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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Star bene

"Corpi del reato" sparsi sulle nostre colline, delitti ambientali commessi senza pudore. Le foto

Trieste - Passeggiando per le vie di Berlino, capita di imbattersi nei cestini per le immondizie. Nulla di strano: avviene in tutti i consorzi civili. Ma a Berlino accade che sopra ci siano stampate quattro parole in bianco su un fondo rosso acceso, il colore del pericolo e del divieto. E queste parole costituiscono un richiamo per i passanti, un monito che suona particolarmente minaccioso alle loro coscienze. Perché al pattume si mescolano la solennità del latino e la severità della giurisprudenza occidentale.

"Corpus für alle Delicti" avverte la scritta. Corpo del reato si dice da noi, che è quell’oggetto mediante la quale il delitto è commesso. L’associazione mentale stimolata dalla Nettezza Urbana berlinese è di una limpidezza lapalissiana: chi getta qualcosa a terra, chi sporca le strade commette un autentico delitto.

O, più precisamente, un “ecoreato”, un crimine contro l’ambiente con le tristi conseguenze che conosciamo e con i tempi di smaltimento che per certuni materiali raggiungono estensioni bibliche: fino a cinquecento anni per il tessuto sintetico e i sacchetti di plastica, mille anni per carte telefoniche e accendini di plastica, oltre il millennio per il polistirolo. Il vetro poi, si sa, è eterno.

Un discorso a parte meriterebbero quelli che gettano dalle automobili i mozziconi di sigaretta (biodegradabilità: più di un anno). Al riguardo vale la pena ricordare che in Inghilterra i comuni hanno formato pattuglie di polizia netturbana, a dir così, ingaggiando ex soldati rigorosissimi che sanzionano i contravventori con multe salatissime. Fatturato dell’anno scorso: un milione e mezzo di sterline.

Niente di tutto questo a casa nostra. E si vede.

A dissolvere uno qualunque di questi oggetti, per banali che siano, non basterà una vita umana. Non è confortante sapere che la spazzatura ci sopravvivrà. Eppure quando vediamo per terra una lattina, non ci sovviene l’infinito e l’eternità. Poesia a parte, ci monta un po’ di sconforto, talvolta un po’ di rabbia nel constatare che l’ambiente e la natura non siano rispettati da tutti e che non tutti comprendano l’importanza di vivere in un territorio pulito e sano.

È quello che si prova passeggiando per il Carso triestino che, in certi punti, secondo il criterio berlinese è una vera scena del crimine, una discarica a cielo aperto. Si trova di tutto. Ogni specie di corpus delicti: fotocopiatrici, reti da materasso, cumuli di macerie, divani, “spargher” eccetera eccetera. Per rendersene conto è sufficiente guardare le nostre foto oppure fare quattro passi su qualche sentiero neanche troppo defilato.

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E allora, invece di rimuginare sull’infinito e sull’eternità, viene da chiedersi un più pedestre perché. Perché, una volta che si sia caricata la roba su un mezzo di trasporto privato, costi tanta fatica percorrere un chilometro in più e portarlo in una discarica comunale invece che lasciarlo in una dolina in mezzo agli alberi? E certamente con il favore delle tenebre, come vuole la migliore tradizione criminale, visto che di giorno non si coglie mai nessuno mentre semina masserizie varie per prati e sentieri nascosti.  

Che sia l’irresistibile, oscura e atavica attrazione per il delitto? (E non si può nemmeno incolpare il maggiordomo!).

Fotografie di Roberto Calogiuri, Vanja Skoko, Leonardo Distefano.

[Roberto Calogiuri]

L’ambiente parla, basta saperlo ascoltare. Uno dei "Foto Maniaci" di Pordenone si presenta

L’ambiente intorno a noi parla, basta saperlo ascoltare. Uno dei

Pordenone - Patrizio Maniero vive e lavora a Pordenone come dipendente di un Istituto di Credito, ma nella vita privata coltiva una grande passione, la fotografia. La natura è il suo luogo privilegiato, dove si concede gli scatti più ricercati, per catturare in totale silenzio attimi altrimenti imprendibili.

Lui stesso sostiene che a stretto contatto con l’ambiente si possono far conoscere, vedere e apprezzare i paesaggi attorno a noi, la cui bellezza sempre più spesso, per mancanza di allenamento all’osservazione o semplice distrazione, non si riesce a cogliere.

Con quale intento nasce questa passione per la fotografia? "Il desiderio di vedere e far conoscere nuovi luoghi, culture e persone mi hanno portato a dedicarmi alla fotografia dapprima come strumento per documentare, successivamente come strumento di ricerca".

Come ci racconta Maniero, "La curiosità e la disposizione all’osservazione mi hanno avvicinato anche alla foto naturalistica alla quale mi dedico da circa 3 anni nel tempo libero e ciò richiede molto impegno, conoscenza del territorio e delle specie esistenti, rispetto di flora e fauna e lunghi e pazienti  appostamenti nel silenzio delle prime luci dell’alba.

Nella fotografia naturalistica degli animali in particolare è indispensabile continuare a documentarsi. Fondamentale è la conoscenza delle abitudini dei soggetti, i versi, i luoghi dove trovarli, le piante di cui si nutrono, i periodi della riproduzione e tanto altro ancora. Tutto ciò ritengo debba essere sempre accompagnato dalla ricerca nella tecnica fotografica, dallo studio della luce, dalla cura nella composizione dell’immagine e, perché no…  da un pizzico di gusto artistico".

Vi proponiamo una serie di scatti che ritraggono fiori, fauna e paesaggi così vicini che a volte li diamo per scontati, ma non lo sono affatto. Non serve partire sempre e solo per Paesi lontani per immortalare momenti magici, basta saperli aspettare con occhio attento.

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Patrizio pubblica su Foto maniaci, un gruppo che nasce su Facebook nel 2011 dall'idea nata durante una cena fra pochi amici appassionati di fotografia, conosciutisi sul social network.

Ad avviare l’iniziativa sono l’imprenditore pordenonese Marco Zanussi e dall’avvocato Alessandro Da Re. Il piccolo gruppo, che riunisce neofiti, semplici appassionati e professionisti della fotografia, che si tengono in contatto scambiandosi, nella pagina del gruppo, fotografie, esperienze, emozioni, consigli tecnici, discussioni spesso goliardiche in un misto tra un blog ed un forum, inizia a crescere prima in sordina e poi in maniera sempre più esplosiva ed esponenziale.

Si passa dai 60/70 membri della prima settimana si passa a circa 200 dopo un mese, 350 dopo due, 500 dopo tre mesi; ai primi di dicembre diventano 700, a febbraio sono 1.500, a giugno 4.000 fino ad arrivare a contare attualmente quasi 6.100 iscritti, provenienti da tutto il mondo: da tutta l’Europa, dall’Asia, dall’Africa, Nord e Sud America.

La mostra "Foto Maniaci: dal Virtuale al Reale" inaugurata da Oliviero Toscani durante la rassegna “Pn Pensa 2012”, con il concerto di Remo Anzovino ha avuto il pregio e l’intento di evidenziare come il gruppo abbia finalmente riportato il social network alla sua vera funzione, che è quella di far conoscere per davvero le persone in nome di una comune passione, e quindi come il "virtuale" - invece di essere, come spesso accade, semplice momento di fuga - possa divenire concreta occasione di trasformarsi in "reale".

L’evento stesso ne è stata una clamorosa riprova, con tanti “foto maniaci” che da tutta Italia sono affluiti a Pordenone per partecipare alla kermesse, conoscersi ed essere parte di un momento collettivo. Proprio per l’evento di Foto Maniaci si è celebrato anche il primo “Instameet” degli IgersPordenone, la comunità virtuale di appassionati pordenonesi di Instagram, la nota app per la condivisione di fotografie per smartphone e tablet recentemente acquisita proprio da facebook, che hanno caricato in diretta le loro foto dell’evento.  

Per saperne di più: http://www.facebook.com/groups/mail.fotomaniaci/?ref=ts&fref=ts
 

Inverno pieno di vita all'isola della Cona: voli di uccelli colti al teleobiettivo da uno straordinario fotografo

Inverno pieno di vita all'isola della Cona: voli di uccelli colti al teleobiettivo da uno straordina

Trieste - Stefano Savini è uno straordinario fotografo naturalista. Scopre il mondo della fotografia giovanissimo, incoraggiato da un assistente dell'istituto dove ha vissuto tutta la sua infanzia e l'adolescenza, dopo aver perso a pochi mesi il papà. A 22 anni compra la sua prima macchina fotografica, "come antidepressivo". Da subito viene attratto dalla bellezza dei boschi attorno a Trieste.

Continua a cambiare macchine e si appassiona all'uso del teleobiettivo, che gli permette di apprezzare e coltivare la fotografia naturalistica.

Sposato con Chiara da 13 anni, ha 5 bambini ed abita sul Carso triestino. "Normalmente questo sarebbe un input per smettere di far fotografie - racconta Savini - e invece continuo a cambiare attrezzatura fino ad arrivare agli strumenti attuali che mi permettono di fronteggiare situazioni critiche (che levatacce per fotografare i gufi reali, alle 3 del mattino in giugno!)".

"Mi piace star dietro alla macchina fotografica e non solo in natura, ma anche nello sport e nei matrimoni; quando posso aiuto un professionista reporter di cronaca".

Stefano Savini presenta ai lettori di Fvgnotizie una serie di scatti dedicati agli uccelli dell'Isola della Cona, eseguiti il 7 gennaio scorso.

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