Link2016, Pierluigi Battista e quell'Italia che ha tolto voce a chi ha fatto una scelta
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- Categoria: Libri
- Pubblicato Domenica, 24 Aprile 2016 11:18
- Scritto da Timothy Dissegna
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Trieste – Affermare che tutti i fascisti sono stati cattivi ed è giusto che la loro voce sia stata taciuta può essere una tesi condivisibile, ma molto di comodo. Affrontare la storia italiana così, infatti, è la strada che hanno seguito diversi storici e giornalisti dal '45 a oggi, annullando così le ragioni di chi invece scelse di difendere l'ideologia fino alla fine.
Tra questi c'era anche il padre di Pierluigi Battista, editorialista del Corriere della Sera che da qualche settimana è uscito in libreria con il suo ultimo libro “Mio padre era fascista” (Mondadori). Per raccontare il rapporto con la figura paterna e la sua idea politica, l'autore è stato tra gli ospiti del pomeriggio di Link, il festival del giornalismo legato al Premio Lucchetta, ieri in piazza della Borsa intervistato da Roberto Morelli.
Si parla di generazioni attraverso la storia, fatta di rotture per scelte opposte fatte da giovanissimi: entrambi avevano 20 anni, quando uno, dopo l'8 Settembre, rimase fedele al Duce e aderì alla Repubblica Sociale di Salò; l'altro negli anni '60/'70, si schierò con la sinistra extraparlamentare proprio per andare contro il padre. Fu per “ucciderlo” politicamente, come ha ricordato lo stesso giornalista.
Il libro parte dal diario del genitore, ritrovato dopo qualche anno dalla sua morte, che Battista conferma non essere un espediente narrativo. Anzi, è stato essenziale per capire cosa visse e come si sentiva quell'uomo che finì dalla “parte sbagliata” della Storia, rimanendo fedele ad un'ideale: il fascismo fu il suo “impennamento dell'animo”, citando Calvino, ma lui non riuscì mai a spiegare il perché di ciò.
L'intenzione dell'autore è quindi questa, che non ha scritto questo libro per riconciliarsi con il padre “politico”, ma con la persona a cui, si capisce fin da subito dalle sue parole, era molto legato. E dalla sua storia emergono quelle di chi non abbandonò la camicia nera, finendo nei campi di prigionia e umiliato da chi, fino a qualche tempo prima, era suo amico. In quei posti finì anche Ezra Pound, Battista lo ha sottolineato apposta, la cui sorte fu ben più dura tanto da concludersi con 13 anni di ospedale psichiatrico.
Nonostante il credo ideologico, comunque, Battista-padre divenne famoso come avvocato garantista che difese d'ufficio alcuni brigadisti. Quando loro stessi non volevano, in quanto non riconoscevano la “giustizia borghese”, ma egli sosteneva la necessità di garantire i diritti a tutti: un qualcosa che mal si concilia con l'idea che si può avere di un fascista. “Le persone non sono unilaterali” ha affermato Battista-figlio.
Alla fine, lo schieramento verso l'estrema sinistra del futuro giornalista cambiò, quando egli stesso vide di ciò che si erano macchiate le BR, con la compiacenza di alcuni che in nome dell'antifascismo erano pronti a giustificare la morte di due ragazzi innocenti. Una negazione della verità che continua ad esistere ancora oggi ma che va cancellata, altrimenti rimaremo sempre schiavi delle ideologie senza crederci nemmeno più.