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Last updateLun, 27 Feb 2017 8pm

Attorno al tavolo della vita quattro attrici raccontano l'eterno rapporto madri-figlie

Attorno al tavolo della vita quattro attrici raccontano l'eterno rapporto madri-figlie

Cormòns (Go) – Ogni generazione è solita pensare che la propria vita sia più ricca di quella dei propri genitori, specialmente i figli di un determinato sesso verso il proprio “alter ego”, paterno o materno a seconda dei casi. Paola Rota ha portato ieri sera sul palco del Teatro Comunale questo specchiarsi tra passato e presente, con lo spettacolo “Due partite” scritto da Cristina Comencini.

Due salotti, in due momenti storici distinti, gli anni '70 e l'oggi, e due generazioni a confronto: da una parte quattro madri, giovani donne di famiglia che si ritrovano insieme ogni giovedì per giocare a carte, e dall'altra le loro figlie, diventate a loro volta adulte e alle prese con vite frenetiche e costantemente bisognosse di significato. A interpretare entrambe le “categorie” è stato un cast da applausi: Giulia Michelini, Paola Minaccioni, Caterina Guzzanti e Giulia Bevilacqua.

La trama di queste storie, che si intrecciano e si snodano in un giorno (anzi due) come tanti, sono le stesse che tessono la quotidianità di madri e figli talmente simili da non assomigliarsi. O che sono così identiche da distinguersi per piccoli frammenti, come se ciò fosse una momentanea interruzione a un'emulazione generazionale che si realizza nonostante tutto e tutti: come la Guzzanti-madre avrà bisogno di due case per poter amare qualcuno, così sarà la figlia, seppur per motivi diversi. E così via.

Amori e tradimenti, passioni e paure emergono piano piano sullo sfondo di due Italie apparentemente distanti negli anni, ma forse più simili di quanto non sembrino. A volte in modo paradossale: negli anni '70, segnati dalle proteste dei movimenti femministi, una delle protagoniste recita “Se ci hanno lasciato a noi donne il compito di partorire, forse non è così importante”, tra lo sgomento di tutte. Mentre l'oggi è pervaso da un sentimento quasi nostalgico verso la “donna del focolare”, nelle menti delle quattro amiche.

Il testo della Comencini parla al profondo del genere femminile, senza boccarsi difronte a ostacoli di età: donne erano anche le nostre mamme, nonne, bisnonne come lo sono oggi le nostre amiche, fidanzate, mogli, figlie. E proprio il legame tra queste e le loro genitrici è quello più antico in assoluto tra gli esseri umani: ospitare nel proprio corpo un altro essere umano, per poi darlo al mondo e accudirlo. O almeno tentare di farlo, combattendo con le proprie paure anche quando a tutti pare che tu non tema niente. E invece basta guardarsi allo specchio per tremare.

I particolari svolgono un ruolo importantissimo all'interno della pièce: a partire dalla scenografia, colorata nel passato e più grigia nel presente, mentre le bellissime canzoni italiane d'amore cantate da voci come Mina e Rita Caselli portano la mente lontano. E i versi di Rilke, attesi per tutto lo spettacolo, incoronano un'opera che non si schiera mai in modo sforzato verso uno sfrenato femminismo anti-uomini, ma anzi celebra la suggestiva imperfezione femminile che può degenerare nella solitudine.

La partita di carte del titolo è, sì, reale ma anche metaforica, giocata con le carte del destino che nessuno si è scelto: sfoltendo la loro mano, le madri lasciano il posto alle figlie, che a loro volta hanno già nei propri pensieri l'idea di un bambino nel grembo. Perché nonostante la vita spesso non vada come vogliamo e si imbocchino strade che non augurerremo a nessuno di imboccare, non è che “tutto alla fine va male”, per usare le parole di una delle protagoniste: l'amore che è in noi si potrà sempre salvare. Anche da noi stessi.

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Direttore: Maurizio Pertegato
Capo redattore: Tiziana Melloni
Redazione di Trieste: Serenella Dorigo
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