Intervista a Cristicchi: “Magazzino 18 lo considero una sorta di laurea”
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- Pubblicato Venerdì, 07 Novembre 2014 18:35
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Trieste - Giovedì 6 novembre, ore 19, sono nel backstage del Teatro Rossetti di Trieste, aspetto Simone Cristicchi che sta finendo le prove per la prima di stasera. Dopo un anno, il suo fortunatissimo “Magazzino 18” ricalca il palco da cui è partito.
Il coro di bambini della scuola “StarTS Lab” è al lavoro sul palco, la “FVG Mitteleuropa Orchestra” diretta dal Maestro Sivilotti prova la partitura dello spettacolo. La voce di Cristicchi è forte, nitida e chiara, si respira l'emozione di ogni prima, anche se lo spettacolo ormai è rodato.
Conclusa la prova mi viene incontro con la sua nuvola di capelli, è un uomo gentile e disponibile con quella tranquillità molto “romana” che distende.
Lo rassicuro sul fatto che l'intervista sarà veloce visto che deve andare in scena a breve e lui risponde cortesemente che non ci sono problemi.
Dopo una stagione fortunatissima di “Magazzino 18” a Trieste c'è di nuovo il tutto esaurito sino a domenica 9 novembre, giornata con doppia replica, tirando le somme legate all'emozione dopo un anno come ti senti?
L'emozione è aumentata, questo spettacolo è una sfida con me stesso, io lo considero una sorta di laurea nel mondo del teatro. In questi cinque anni non mi ha regalato niente nessuno, questo risultato lo devo alla mia caparbietà ed al fatto di aver avuto due grandi maestri: Alessandro Benvenuti, un mago del monologo a più voci e ad Antonio Calenda che mi ha fatto diventare “quasi” un attore (sorride, ndr).
Quando racconta della sua sfida nel portare “Magazzino 18” in giro per i teatri italiani e non, (è andato in scena anche a Toronto/Canada) Simone Cristicchi ti trasmette quella volontà di regalare al pubblico qualcosa che aiuti a capire di più, una sorta di coinvolgimento profondo, di innamoramento per un periodo storico (quello dell'esodo giuliano-dalmata) di cui, altrove, si sapeva poco e niente, ti racconta di una sfida anche per i teatri, che poi si sono ritrovati spesso con il tutto esaurito e di un suo senso di grande responsabilità nell'affrontare il tema.
Una curiosità, cosa ti ha portato a Trieste la prima volta?
E' stato il mio primo spettacolo “Li Romani in Russia”, alla sala Bartoli, nel 2011, sono stato a Trieste una settimana, in quell'occasione l'ho visitata, e ho scoperto che qui sono accadute davvero molte cose, non ultima la promulgazione delle leggi razziali fatta da Mussolini. Trieste è una città che è stata coinvolta in tante rivoluzioni a volte benigne a volte maligne. In quell'occasione ho visitato il magazzino 18. Quella catasta di sedie abbandonate, quelle foto di famiglia in bianco e nero, di persone senza nome, che sembrava quasi ti stessero fissando, mi hanno scosso moltissimo, il mio interesse per l'identità dell'essere umano, sempre presente nei miei lavori, ha fatto il resto, da lì è partito tutto.
Hai già raccontato di avere altri progetti che coinvolgono ancora Trieste, quindi si può dire che la storia d'amore continua?
Sì, continua, (sorride, ndr) ho in mente un musical sulla riforma Basaglia, vorrei riprendere in mano tutto il materiale raccolto anni fa, quando mi occupai di manicomi e di matti - da cui tra le altre cose uscì la canzone “Ti regalerò una rosa” (che vinse Sanremo, ndr ) - e creare qualcosa di allegro, questa volta con tanta gente sul palco, non da solo, e vorrei chiamarlo “180” (riferimento alla legge 180 della riforma Basaglia, ndr).
Ringrazio Cristicchi, che si prepara all'entrata in scena, mentre ripenso alle sue ultime battute ed al fatto che, evidentemente, nel lavoro di Cristicchi il numero 18 ha un legame con questa città. Scendendo dai camerini alla platea il colpo d'occhio è un teatro che non ha un posto libero. Il lavoro di Simone ha una presa diretta sul pubblico e riesce a raccontare una storia complicatissima e colma di chiaroscuri in modo semplice, ma non semplicistico, a tratti regala un'ironia candida che stempera un pochino quel dolore che ha attraversato almeno due generazioni.
E probabilmente è proprio questa la sua forza, la forza del suo lavoro. Sul palco si muove l'attore/cantante nei panni di uno sprovveduto archivista romano, che inviato dal Ministero a fare un inventario del Magazzino 18, nel Porto Vecchio di Trieste, si trova a scoprire le storie di sofferenza legate agli oggetti lì abbandonati, letti, armadi, fotografie, oggetti di lavoro, tutti con un nome, un cognome ed una storia dimenticata. Il Persichetti, questo è il nome dell'archivista, racconta tutto ad un suo superiore, mentre stupisce e si stupisce, e lo fa al telefono, uno di quei vecchi telefoni fissi, grigio chiaro, con il filo ad elica, che colloca il protagonista negli anni settanta.
Un'ora e mezza di spettacolo senza intervallo, che fila liscia come l'olio, senza stancare, senza far andare la mente altrove. Alla fine l'applauso è lunghissimo, il pubblico tutto in piedi. Onore al merito Cristicchi. Speriamo che anche il nuovo progetto “180” parta da qui, da Trieste, ancora una volta, per non dimenticare.