi i feriti. Quattro persone, ha riferito la polizia nepalese, risultano ancora disperse. L'incidente è avvenuto a circa settemila metri di quota sul Manaslu, nella catena dell'Himalaya. Tredici gli alpinisti soccorsi, rimasti feriti. Tre francesi, due tedeschi e una guida nepalese sono stati trasportati in aereo negli ospedali di Kathmandu.

La polizia ha riferito che la valanga ha travolto i campi base 2 e 3 sul Manaslu, l'ottava vetta più alta del mondo.

Il consolato italiano a Calcutta ha confermato la morte di Magliano, nato a Trieste il 24 novembre del 1945. Il console Joel Melchiori ha riferito della presenza di altri 8 italiani membri della spedizione.

Nessuno di loro, ha detto Melchiori, risulta aver subuto ferite gravi.

Si tratta di una delle peggiori tragedie accadute in Himalaya-Karakorum. Nel 2008 sul K2 morirono 11 alpinisti per il crollo di un seracco.

Magliano non era un dilettante della montagna. Era stato infatti il primo alpinista non professionista ad aver conquistato le "Seven summits", le sette vette più alte del mondo. Esperienze raccontate e documentate con foto sulle pagine internet del sito sevensummit in cui Magliano si definiva "un conquistatore dell'inutile".

Così scriveva ancora Magliano: "Ai tanti che in questi anni mi hanno chiesto cosa rappresenti la montagna per me - spesso un po' stupiti nel vedere un non professionista così intensamente impegnato nell'alpinismo - ho sempre risposto che è, innanzitutto, il luogo della mia libertà".

Incidente sul lavoro in Val Settimana. Grave un boscaiolo. I turisti negano l'aiuto

Incidente sul lavoro in Val Settimana

Claut (Pn) - Un boscaiolo di 67 anni, Angelo De Filippo, è rimasto seriamente ferito il 14 settembre in un incidente sul lavoro avvenuto nei pressi dei rifugio Pussa, in Val Settimana a Claut.

Secondo quanto si è appreso, l'uomo, che collabora nell'impresa del figlio, è stato travolto da un tronco pesante alcuni quintali durante l'operazione di taglio di alcuni abeti.

Il figlio Fabiano, dopo aver sollevato il fusto e adagiato il genitore nel bosco, è corso in una zona dove il telefonino avesse campo per chiamare i soccorsi.

Nella tragica circostanza si è verificato un deplorevole episodio: tre escursionisti presenti in zona hanno negato il loro aiuto "Mi hanno lasciato solo affermando di essere in vacanza e di non aver tempo da perdere, mentre mio padre si trovava nel bosco gravemente ferito", ha riferito Fabiano De Filippo.

I soccorritori, sopraggiunti in seguito, hanno organizzato il trasferimento d'urgenza in elicottero all'ospedale di Udine: le sue condizioni sarebbero gravi ma non correrebbe pericolo di vita. Ha riportato un trauma toracico da schiacciamento.

Le indagini sono condotte dai carabinieri di Cimolais, intervenuti assieme ai vigili del fuoco di Maniago e ai volontari dei soccorso alpino di Claut.

(nella foto, il Rifugio Pussa)

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