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Tutela delle persone detenute: il diritto alla vita affettiva. Una testimonianza
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- Categoria: Uomini e diritti
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21 Apr 2014
- Ultima modifica il Lunedì, 21 Aprile 2014 19:21
- Pubblicato Lunedì, 21 Aprile 2014 19:21
- Scritto da Corinna Opara
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Trieste - “Piccolo Universo – voci dal carcere” è un progetto nato una decina di anni fa dalla collaborazione tra la stampa cattolica, la Caritas e la Casa circondariale di Trieste.
Non solo una redazione, formata da alcune persone detenute ed alcuni giornalisti, ma anche un laboratorio di idee, un’opportunità per condividere le paure e i desideri di chi sta “dentro” col mondo che lo aspetta “fuori”.
In questo testo-testimonianza si affronta un tema importante e spesso trascurato: la vita affettiva delle persone detenute.
Sfido ogni detenuto che sta scontando una pena in custodia cautelare a dire di non aver bisogno di una figura femminile. Ovviamente si viaggia con la fantasia, perché in Italia è solo consentito avere colloqui con le proprie mogli. Colloqui dove ci si possono scambiare parole dolci, qualche carezza e semmai un bacio volante".
Ci sono delle carceri dove invece viene concessa una stanza che, ad esempio, in Spagna si chiama “La camera dell’amore”. Stanze dove un detenuto passa del tempo nella massima discrezione con la propria compagna e ha a disposizione dei momenti di intimità.
Poi ci sono detenuti che la compagna non ce l’hanno, ma che comunque pensano alla libertà per avere un contatto con una donna anche solo per un semplice dialogo.
Perché in carcere si pensa, si pensa molto, e ti fai un quadro generale di che persona sei e quanto puoi dare ancora a una donna, e il tipo di messaggio che vorresti dare è farle capire che non sei una brutta persona, che nella vita si ha sbagliato, ma che comunque dentro abbiamo tanti sentimenti da regalare.
E ti inizi a fare mille paranoie tipo: la troverò una persona che accetti il mio passato? O verrò sempre giudicato per quello che ho commesso? Ce la farò ancora a sposarmi e a creare una famiglia? O sarò destinato ad essere giudicato come una persona inaffidabile?
Quello che sto cercando di dire è che le persone vanno conosciute e non giudicate per ciò che hanno fatto in passato, ma d’altronde qui in carcere questi sono i pensieri che ti assalgono, non pensi a una donna solo a livello di sfogo sessuale, ma qui dentro — torno a ripetere — non si fa altro che pensare.
E quando si pensa a una figura femminile la immagini che ti ascolti, che riesca a guardare dentro di te e che magari dica che un detenuto che ha sofferto potrebbe avere più sentimenti di chiunque altro.
(Nicola - testimonianza raccolta da Corinna Opara)
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