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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Attualità

Centro di Identificazione ed espulsione di Gradisca: a due mesi dalla chiusura ancora molto da chiarire

Centro di Identificazione ed espulsione di Gradisca: a due mesi dalla chiusura ancora molto da chiar

Gorizia - L'Associazione "Tenda della pace e dei diritti" di Staranzano (Go) ha pubblicato il 10 marzo un documento sul Centro di Identificazione ed espulsione (Cie) di Gradisca d'Isonzo (Go).

"Detenzione discrezionale, condizioni igieniche indecenti, uso (e abuso) di un potere esercitato tramite manganelli e lacrimogeni, somministrazione sistematica di psicofarmaci, violazioni dei diritti umani - si legge nel comunicato. - Questo è stato per anni il CIE di Gradisca d'Isonzo, situazioni denunciate da avvocati, medici, giornalisti, associazioni ma anche commissioni governative e decine di parlamentari".

"Per tutto questo nessuno ha pagato e nessuna indagine è mai stata aperta" scrive l'Associazione, che da anni si batte per il rispetto dei diritti delle persone migranti. "Evidentemente per qualcuno l’esistenza di un mostro simile sul territorio italiano è da considerarsi normale, un elemento imprescindibile per le leggi di criminalizzazione degli esseri umani".

"A distanza di mesi dalla sua chiusura, che ci auguriamo sia definitiva, gli unici che stanno pagando un prezzo altissimo, la propria libertà, sono coloro che, nei tragici giorni estivi del CIE di Gradisca, sono accusati di aver rotto le reti che circondano il centro per salire il tetto e comunicare con l'esterno".

"Sono cinque le persone accusate di aver danneggiato la struttura, quattro le persone attualmente soggette a un provvedimento di custodia cautelare che si protrarrà fino alla fine delle indagini: I. e S. sono in carcere da ottobre. Sei mesi per aver rotto un plexiglass e qualche pezzo di ferro".

"Tra il 4 e il 5 marzo altre due persone sono state arrestate e si trovano attualmente in stato di detenzione con la medesima accusa. Probabilmente pensavano che l’incubo fosse finito, ignorando di aver a che fare con una giustizia che diventa improvvisamente solerte quando deve difendere plexiglass, reti metalliche e sistemi d’allarme".

Ci sono altre vittime del Centro, denuncia La Tenda: che cosa "davvero accadde la notte che Majid cadde dal tetto del Cie, nell’agosto 2013? Majid è in coma da più di sei mesi, e l’unica reazione davvero solerte che abbiamo riscontrato è stata quella di tentare di impedire ai suoi cugini, arrivati da un’altra regione italiana dove risiedono da più di 10 anni, di vederlo".

“L’ispettore del CIE dice che nessuno può entrare a vederlo, nemmeno i parenti, è un caso riservato” ci dissero i medici dell’Ospedale di Cattinara (Trieste)

"Non sappiamo neanche che ne sia stato di Radouane, che per fuggire dal CIE di Gradisca nel 2012 saltò da quel maledetto tetto rompendosi entrambi i talloni. Due settimane di ospedale, e poi di nuovo nella bocca del mostro, a muoversi con le stampelle in una struttura certamente non pensata per i disabili".

"Non avrei dovuto saltare – ci disse – il muro era alto, ma io avevo preso molti psicofarmaci e non me ne sono reso conto".

"Non sappiamo se qualcuno si sia mai posto il problema di capire perché, per sedare queste “illegittime” rivolte, si sia pensato di far cadere piogge di lacrimogeni su persone intrappolate dentro a delle gabbie; non ci risulta sia normale, nemmeno in un paese come il nostro".

L'Associazione auspica che su quanto accaduto al Cie di Gradisca si faccia chiarezza e che si valutino le sentenze che riconoscono come "difesa personale" il ribellarsi all'interno dei Cie (la prima fu del Tribunale di Crotone nel 2012).

Chi siamo

Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
Redazione di Udine: Fabiana Dallavalle

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