La Conferenza Volontariato Giustizia Fvg aderisce alla campagna "Per qualche metro e un po' di amore in più"
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- Categoria: Uomini e diritti
- Pubblicato Lunedì, 22 Dicembre 2014 11:41
- Scritto da Corinna Opara
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Trieste - Per il periodo natalizio Conferenza Volontariato Giustizia Fvg propone i contenuti della campagna "Per qualche metro e un po' di amore in più", lanciata dalla Redazione di "Ristretti Orizzonti" della Casa di reclusione di Padova e della quale riportiamo i contenuti del Manifesto qui sotto. Per sottoscrivere alla petizione basta andare sul sito: http://firmiamo.it/per-qualche-metro-e-un-po--di-amore-in-piu
La Conferenza Volontariato Giustizia Fvg nel "Manifesto per un po’ di amore in più nelle carceri" prende spunto dai punti di riferimento per le innovazioni da realizzare attraverso le Regole Penitenziarie Europee, approvate dal Comitato dei Ministri dei 46 Stati europei l’11 gennaio 2006:
- Le restrizioni imposte alle persone private della libertà devono essere ridotte allo stretto necessario e devono essere proporzionali agli obiettivi legittimi per i quali sono state imposte.
- La vita in carcere deve essere il più vicino possibile agli aspetti positivi della vita nella società libera.
Serve una nuova legge per “salvare gli affetti” delle persone detenute. L’Ordinamento Penitenziario sta per compiere quarant’anni, ed è allora importante che sia più applicato nelle parti che restano innovative e rinnovato in quelle più “invecchiate”. E la parte riguardante gli affetti è decisamente“vecchia”. Ecco le nostre proposte, che sono anche un investimento sulla sicurezza, perché riavvicinano le persone detenute alle famiglie, restituendo a queste ultime il ruolo di mediare le tensioni facilitando il reinserimento nella società dei loro cari.
1. “Liberalizzare” le telefonate per tutti i detenuti, a telefoni fissi o cellulari senza distinzioni. A tal fine è necessario introdurre, come è già stato fatto in alcune carceri, il sistema della scheda telefonica, che produce enormi vantaggi eliminando le domandine e riducendo il lavoro del personale addetto a tale servizio. E forse telefonare più liberamente ai propri cari, mantenere contatti più stretti quando si sta male e si sente il bisogno del calore della famiglia, ma anche quando a star male è un famigliare, potrebbe davvero costituire un argine all’aggressività determinata dalle condizioni di detenzione e una forma di prevenzione dei suicidi.
2. Consentire i colloqui riservati, che dovrebbero consistere in almeno 24 ore ogni mese da trascorrere con la famiglia senza il controllo visivo. Devono altresì essere cumulabili per chi non fa colloquio con i familiari almeno ogni due mesi.
3. Aumentare le ore dei colloqui ordinari, dalle sei ore attuali, a dodici ore mensili, per rinsaldare le relazioni, che sono poi alla base del reinserimento nella società.
4. Aggiungere agli attuali 45 giorni di permessi premio 30 giorni nell’arco dell’anno da trascorrere con la famiglia.
5. Ampliare, per chi non può ancora accedere ai permessi premio, l’utilizzo dei permessi di necessità, ex art. 30 l. n. 354/75 OP, intendendo per “gravi motivi” eventi significativi per la vita affettiva e i percorsi di reinserimento delle persone.
Ma servono anche interventi immediati. L’Amministrazione penitenziaria, nel suo impegno per “umanizzare le carceri”, può da subito intervenire con proposte di “umanizzazione” anche per l’accoglienza alle famiglie, per le quali basta una circolare ministeriale, non serve cambiare la legge:
· in considerazione del fatto che sei ore di colloqui al mese sono veramente una miseria, e nell’attesa che venga cambiata la legge in materia, dovrebbe essere permesso sempre di cumulare le ore per chi ha la famiglia lontana e fa pochi colloqui e dovrebbero essere concessi con regolarità alcuni colloqui “lunghi” con la possibilità di pranzare con i propri cari, possibilmente anche la domenica;
· dovrebbero essere permessi sempre i colloqui con le terze persone;
· dovrebbero essere concesse a tutti i detenuti, senza distinzioni per reati, due telefonate supplementari al mese. Questo si può fare da subito, con l’attuale normativa, nell’attesa di una nuova legge che “liberalizzi” le telefonate, come già avviene in molti Paesi;
· dovrebbero essere allestite delle postazioni per permettere ai detenuti, in particolare quelli che hanno le famiglie lontane, di fare colloqui via Skype con i loro cari;
· dovrebbero essere migliorati i locali adibiti ai colloqui, e all’attesa dei colloqui, con una attenzione maggiore alle esigenze che possono avere i famigliari, in particolare anziani e bambini (servirebbero in tutte le carceri pensiline, strutture provviste di servizi igienici, spazi per i bambini);
· dovrebbero essere rese più chiare le regole che riguardano il rapporto dei famigliari con la persona detenuta, uniformando per esempio le liste di quello che è consentito spedire o consegnare a colloquio, che dovrebbero essere rese più ampie possibile.
Infine, serve una diversa attenzione e una maggiore trasparenza sui
trasferimenti, che dovrebbero essere ridotti al minimo nel rispetto dei principi della massima vicinanza alle famiglie e della possibilità di costruire reali percorsi di reinserimento sul territorio.