La grande scommessa (di capire come funziona il potere dei soldi)
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Domenica, 24 Gennaio 2016 19:15
- Scritto da Roberto Calogiuri
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Trieste – Sono passati quasi otto anni, ma il fantasma della Lehman Brothers non smette di fare paura ai risparmiatori. Soprattutto a quelli piccoli. La più grande bancarotta della storia degli Usa si è incastrata perfettamente in un genere cinematografico tra il drammatico-catastrofico e il thriller, ma che è anche documentaristico perché – purtroppo – racconta fatti accertati. In questo caso narrati da Michael Lewis – giornalista del New York Times - nel suo libro “The Big Short”.
Non c’è oscillazione dei mercati di borsa che non veda frotte di risparmiatori crucciarsi o correre in banca a ritirare i propri risparmi in contanti per metterli al sicuro nel materasso.
Questo spiega il proliferare, e il successo, di lungometraggi come “La grande scommessa”. Il segreto sta nel fatto che questi film producono emozione, tensione, preoccupazione e, soprattutto, voglia di capire cosa ci sia dietro i capricci delle borse, i miliardi di miliardi “bruciati” in un giorno o, semplicemente, dietro il gergo incomprensibile che il risparmiatore medio finge di capire quando sta di fronte a un consulente finanziario.
Insomma: la sottile sensazione che quanto lo spettatore vede sullo schermo potrebbe capitare anche a lui in qualsiasi momento; la tensione che avverte quando pensa ai suoi risparmi che crede protetti e riparati in una banca e in realtà si accorge che sono esposti al crudele, impersonale e spietato sistema del profitto, avvicina questi film al genere horror.
“La grande scommessa” arriva dopo una lunga serie di pellicole dedicate al denaro, ante e post crack Lehman Brothers, ma non per questo meno interessante. Qualche novità narrativa e qualche metafora quotidiana mettono lo spettatore in condizione di capire (o tentare di capire) l’incomprensibile: come la perversione e la corruzione del sistema finanziario, bancario e politico possano influire sulla quotidianità con la stessa violenza di un terremoto o di un’inondazione.
Gli effetti sono meno clamorosi, ma non per questo meno devastanti.
Per chi conosce il filone dei film del genere (Inside Job o Margin Call per esempio), si accorgerà che ancora non tutto è stato raccontato. Che c’è sempre un pezzo di verità che stenta a venire a galla. E ogni volta lo spettatore è sorpreso di vedere che, sotto sotto, ogni tentativo di resistenza etica sia travolto dal cinismo freddo dell’interesse economico.
Infatti non mancano mai, in tutti questi racconti, gli eroi che tentano di opporsi a un destino che travolgerà i risparmiatori comuni, quelli che camminano per la strada e che mai e poi mai potrebbero immaginare quali meccanismi regolino, in verità, la macchina dei soldi.
Film da vedere, se non altro per cercare di capire quanto si può essere lontani dal rendersi conto di come vanno veramente le cose. Con un po' di fatica. Infatti, a un certo punto, sullo schermo compare una citazione che dice "La verità è come la poesia. E la maggior parte della gente odia la poesia".
Inutile parlare del cast astronomico (Christian Bale, Brad Pitt, Ryan Gosling e Steve Carell) diretto da Adam McKay che lascia le sue stelle brillare di luce propria, in una regia un po’ rigida e che privilegia i meccanismi finanziari all’indagine psicologica. Ma cinque nomination al premio Oscar non lasciano dubbi.
[Roberto Calogiuri]