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Maxi truffa sulla bonifica di Grado e Marano, 26 persone indagate tra cui funzionario ministeriale
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- Categoria: Ecologia ed ambiente
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29 Ott 2014
- Ultima modifica il Mercoledì, 29 Ottobre 2014 23:47
- Pubblicato Mercoledì, 29 Ottobre 2014 15:06
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Udine - L'inchiesta sulla bonifica della laguna di Grado e Marano, avviata dalla Procura di Udine due anni fa e approdata a Roma, ha portato gli inquirenti alla scoperta di un sistema di truffe che andava avanti da una decina d'anni.
Le indagini, partite dal Friuli Venezia Giulia e giunte a un punto d'arrivo nel marzo 2012 con i primi indagati, si sono collegate ad un’inchiesta parallela della Procura di Roma sulla gestione drogata delle strutture commissariali.
Il 29 ottobre si è appreso che, a seguito delle indagini della Procura romana, sono stati consegnati 26 avvisi di garanzia, in Friuli Venezia Giulia e in altre regioni.
Le accuse sono di associazione per delinquere, truffa ai danni dello Stato, tentata corruzione, concussione e abuso d'ufficio legati ai finanziamenti statali assegnati per la gestione delle emergenze ambientali nei siti di interesse nazionale (Sin).
Tra gli indagati anche un ex direttore del ministero dell'Ambiente.
In Friuli Venezia Giulia sono indagati, fra gli altri, tre ex commissari del sito inquinato, già accusati di peculato e truffa nell’ambito dell'inchiesta del 2012 della Procura di Udine.
Il meccanismo seguito era quello della reiterazione dello stato di "emergenza ambientale" sul sito di interesse nazionale, in modo da ottenere il mantenimento della struttura commissariale e ricevere un continuo flusso di finanziamenti dallo Stato per gli studi di caratterizzazione e per le messe in sicurezza. Anche alcuni imprenditori, vittime della truffa, avrebbero contribuito di tasca propria alle finte spese di bonifica.
Le bonifiche non sarebbero mai state eseguite ed i fondi sarebbero finiti in un rivolo di società beneficiarie di appalti legate in vario modo agli indagati. Secondo gli inquirenti, ammontano a circa 100 milioni di euro i fondi percepiti indebitamente.
Un sistema di scatole cinesi molto simile a quello messo in piedi per il Mose di Venezia. È infatti al vaglio degli inquirenti un possibile collegamento tra i due episodi criminosi.
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