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Mar11262024

Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Cultura

"La metamorfosi della sofferenza - Dopo il suicidio di un familiare"

E’ uscita la nuova edizione del libro di Antonio Loperfido e Rosèlia Irti “La metamorfosi della sofferenza – Dopo il suicidio di un familiare”, edito da EDB Persona e Psiche.
 
In questa pubblicazione, attraverso i racconti dei familiari, si vuole affermare che il suicidio è sì la fine della vita di un loro caro, ma è anche l’inizio di un faticoso viaggio interiore durante il quale loro stessi dovranno trovare risposte a domande sul senso della vita e della morte, sul senso del dolore e della sofferenza, e dovranno attraversare la sofferenza fino a ridare speranza alla loro vita.
 
Il dolore dei sopravvissuti
I sopravvissuti esprimono il senso di solitudine in cui si vengono a trovare per molto tempo dopo l’evento del suicidio. Desiderano esprimere la loro rabbia, che spesso non si può raccontare, che viene generata dalla delusione di essere lasciati improvvisamente soli e che proviene anche dal dolore causato dalla morte di tutto ciò che ormai non sarà più possibile fare insieme.
 
Questo libro vuole evidenziare il fatto che i sopravvissuti non vedono il suicidio solamente come autodistruzione di chi lo compie, ma anche come un atto di aggressività contro di loro, come un ricatto affettivo e morale che li accompagnerà per tutta la vita. Nel libro si parla anche della vergogna e della colpa, sentimenti che attanagliano l’animo dei sopravvissuti fino a renderli, nella loro percezione, degli appestati da evitare.
 
Questi racconti vogliono, inoltre, sollevare il sipario sul silenzio che molto spesso cala dopo il suicidio di un parente; vogliono affrontare la vergogna, la stigmatizzazione, i pregiudizi, i falsi luoghi comuni che per secoli hanno accompagnato i familiari dei suicidi. 
 
Sono state scelte otto storie accadute in Friuli Venezia Giulia e in Italia nell’arco degli ultimi vent’anni, con testimonianze rese da familiari i cui nomi, naturalmente, sono stati cambiati per garantire l’anonimato.
 
Il  libro è rivolto a medici, psicologi, psichiatri, insegnanti, ma specialmente ai familiari di chi è morto suicida. I ricordi di chi racconta creano una narrazione che permette al lettore di intravvedere un percorso di senso, fondamentale per poter elaborare il lutto.
 

Lo scrittore Alberto Garlini presenta a Zoppola la sua opera letteraria

Lo scrittore Alberto Garlini presenta a Zoppola la sua opera letteraria

Zoppola - Alberto Garlini, poeta, romanziere, giornalista, blogger, curatore del festival letterario Pordenonelegge.it, è il protagonista del secondo incontro con l’autore organizzato dalla neonata associazione culturale Cultura Civica per Zoppola. L’appuntamento è fissato per venerdì 6 giugno alle ore 19 al ristorante Cucina e Caffè di Zoppola. Seguirà aperitivo e per chi lo desidera cena a base di finger food.

Durante l’intervista, condotta da Angelo Masotti, Garlini farà una carrellata sulla sua produzione letteraria, tradotta anche in diversi paesi europei, e in particolare si concentrerà sul suo romanzo “La legge dell’odio” pubblicato nel 2012 da Einaudi.

La storia è ambientata negli anni Settanta ed è vista dalla parte dei neofascisti. Descrive l’educazione all’odio del giovane Stefano Guerra, che vive il trauma del suicidio del padre, aderente al Movimento Sociale Italiano, alcolizzato.

Le diverse esperienze di Garlini come autore, giornalista, collabora con Gazzettino e Messaggero Veneto, blogger per ilfattoquotidiano.it, sono l’occasione anche per parlare di cultura e di informazione, toccando così temi molto vicini alla mission di Cultura Civica, come si legge nello statuto dell’associazione.

“Siamo convinti che la vera emergenza nazionale, più che economica, politica e sociale, sia anzitutto culturale e che il miglior modo di fare politica oggi sia diffondere conoscenza e creare consapevolezza”.

Per perseguire questo obiettivo Cultura Civica ha già organizzato numerosi incontri, dibattiti e occasioni di approfondimento e di riflessione.

“Casa di Carne” nuovo romanzo di Francesca Bonafini: due battute con lei.

“Casa di Carne” nuovo romanzo di Francesca Bonafini: due battute  con lei.

Trieste – Fresco di presentazione, “Casa di carne”, il nuovo romanzo di Francesca Bonafini, si svolge in gran parte a Trieste. Si tratta di una storia di viaggi e di attraversamenti sia fisici sia esistenziali, un libro sulla ricerca di sé. Ma chi è Francesca Bonafini? Ama giocare con le parole e si definisce  pigra golosa lussuriosa, nasce a Verona nell’anno 1974,  e studia  a Bologna  “le letterature”, finisce in Sudamerica “per morbino d’amore”, ma ritorna in Italia e adesso vive saltando “di treno in treno e di palo in frasca”.

Anche Angela, la protagonista del suo romanzo, ama viaggiare ma è mossa da inquietudini ed ha sempre lo zaino pronto.  Angela trova finalmente un lavoro stabile come cameriera in un albergo, prepara le colazioni, si innamora di Miriam, incontra Alessio, va a vivere con Tiago e non smette mai di credere nell’amore come unico luogo a cui tornare. Salvo poi prendere atto che la fine di ogni sentimento è un addio preparatorio all’ultimo addio della vita. Tra partenze, amicizie, avventure Angela è pronta a gettare via le sue maschere. Ma a quale prezzo?

A Francesca abbiamo chiesto qualcosa del suo libro e di se stessa.

L'ambientazione di questo romanzo a Trieste è casuale? Questo libro omaggio a?

Niente è casuale. Trieste è la città dell'identità molteplice, e io volevo raccontare una storia di identità che sa aprirsi, accogliere, oltrepassare frontiere. L'identità di Angela, la protagonista, non è radicale, non è conficcata nel terreno, non è irremovibile: è un'identità fluida. E infatti questo è anche un romanzo pieno di acque, sia marine che fluviali (per esempio il Timavo, la Senna, il Río de la Plata, il Tago). I fiumi, nel loro corso, incontrano altre acque, e si mescolano, e poi vanno a sfociare in qualcosa di più grande. Esattamente come facciamo noi quando riusciamo a spogliarci delle bardature protettive (titoli, medaglie, definizioni) e ci affidiamo all'alterità: c'è il rischio dello sfregio, ma anche della meraviglia

I tuoi personaggi già dal romanzo d'esordio sono incisivi e portano avanti una storia che sa dove va. Questa storia cosa vuoi che "smuova"?

Patrizia Rinaldi ha detto che questo romanzo è un'istigazione all'amore. Ecco, mi piacerebbe che fosse proprio questo. Nella vita di Angela - la protagonista nonché voce narrante - l'unico punto fermo è l'attesa di un senso, della possibilità di costruirlo. E il senso, per Angela, passa necessariamente attraverso l'amore: è nella carne delle persone che amiamo (la carne tangibile, materiale, nella sua unicità e irripetibilità) che possiamo trovare casa, consistenza, senso. Il radicamento più autentico, benché il più fragile e il più pericoloso, sta nell'abbraccio. Alla consapevolezza che “tutto è fumo e mangiare vento”, come sta scritto nel Qohélet, si può rispondere solo così, con un abbraccio. Non ci sono argomentazioni di fronte all'evidenza del vuoto, ci sono solo i baci. Come dice Angela di fronte all'assurdità dei meccanismi che sottendono alla violenza: “Basterebbe passare più tempo a darsi i baci. Il resto ritornerebbe a prendere la dimensione giusta, quella del superfluo”.

Svelaci qualcosa di questo tuo ultimo libro...

Il romanzo è suddiviso in quattro parti denominate attraversamenti, a ognuna delle quali corrisponde una città: Trieste, Brest, Rio de Janeiro, Lisbona. E' una storia incentrata sullo sconfinamento: da sé,

dall'idea di sé, dall'identità (fatta anche - o forse soprattutto - dello sguardo altrui, quindi spesso un'identità non scelta ma subita). Lo sconfinamento è il tentativo di spogliarsi delle reti di protezione, ma anche del peso delle aspettative sociali, per sporgersi verso l'Altro in maniera più autentica, senza timore di mostrare la propria fragilità.

"Il desiderio si nutre di assenze, di rimpianti, della violenza degli incontri difficili, dei ricordi piuttosto che della realtà e sempre della paura di avere perduto l'amore". Louis Brauquier. Come ti rividi nelle parole del poeta di Marsiglia?

Credo fortemente in un desiderio capace di reinventarsi. Il desiderio ha a che fare con le stelle - stanno dentro la parola: sidera, stelle - ovvero con qualche cosa di lontano, di irraggiungibile, e tirar giù le stelle, avvicinarle, comporta il rischio di renderle corruttibili, mortali. Anzi, non è un rischio: è un dato di fatto. Ma io credo nel desiderio che sa rinnovarsi. L'amore è mitopoiesi, e va reinventato di giorno in giorno. Trovare la meraviglia nella ripetizione del medesimo, incantarsi continuamente per le medesime cose l'uno dell'altro: la medesima bocca, i medesimi occhi, le medesime mani. Sono sempre quelle, eppure non se ne ha mai abbastanza.

Il tuo rapporto con la scrittura nasce da?

Dalla lettura. Scrivere è mettersi in dialogo con i libri amati.

Segnalaci un passo del libro a cui sei legata...

Guarda, te lo leggo proprio: http://francescabonafini.wordpress.com/2014/04/16/la-parola-amante/

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