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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

L'imprenditore balneare di Trieste Marcello Di Finizio sarà processato in Vaticano

L'imprenditore balneare di Trieste Marcello Di Finizio sarà processato in Vaticano

Roma - L'imprenditore balneare di Trieste Marcello Di Finizio è stato rinchiuso per qualche ora nelle carceri vaticane, dopo essersi deciso a risalire dal cornicione e concludere la sua protesta, durata quasi tre giorni.

Di Finizio è stato trattenuto dalla Gendarmeria vaticana in stato di fermo ed è stato rinchiuso nella camera di sicurezza. Ora il promotore di giustizia del Tribunale vaticano, Gian Piero Milano ne ha convalidato l'arresto, disponendone poi la remissione in libertà. Lo ha riferito padre Federico Lombardi.

Marcello Di Finizio, titolare dello stabilimento balneare "La Voce della Luna" sulla riviera di Barcola a Trieste, sabato pomeriggio aveva "scalato" per la quarta volta la cupola di San Pietro per lanciare un appello a papa Francesco e al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Il magistrato ha intimato a Di Finizio di non avvicinarsi alla basilica di San Pietro (era la quarta volta che l'imprenditore vi saliva per inscenare la sua protesta) e di tenersi a disposizione per il processo che sarà fissato presso il Tribunale vaticano.

Di Finizio, in base alle disposizioni del Trattato lateranense, è stato quindi consegnato dalla Gendarmeria agli agenti dell'Ispettorato di Polizia presso il Vaticano.

Dopo il fermo, Di Finizio ha potuto comunicare con i suoi familiari e gli è stata data la possibilità di contattare un avvocato, che dovrà assisterlo nel procedimento giudiziario presso il Tribunale vaticano.

Ecco il messaggio che campeggiava sullo striscione che ha steso sotto di lui: "Presidente Napolitano per l'amore di Dio fermatevi, ci state ammazzando tutti. Papa Francesco aiutaci tu".

"Mi hanno mentito per tre volte - aveva affermato Di Finizio - ma non darò loro la soddisfazione di suicidarmi, io combatterò sempre per difendere la mia casa e il mio lavoro fino all'ultimo respiro. Se vogliono ammazzarmi (ammazzare la gente) lo devono fare davanti a tutti, affinché sia chiaro che questi non sono suicidi, ma omicidi di stato. Mi hanno portato via tutto, ma non mi porteranno via anche la dignità".

Sui social network Di Finizio ha ricevuto la solidarietà di altri imprenditori balneari: "sappi che c'è il mondo balneare con te, lassù - scrive una collega. - Grazie per difendere la categoria, ma ricordati di essere prudente".

 

Teneva la figlia in schiavitù obbligandola a chiedere l'elemosina: arrestato a Trieste

Teneva la figlia in schiavitù obbligandola a chiedere l'elemosina: arrestato a Trieste

Trieste - La Squadra Mobile del capoluogo il 22 marzo ha eseguito un'ordinanza di custodia arrestando un cittadino bulgaro, I.K.O., di 43 anni, senza fissa dimora, per i reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù e di maltrattamenti in famiglia.

L'uomo teneva in schiavitù la figlia maggiorenne, la picchiava e la obbligava a compiere furti e a chiedere l'elemosina in città.

La ragazza ha denunciato la situazione, è stata collocata in una struttura protetta e la competente autorità giudiziaria ha emesso un idoneo provvedimento nei confronti dell'uomo che si era reso irreperibile fuggendo all'estero.

A proposito di Naseri Mohammad Gul: una replica all'onorevole Fedriga

A proposito di Naseri Mohammad Gul: una replica all'onorevole Fedriga

Trieste - Relativamente a  Naseri Mohammad Gul, il cittadino afgano protagonista del recente fatto di sangue (di cui abbiamo dato notizia qui), riceviamo e volentieri pubblichiamo una nota della segreteria triestina del Partito della Rifondazione Comunista.

Quando si hanno 21 anni e nessuna speranza per il futuro la disperazione può avere il sopravvento e trasformare anche la persona più mite. Quello di mercoledì a Trieste quando un giovane afghano si è suicidato non è un caso di follia, ma di profonda disperazione. Una disperazione che nasce anche dal percepire vicino a se non solidarietà e comprensione ma diffidenza e astio.

Le parole dette dal deputato Fedriga (Lega Nord) sono la misura di questa malattia che colpisce la nostra società, una società in cui l’altro è visto e trattato come un pericolo, in cui spesso non è necessario essere stranieri per essere respinti, dove solidarietà è una parola sconosciuta e si preferisce espellere chi si identifica come estraneo o perturbante, piuttosto che cercare di prevenire e curare eventuali situazioni di disagio

Invece della compassione per una giovane vita, stroncata dall’angoscia di un futuro che sembrava offrire solo degrado e isolamento, da straniero in terra che vuole rimanere straniera, in cui è impossibile trovare amici e compagni con cui ridere, scherzare, vivere insomma, le proposte sono quelle di essere più duri ancora con chi cerca di entrare. In modo che vengano uccisi o si suicidino, ma lontano da noi, senza sporcare le nostre anime facendoci così vedere l’altra faccia delle guerre che noi ricchi occidentali abbiamo portato a casa loro, distruggendo le loro città e i loro villaggi, obbligandoli a scappare dai territori dove vivevano.

No, deputato Fedriga, non è con l’esclusione di chi fugge dalla guerra, dalla repressione, da condizioni di vita infami che si possono risolvere i problemi. Solo la giustizia sociale, restituendo dignità e possibilità di vita a tutti potrà aiutare sia noi che loro a fare della vita un percorso degno di essere compiuto fino in fondo e non un peso di cui liberarsi a 21 anni.
 
Peter Behrens, segretario della Federazione PRC di Trieste,
 

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