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A "Link" si è parlato di Panama Papers, inchiesta che rischia di non poter rivelare altri nomi
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- Categoria: Politica e società
- Pubblicato Lunedì, 25 Aprile 2016 17:17
- Scritto da Redazione Ilfriuliveneziagiulia
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Trieste - Si è parlato di Panama Papers, per la prima volta davanti al pubblico, nell'ambito di "Link, Premio Luchetta Incontra", il festival del buon giornalismo in programma a Trieste fino a lunedì 25 aprile.
Vittorio Malagutti e Paolo Biondani, i giornalisti che insieme a Leo Sisti firmano le carte italiane dei "Papers", nell’incontro condotto con la collega del Sole 24 Ore Mara Monti hanno anticipato che l’inchiesta è destinata probabilmente a non poter far luce sui nomi che stanno dietro ad almeno 350 società “al portatore” emerse nei file dei registri legali panamensi, create dallo studio Mossack Fonseca e collegate all’Italia.
"Le società al portatore non permettono di risalire al nome dei soci, spesso si nascondono dietro a residenze cui corrispondono interi condomini e quindi molte famiglie – ha spiegato Vittorio Malagutti. Per questo sarà virtualmente impossibile arrivare a quei nomi".
"Abbiamo intanto ricevuto, in via ufficiale, la richiesta di accesso alla banca dati che ha alimentato i Panama Papers – ha spiegato Vittorio Biondani – Ci ha contattato l’agenzia delle Entrate, con lettera sottoscritta dal direttore, e il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti".
Proprio Roberti ha ricordato che “i titolari di qualsiasi società devono essere identificati: è un obbligo di legge, in vigore dal 1991. In Italia tutte le azioni sono nominative e le intestazioni anonime non sono ammesse. Una regola fissata già dalla prima convenzione internazionale contro il riciclaggio di denaro sporco, applicata in tutti i Paesi civili da più di 25 anni”.
"L’inchiesta dei Panama Papers ha avviato un nuovo format internazionale e “globale” per il giornalismo d’inchiesta: un metodo di lavoro – ha spiegato Malagutti – che ha già prodotto un primo effetto positivo a favore dei colleghi che operano in aree dove la libertà di stampa non è adeguatamente tutelata. Il collega russo che ha "scoperchiato" le carte ascrivibili all’entourage di Putin ha subito alcune intimidazioni ma non sembrerebbe trovarsi in reale pericolo: questo perché il carattere dell’inchiesta è talmente globale e sotto gli occhi di tutti da averlo perlomeno protetto".