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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Attualità

Friuli Venezia Giulia e Toscana al capezzale della Lucchini, ormai in profondo rosso

Friuli Venezia Giulia e Toscana al capezzale della Lucchini, ormai in profondo rosso

Trieste - Tutti al capezzale della Lucchini, colosso della siderurgia italiana ora in crisi profonda: il sindaco di Trieste Roberto Cosolini, il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Renzo Tondo, della Provincia di Trieste Maria Teresa Bassa Poropat, assieme al sindaco di Piombino Gianni Anselmi ed all'assessore della Regione Toscana alle attività produttive, lavoro e formazione Gianfranco Simoncini, parteciperanno giovedì 18 ottobre ad un tavolo congiunto con i ministeri dello Sviluppo economico e dell'Ambiente, a cui saranno presenti anche Enti locali e sindacati.

I posti di lavoro a rischio, tra Friuli Venezia Giulia e Toscana, sono oltre 5000. Molti di più poi se si considera l'indotto del settore.

"Sul futuro della Lucchini siamo ormai tutti quanti pessimisti" ha detto Roberto Cosolini in vista dell'incontro. Rincara la dose Gianni Anselmi, che ha chiesto: "Lo Stato si prenda in carico la Lucchini, nel rispetto delle norme vigenti". Il sindaco di Piombino la scorsa settimana era salito sul capannone dello stabilimento industriale per essere ascoltato dal Governo.
 
Intanto un migliaio di lavoratori del polo siderurgico della Val di Cornia (tra Lucchini, Magona e Dalmine, gli addetti diretti e indiretti sono 5mila) hanno bloccato la via Aurelia per oltre un'ora.

"Nel corso della riunione si parlerà di bonifiche e infrastrutture per rilanciare il territorio - spiega il sindaco di Piombino -. Ma mi aspetto che il Governo affronti la questione dell'acciaio nel suo complesso a livello nazionale, mentre nell'immediato è urgente trovare una soluzione al caso Lucchini, per evitare che nel giro di qualche mese l'azienda rischi la messa in liquidazione". La Lucchini nel frattempo continua a perdere soldi (circa 15 milioni di euro al mese). Il passivo totale, che era di 700 milioni prima che entrassero le banche, è arrivato a oltre 1.100 milioni.

Un intervento pubblico (legge Prodi-bis) significherebbe arrivare a un commissariamento del gruppo controllato dal russo Alexei Mordashov (in realtà dalle banche), in vista di una soluzione definitiva. «Non mi piace lo Stato imprenditore, ma il destino della Lucchini non può essere lasciato alle dinamiche del mercato e della finanza», ha dichiarato Anselmi al quotidiano economico "Sole - 24 ore".
 
In Parlamento, sulla situazione si sono mossi i deputati dell'Italia dei Valori: "La società Lucchini di Piombino rischia di chiudere nei prossimi mesi se non vi sarà un preciso intervento del governo. L'esecutivo deve assumersi le proprie responsabilità e cercare soluzioni industriali, garantendo il mantenimento del ciclo integrato e l'occupazione". Lo chiedono il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e i deputati Fabio Evangelisti, Giovanni Paladini e Nello Formisano, in un'interrogazione parlamentare rivolta al ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera.

"La prima volta che Alexej Mordashov, proprietario della società, annunciò pubblicamente la sua intenzione di abbandonare Piombino era l'agosto del 2009 - spiegano i parlamentari IdV - da lì è seguito uno stillicidio di tre anni prima che le banche creditrici accettassero di ricontrattare il debito. Una dilazione ripagata con l'impegno di cedere, entro il 2014, la Lucchini anche a un solo euro, con il diritto di prelazione a Imi, capofila degli istituti creditori. Gli investitori russi di Mordashov sono così usciti di scena senza rimetterci un solo euro".

"Esiste una situazione di grave impedimento nella ricerca di soluzioni industriali in quanto il debito è tutto a carico delle banche, le quali hanno l'interesse primario di recuperare i propri soldi e non certo far prevalere l'approccio imprenditoriale. Qualunque industriale seriamente interessato al ciclo integrale di Piombino metterà a disposizione risorse finanziarie solo per gli investimenti da effettuare sugli impianti e non certo per pagare i debiti del passato. Di questo passo si sta pericolosamente avvicinando il rischio di un default".

Di Pietro, Evangelisti, Paladini e Formisano chiedono al ministro Passera "se non intenda aprire un tavolo nazionale sulla siderurgia per la realizzazione di un piano nazionale siderurgico e per dare delle risposte concrete sui temi delle bonifiche, delle infrastrutture e del risparmio energetico; se non intenda riconoscere i contratti di solidarietà come intervento straordinario e strutturale per la gestione di periodi di crisi, fuori dal conteggio della Cassa integrazione; se non intenda impegnarsi seriamente nella ricerca di soluzioni industriali al fine di garantire il secondo polo siderurgico italiano; se non intenda impegnarsi con altrettanta perizia nella ricerca di soluzioni industriali per la Magona Arcelor Mittal".

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