La Corte europea di giustizia rischia di rendere inefficace il divieto di coltivazione delle sementi Ogm in Regione
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- Categoria: Ecologia ed ambiente
- Pubblicato Martedì, 11 Settembre 2012 12:01
- Scritto da Tiziana Melloni
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Lussemburgo - È del 6 settembre scorso la sentenza della Corte di giustizia europea la quale stabilisce che l’Italia non può bloccare la semina di sementi geneticamente modificate (Ogm): "la messa a coltura di Ogm quali le varietà del mais Mon 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di quelle varietà sono state autorizzate dall’UE".
Si riapre così la questione delle colture transgeniche nella nostra Regione. Nell'agosto dello scorso anno due campi erano stati sottoposti a sequestro a Mereto di Tomba e Vivaro, in seguito alla scoperta della presenza di mais transgenico.
Nel 2011 la regione Friuli Venezia Giulia si era infatti dotata di una legge sulla coesistenza tra coltivazioni tradizionali e coltivazioni transgeniche (linee guida) che di fatto vieta la coltivazione degli Ogm.
Ora si teme che la sentenza dia nuovamente via libera alle coltivazioni di mais modificato nella nostra Regione, portate avanti principalmente dall'Associazione Futuragra di Pordenone, che ha così commentato in una nota: "Dopo anni di battaglie legali e di reiterate richieste, la decisione della più alta corte europea è una conferma delle nostre ragioni e dei nostri diritti" - ha dichiarato Duilio Campagnolo, presidente di Futuragra.
"In un momento di crisi dell'agricoltura tanto grave, questa decisione rappresenterà una grande opportunità per gli agricoltori italiani" - ha aggiunto Silvano Dalla Libera, vicepresidente di Futuragra. - "Dopo un anno particolarmente difficile per i maiscoltori a causa delle elevate temperature e della forte presenza di parassiti quali la piralide e la diabrotica, ci incoraggia sapere che da oggi, grazie all’adozione degli Ogm, anche per gli agricoltori italiani sarà più semplice mitigare questi effetti avversi salvaguardando la redditività e l’ambiente e producendo alimenti più sani. Chiediamo pertanto l’immediata abrogazione di tutte le leggi italiane contrarie agli Ogm e il rispetto delle normative europee".
Contro gli Ogm si erano tuttavia pronunciati più volte autorevoli istituzioni ed associazioni di categoria.
Il 19 marzo del 2010, l'allora Ministro delle Politiche Agricole Zaia aveva vietato la semina con un decreto, applicando la normativa italiana (ddl 212/2001) e dopo avere raccolto i pareri (tutti negativi) degli organismi preposti a darlo:
- Commissione nazionale “Sementi geneticamente modificate” (voto all’unanimità)
- Ministero dell’Ambiente
- Ministero della Salute
- Regioni Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Toscana e Veneto.
Essendo inoltre obbligatoria una valutazione pubblica per gli Ogm, il Ministro Zaia aveva tenuto in dovuto conto anche il parere contrario di 16 Regioni, 41 Province e 2.446 Comuni italiani, tutti dichiaratisi spontaneamente “Liberi da Ogm” (Ogm free); i due maggiori sindacati di agricoltori: la Coldiretti (9.812 sezioni, nelle 18 Regioni e 568.000 agricoltori) e la C.I.A.(Confederazione Italiana Agricoltori); la maggiore catena di distribuzione alimentare, Coop Italia; numerose maggiori marche di prodotti alimentari come Barilla, Amadori, Bovinmarche, Fileni; la coalizione di Ong “Liberi da Ogm”, tutte le maggiori associazioni ambientaliste, e numerose altre organizzazioni della Società Civile; numerosi gruppi di parlamentari di tutte le correnti (in particolare Gianni Alemanno, già ministro dell’Agricoltura e oggi sindaco di Roma).
Ora associazioni di categoria ed ambientalisti temono che il rafforzamento dei gruppi di pressione delle multinazionali agricole sulle istituzioni europee provochi una caduta a raffica dei divieti agli Ogm, con un'irreparabile perdita in termini di sicurezza alimentare e biodiversità.