“Forza Maggiore”: emblema della fragilità umana
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Lunedì, 25 Maggio 2015 09:22
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Trieste – “Forza Maggiore”, del regista svedese Ruben Ostlund, un film molto originale che ha ricevuto il premio della Giuria al festival di Cannes nella sezione Un Certaine Regard e candidato ai Golden Globe e agli European Film Awards.
La storia nasce da un’idea molto semplice quanto geniale. Una famiglia nordica, apparentemente felice ed unita, decide di trascorrere una settimana di relax in un resort di montagna in Francia. Il secondo giorno, lui, lei e i loro due bambini stanno pranzando su una terrazza a vista su un pendio.
Ad un tratto, da lontano, una valanga si dirige, sempre più grossa e minacciosa, verso di loro e gli altri turisti presenti fino quasi a raggiungerli. Lui, preso dal panico, scappa all’interno.
Lei, diversamente, rimane lì, proteggendo i bimbi col suo corpo. La valanga, fortunatamente, si arresta prima e la normalità riprende. Ma l’incidente scampato è solo l’inizio di un dramma famigliare in cui entrambi scoprono di non conoscersi realmente e vengono letteralmente travolti da emozioni che non riescono a gestire.
Lui nega l’evidenza del suo gesto, evidenziando tutto il suo lato “nascosto” in cui si celano il suo carattere infantile (mostrato dal regista in diverse riprese), la sua fragilità, la sua incapacità ad assolvere il ruolo di padre, di marito, e di uomo che gli compete per “natura”.
Un film che mette a nudo tutta la fragilità della coppia, in particolare del maschio, in maniera cinica e inconfutabile. Il regista dipinge il quadro usando la cornice, fredda e trasparente, della neve, della natura, come specchio – impietoso – di quella umana nel quale si intravede, chiaramente, l’involuzione del genere maschile.
Ne esce un dilemma umano intricato e dalla risposta non scontata. Il regista mette in bocca di una seconda coppia lo stesso dilemma, in maniera retorica ed ipotetica, certo, ma la domanda è ovviamente rivolta anche a noi. Come ci saremmo comportati, se fosse accaduto a noi? Bella domanda.
Ottimo esempio di produzione low cost dal grande impatto emotivo e di una certa qualità filmica, che strizza l’occhio al maestro Haneke per il clima di tensione psicologica e di sperimentazione sociologica ricercati (e a Von Trier per la successione delle sequenze secondo lo schema dei capitoli, qui rappresentati dai giorni). Da vedere.
Daniele Benvenuti