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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

“Dario Fo. La pittura di un narratore". Inaugura a Casa Cavazzini

“Dario Fo. La pittura di un narratore

Verrà inaugurata sabato 16 giugno alle 18 con un grande evento in corte Morpurgo, di fronte a Casa Cavazzini dove sarà allestita, la mostra “Dario Fo. La pittura di un narratore” dedicata al grande premio Nobel per la letteratura nel 1997 e curata dal direttore dei Civici Musei di Udine, Marco Biscione, e dalla direttrice del m.a.x. Museo di Chiasso Nicoletta Ossanna Cavadini. Al taglio del nastro (accessibile, per motivi organizzativi, a un massimo di 200 persone) sarà presente anche lo stesso Fo, accompagnato dall’inseparabile moglie Franca Rame, insieme con lui anche sul palco del “Giovanni da Udine”, domenica 17 giugno, alle 21 per l’eccezionale messinscena di “Mistero Buffo”. L’evento, inserito all’interno della programmazione di UdinEstate, è organizzato dal Comune di Udine, Css  e Fondazione Teatro Nuovo Giovanni da Udine. L’esposizione, oltre 100 opere, dai primi autoritratti agli abbozzi per scenografie, fino agli immancabili omaggi a Franca,   accoglie solo una piccola parte della produzione di un artista che, sin da ragazzo, disegnava o dipingeva quasi ogni giorno “in tutte le forme e con tutti i mezzi”.  “È uno degli eventi di punta del cartellone di UdinEstate 2012 e siamo molto lieti – spiega il sindaco di Udine Furio Honsell – di ospitare un artista premio Nobel di questo livello e di far conoscere anche un Fo inedito attraverso questa esposizione”.

Il titolo della mostra definisce perfettamente un personaggio che, come Fo, ha dedicato la vita al raccontare, nel senso più arcaico e genuino del termine. Sul foglio bianco in attesa di una nuova commedia, Dario Fo non scrive, bensì schizza un'idea; le dà un contorno fisico, la visualizza, e solo così, afferma, è poi in grado di darle vita sul palcoscenico. Ciò che lo ha spinto verso il teatro, lui che nella vita avrebbe voluto fare il pittore e che non riusciva ad accontentarsi di lavorare in uno studio di architettura, è stato infatti il desiderio profondo di essere una sorta di "cantastorie" metropolitano, a cui non bastava più mettere su carta le sue visioni: doveva anche dirigerle, interpretarle. “Considerando che il teatro, oltre che del tempo, del suono e del gesto, ha bisogno anche dell’immagine – sottolinea l’assessore alla Cultura Luigi Reitani –, potremmo dire che con questa mostra ospitiamo la quarta dimensione dell’opera teatrale e scenica di Fo”.

La mostra si apre presentando la produzione dell'artista più vicina ai modelli accademici: prima di cominciare a recitare infatti Dario Fo ha frequentato le aule di Brera, dove ha potuto confrontarsi coi grandi maestri della storia dell'arte contemporanea. La sua ispirazione attinge a piene mani al Novecento. Da qui gli autoritratti degli anni '40, che nelle atmosfere richiamano quelli di De Chirico: Fo vi si rappresenta assorto e serio, quasi irriconoscibile rispetto al personaggio che si è abituati a vedere sulle scene. Nel ritratto "Il pazzo" del 1945, le influenze artistiche affondano in un passato ancor più remoto: i colori innaturali e un po' aspri citano i fauves (in particolare l'ultimo Gauguin) e la resa pittorica omaggia il Cézanne della montagna Saint-Victoire.

Dario Fo è inoltre ascrivibile a quella folta schiera di artisti italiani incantati dalla Biennale del '48, che presenta una rivisitazione delle Avaguardie d'inizio secolo con particolare attenzione al cubismo analitico. I suoi studi muliebri della fine degli anni '40 esprimono chiaramente l'influsso picassiano, per quanto non giungano mai alle stesse estreme conseguenze compositive.

I bozzetti di scena e i manifesti, che Fo realizza da sé per ogni suo spettacolo, sono invece molto più liberi e originali: basti vedere i vivaci colori e le figure appena definite usati per le scene de L'italiana in Algeri e Il medico volante. Franca, infine, costituisce uno dei soggetti più importanti per Dario Fo. A lei dedica numerosissimi ritratti, perlopiù ispirati ai personaggi sulla scena; di grande intensità  quelli in cui lei riveste i panni di Medea.

Non è un caso che la mostra sia stata inaugurata a Chiasso per poi spostarsi a Udine. In entrambi i casi si tratta di città di confine: luoghi cioè dove gli scambi e soprattutto le differenze, culturali e commerciali, hanno avuto un ruolo chiave nella società.

Dario Fo si esprime secondo lo stesso principio. È dalla fusione di creatività diverse (pittura e recitazione, ma anche danza), che nasce la sua arte tutta particolare, personale e popolare (nel senso di pop, cioè concepita per arrivare a chiunque). L'autore di “Mistero buffo” è dunque artista di confine su almeno due livelli: sia poiché si muove sui labili contorni di arti diverse, sia perché compone, come Mozart, con “la maiuscola e la minuscola”, cioè indulgendo al gusto popolare pur senza deludere le aspettative della critica più raffinata.

 

 

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