Volontarie penitenziarie del FVG accanto ai detenuti durante le feste di Natale e Capodanno
- Dettagli
- Categoria: Uomini e diritti
- Pubblicato Sabato, 17 Gennaio 2015 16:16
- Scritto da don Alberto De Nadai
- Visite: 862
Gorizia - Quando gli studenti degli istituti Cankar e Gregorcic di Gorizia e quelli dell’Istituto Einaudi-Marconi di Staranzano, nell’ambito dell’iniziativa “A scuola di libertà” promossa dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia e dal Miur, svoltasi il 17 e il 18 novembre 2014, hanno chiesto a noi volontari penitenziari come si svolge la giornata all’interno del carcere di Gorizia, la risposta non è stata delle più facili.
Si fa sempre fatica a descrivere il “nulla” che spesso caratterizza la detenzione. Le volontarie della “Zattera” che settimanalmente entrano in Istituto per la distribuzione del vestiario, venute a conoscenza che nel carcere di via Barzellini erano sospese le attività culturali nel periodo natalizio, hanno programmato momenti di aggregazione e di socialità. Così hanno così potuto vivere alcuni momenti della quotidianità dei carcerati: e capire cosa vuol dire un trasferimento, la perdita della semilibertà, la liberazione.
In questi ultimi tempi si parla tanto della necessità di una riforma della Giustizia per non incorrere nelle “sanzioni europee”. L’Italia deve dimostrare di essere civile a 360 gradi non per le “sanzioni”, ma per i diritti dei detenuti e dei loro familiari.
Nella primavera del 2010 il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) ha disposto alcune misure vincolanti per la Direzione, tra queste: «L’apertura delle celle nel corso di tutta la giornata». Nel carcere di Gorizia finalmente è stata applicata la circolare ministeriale a metà dell’anno 2014. È importante però che quelle ore di “apertura” non siano ore vuote di passeggi in corridoio, ma siano ore piene di contenuti.
Da qui hanno preso avvio le proposte natalizie delle volontarie penitenziarie in collaborazione con il Personale. «Ogni anno quando arrivano le feste natalizie — diceva un vecchio detenuto — tocchiamo con mano quanto triste sia passare in galera quelle giornate; nel “mondo libero”, fuori, si riuniscono le famiglie per passare momenti di gioia o, per lo meno, di ricerca di un po’ di serenità».
La socialità
L’unico luogo possibile per l’aggregazione e la socialità è l’aula scolastica. Bisognava addobbarla con il presepio, per la celebrazione della Messa, per il pranzo comunitario natalizio, per la tombola di fine anno. «Mi tremavano le mani dall’emozione mentre preparavo la sala… ero felice come una Pasqua…», così la testimonianza di un detenuto.
Quelle azioni fatte insieme fuori dalla cella hanno potuto dare un senso a una parentesi dell’esistenza dentro quelle pareti spoglie e lugubri, dove i sentimenti sembrano chiusi a chiave e blindati: la vita emotiva del detenuto è soltanto compressa, mascherata, svilita.
Si leggeva nei volti tanta felicità durante il pranzo natalizio: pranzo preparato con le loro mani e consumato tutti insieme. La serenità e il comportamento adeguato dei detenuti hanno favorito la possibilità di ottenere un nuovo permesso anche per il pranzo comunitario di fine anno.
Anche Gesù è stato carcerato
Il ruolo degli uomini di Chiesa nella storia è sempre dalla parte degli ultimi, dei perdenti, dei peccatori. Anche Pietro, capo della Chiesa e rappresentante in terra di Cristo, ha rinnegato Gesù per ben tre volte eppure è stato perdonato, perché è un principio cristiano quello che la gente possa cambiare.
L’Arcivescovo Carlo Redaelli ha voluto condividere la gioia del messaggio natalizio: al mattino della Vigilia con i Detenuti, la Direzione, il Personale e i volontari del Rinnovamento dello Spirito concelebrando l’Eucarestia con don Paolo Zuttion e don Alberto De Nadai, lasciando un “segno” a beneficio dei più poveri tra i reclusi. E, alla sera, partecipando nel Parco della Rimembranza, alla Veglia della Comunità Cristiana di base dal titolo: “Ricordati che eri straniero”.
In via Barzellini ci sono due stranieri, tutti gli altri sono italiani.
Gli auguri di Buon Anno
Durante il pranzo di fine anno è stato consegnato a ogni commensale un biglietto di auguri con busta affrancata, da inviare ai familiari: azione questa per ridurre i danni prodotti dal carcere sull’amore, sugli affetti, per sentirsi ancora vivi nel cuore equilibrando con questa forma episodica i sentimenti, perché ogni essere umano vuole amare ed essere amato.
Scrivere quel biglietto è stato molto importante perché si è data loro la possibilità di “lavorare” sui propri vissuti emotivi trovando in quell’occasione lo spazio, il tempo e le modalità per imparare a comprenderli e a riflettere sulle proprie responsabilità.
Quando la pena di uno nega i diritti dell’altro
Com’è possibile accettare certe situazioni quando al pranzo di fine anno mancavano due persone che ti avevano dato una mano nel preparare la sala ed erano presenti al pranzo natalizio? «Sono stati trasferiti», hanno risposto alle nostre richieste. «Il trasferimento ti viene buttato lì improvvisamente sulla tua vita e su quella dei tuoi cari».
Il furgone blindato era pronto in via Barzellini 8 con le porte aperte per accoglierti e portarti… «Sarebbe inutile sprecare fiato per chiedere la destinazione o avvertire i tuoi… non ti verrà mai detto».
L’art. 27 della Costituzione recita: «La responsabilità penale è personale». Eppure per ogni soggetto che viene condannato in nome del popolo italiano c’è parte di quello stesso popolo che, pur non avendo commesso nessun reato, viene anch’esso condannato. È il popolo dei familiari dei detenuti che paga anche quando il loro congiunto viene trasferito in un istituto lontano dal loro luogo di residenza, creando ulteriori problemi e disagi.
Ci sono piccoli fatti che raccontano più di tante denunce
Anche nel carcere di Gorizia ci sono alcune situazioni di degrado, i motivi sono tanti e tra questi soprattutto la miseria. In carcere finiscono sempre più spesso le persone ricche di povertà e l’Amministrazione penitenziaria ha sempre meno soldi anche per la distribuzione dei prodotti per l’igiene. Per questo motivo, dopo il pranzo comunitario del 31 dicembre, terminato il gioco della tombola, abbiamo distribuito a tutti un sacchetto contenente: due carte e buste affrancate, uno spazzolino da denti con dentifricio, un bagnoschiuma e fazzoletti di carta: per una giusta rivendicazione del diritto alla dignità, rispettando così la Costituzione Italiana che dice: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità».
Le carceri piene di uomini vuoti di speranza
Il mercato del lavoro offre molto poco o quasi niente ad un pregiudicato. Il 31 dicembre gli è scaduto il contratto di lavoro che gli permetteva di usufruire della semilibertà prevista dall’articolo 21 dell’Ordinamento Carcerario: uscire la mattina dal carcere per il lavoro e rientrare alla sera invidiato da tanti detenuti. Ma non aveva terminato di scontare la pena. Per questo il primo gennaio 2015 ha dovuto essere rinchiuso in III sezione con gli altri reclusi. Situazione difficile da accettare: è come dover ricominciare tutto da zero.
Libero
«L’ho incontrato la mattina del 2 gennaio 2015 in Corso Italia con il borsone a tracolla e con la mano nella mano della ragazza: andava felice a prendere il treno… L’avevo visto quasi assente il giorno della tombola dell’ultimo dell’anno: i numeri della cartella gli sfuggivano dallo sguardo». Alla mia osservazione mi ha chiesto: «Quando uscirò, venerdì prossimo, troverò qualcuno ad aspettarmi?». Quando gli è stato aperto l’ultimo cancello ha trovato ad aspettarlo una persona che gli vuole bene.
Che significato hanno per voi detenuti e per i vostri familiari le feste di Natale e Capodanno in carcere?
«Per noi sono state grandi giornate. Certamente ci hanno fatto riflettere e capire che cosa ci siamo persi per seguire quell’istinto che ci ha portato lontani dalla realtà. I nostri errori non solo hanno condizionato la nostra vita, ma anche quella delle nostre famiglie, facendo soffrire chi ci ama a prescindere da quello che siamo».
Sarebbe opportuno che le Associazioni di volontariato, la scuola e le Cooperative del territorio siano chiamate intorno ad un tavolo per parlare con la Direzione di come dare «un senso al tempo recluso».
I ringraziamenti vanno alla Direzione, alla Polizia Penitenziaria perché il Natale è sacro per tutti e non è facile accettare di rinunciare a un po’ delle proprie feste per un’iniziativa come questa.
A cura del Garante dei detenuti per la provincia di Gorizia don Alberto De Nadai e delle volontarie penitenziarie