L'Arlecchino errante va con "La fanciulla del cielo - il cigno"
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- Categoria: Teatro
- Pubblicato Sabato, 08 Settembre 2012 10:31
- Scritto da Daniela Silvestri
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PORDENONE - L'edizione 2012 del festival "L'Arlecchino errante" è dedicata alle diversità culturali intese come valori da conservare, e in questo ambito sono state organizzati alcvuni eventi dedicati all'arte e cultura siberiane. Giovedì 6 settembre, al Teatro Concordia di Pordenone è andato in scena lo spettacolo "La fanciulla del cielo - il cigno", ispirato a una favola buriata. I Buriati sono la più importante minoranza etnica della Siberia, discendenti dai nomadi mongoli insediatisi sulle sponde del lago Baykal. L'incontro viene introdotto dal regista Viktor Tokarev, che consegna alcuni omaggi all'assessore Elio De Anna. Prima dell'inizio dello spettacolo, Viktor esegue un rituale, "benedice" il palco e le quinte con l'acqua del Baykal, che conserva in una bottiglietta, spiegando che ad ogni replica, l'acqua rimanente viene versata in uno specchio d'acqua, quindi c'è acqua del baykal nel mar Caspio, nel Baltico, nell'Oceano Pacifico, e ora, anche nell' Adriatico. Le luci si spengono e una melodia intensa e vibrante, eseguita completamente con strumenti tipici russi ci avvolge e ci porta nella magia della fiaba. Su una scena composta da alcuni pannelli scuri a simboleggiare delle montagne, appare il "Vecchio Bianco" che ci racconta di un cacciatore, che vedendo 3 donne, che in realtà erano cigni, che facevano il bagno nude in un lago, rubò a una di loro il mantello di piume, così che non potesse più volare via.
I due si sposarono e vissero felici con 11 figli, finchè un giorno il ricchissimo ma perfido Abakhai-Khan, si invaghì di lei e la rinchiuse in una prigione, costringendo il marito a compiti impossibili per farlo morire, ma egli, aiutato dalla moglie superò le 3 difficilissime prove. Allora il Khan, per disfarsi di lui, ordinò ai suoi servitori di ucciderlo. L'uomo, vedendosi braccato restituì alla moglie il suo piumaggio, in modo che potesse volare via attraverso il fumaiolo della yurta. Il malvagio Khan morì, stroncato da un incantesimo di un magico bastone d'oro. La leggenda dice che la donna-cigno tornò a volare sopra la yurta per vedere i figli, e si sporcò le zampette di fuliggine, per questo i cigni del Baykal hanno le zampette macchiate di nero.
La recita si chiude con una danza collettiva e gli attori che mostrano i loro veri volti, e si scopre che il perfido Khan era impersonato da un'attrice.
Spettacolo emozionante, costruito in modo inusuale, una scenografia semplice e lineare, un'illuminazione essenziale sulle quali spiccano i tradizionali costumi, a colori vivaci e ricchi di decorazioni simboliche, maschere che ricordano quelle usate dai monaci tibetani nelle loro danze. Pur essendo quasi per metà recitato e cantato in lingua russa e buriata, grazie alla sapiente traduzione delle vicende salienti da una voce fuori scena e da qualche sporadica interpretazione in italiano del Vecchio saggio, la storia è facilmente comprensibile e ci regala anche qualche momento di ilarità. Il risultato è un intreccio tra tradizione antica e un allestimento coreografico e regia moderni. Un elogio anche alla musicista Svetlana Gomboeva che seduta a margine del palco, in costume tradizionale, ha accompagnato la rappresentazione con il suono di un caratteristico strumento a due corde.
Una serata veramente ricca di emozioni che il pubblico ha dimostrato di gradire con interminabili applausi.
Daniela Silvestri