Link2016, Claudio Gentile racconta se stesso e la sua idea di calcio
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- Categoria: Libri
- Pubblicato Domenica, 24 Aprile 2016 11:20
- Scritto da Timothy Dissegna
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Trieste – Chi lo vide giocare quando era uno dei centrocampisti più forti del mondo, lo ricorda ancora come una leggenda: Claudio Gentile in parte lo fu, insieme a tutto il resto del gruppo che nel 1982, contro ogni pronostico, cambiò la storia del calcio italiano con la vittoria della Coppa del mondo contro le Nazionali più forti di tutti i tempi.
Recentemente l'ex calciatore ha firmato, insieme al giornalista della Gazzetta dello Sport Alberto Cerutti, l'autobiografia dal titolo “E sono stato gentile” (Rizzoli): per parlare di una carriera straordinaria, con successi sia in campo che in panchina da allenatore, i due autori sono stati ospiti di Link ieri pomeriggio in piazza della Borsa. Una storia che poi ha preso una brutta piega, come ha ricordato lo stesso protagonista dell'opera.
La storia di Gentile è particolare fin dall'inizio: nasce, infatti, in Libia e lì vi rimarrà fino agli 8 anni, quando nel 1961 si trasferì prima da alcuni parenti in Sicilia e poi a Brunate, sopra Como. Quel periodo gli rimarrà sempre impresso, sia per il rapporto con la comunità italiana presente laggiù, che lui stesso ha definito molto unita; sia per l'odio verso Gheddafi, già da quando quest'ultimo era un ragazzino e portava le capre nel giardino della nonna del futuro giocatore.
Quando poi divenne dittatore e cacciò i nostri connazionali nel 1969, l'astio verso quest'uomo si enfatizò ma Gentile dovette ingoiare il rospo, in quanto giocava nella Juventus e il libico era socio della FIAT. Della terra natale, poi, l'ospite ha ricordato anche i coetanei africani, che a 8 anni si comportavano come se fossero ben più grandi e che non erano certo “teneri” quando si trattava di giocare a pallone.
Gli onori calcistici, comunque, arrivarono in Italia, dove già all'epoca nelle giovanili del Varese (dove militò per qualche anno) conobbe un altro dei protagonisti di Spagna '82: Antognoni. E pensare che la dirigenza non voleva nemmeno acquistarlo, ma riuscì comunque a trovare spazio in squadra e a diventare la rivelazione della Serie B di quella stagione. Arrivò quindi la chiamata della Juve, di cui lo stesso Gentile era tifoso, anche se il timore di non giocare, visti i nomi presenti, quasi lo distolse dalla scelta.
Di fronte al bivio, scelse però di andare a Torino: qui conobbe l'Avvocato Gianni Agnelli che, come ha raccontato lo stesso ex calciatore, aveva l'abitudine di chiamare la gente il mattino presto per chiacchierare. La sua più grande amarezza, invece, è legata alla finale di Coppa dei Campioni con l'Amburgo, ad Atene: persa nonostante, a dire dello stesso protagonista, la Juve fosse stata la miglior squadra del torneo.
Sono tanti gli annedoti che Gentile ha narrato al pubblico presente: dal rapporto con Socrates alla Fiorentina a come finì per marcare Maradona e Zico a quel Mondiale, diventando così una vera e propria leggenda. La carriera da allenatore, poi, è costellata di successi con L'Italia U21 come la vittoria all'Europeo e la medaglia di bronzo alle Olimpiadi; ma anche di bassezze, come il tiro mancino giocatogli dalla FIGC dopo Calciopoli, impedendogli di andare ad allenare la Juve in Serie B prima promettendogli il rinnovo del contratto, poi silurandolo.
La voglia di allenare, lo ha fatto capire, è tanta e qualcuno gli chiede se ripartirebbe dal basso con la Triestina: sorrisi e applausi dal pubblico fanno da coro d'incoraggiamento. Difficile però che si lo vedraà di nuovo in città in veste di mister, ma mai dire mai.