Officine d'Autore porta "Hanna Arendt" a San Daniele per la Giornata della Memoria
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- Categoria: Cinema
- Pubblicato Mercoledì, 28 Gennaio 2015 20:38
- Scritto da Timothy Dissegna
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San Daniele del Friuli (Ud) - Trattare il tema della Shoa è ogni anno sempre più complesso. Il giorno della Memoria viene spesso accolto da giovani e non con borbottii seccati, stufi della troppo spesso retorica dietro alle parole di disappunto per ciò che successe. Ma ci sono film che riescono ad andare oltre a tutto ciò, raccontando personaggi chiave che lottarono per raccontare la verità sui campi di sterminio.
Per questo l'associazione Officine d'Autore ha scelto "Hanna Arendt" (2012) in lingua originale e sottotitolato in italiano come pellicola-evento ieri sera, proiettata davanti a un nutrito pubblico accorso al Cinema Splendor. Diretto da Margarethe Von Trotta e incentrato sul periodo in cui la celebre filosofa e scrittrice seguì il processo al nazista Eichmann a Gerusalemme nel 1961, il film è stato introdotto sinteticamente dalla professoressa Chiara Fragiacomo dell'IFSML e dai ragazzi di Officine come ogni martedì.
La Arendt (Barbara Sukowa) fu sicuramente una delle figure più discusse del secolo scorso. Ebrea tedesca allieva del filosofo nazista Heidegger, fuggì negli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale, quando i tedeschi conquistarono la Francia, dove lei si era rifugiata. Al suo nome è legato uno dei saggi più importanti del '900, "Le origini del totalitarismo", ma soprattutto il libro-reportage che le attirò critiche dall'interno mondo ebraico: "La banalità del male".
Inviata del The New Yorker per seguire il processo, la Arendt pensava di trovare come imputato un mostro assetato di sangue, nato per uccidere, invece si rivelò nient'altro che un grigio burocrate. Questo la colpì molto e, insieme alla scoperta che diversi capi ebraici collaborarono con i nazisti nell'organizzare i treni verso i campi di concentramento, fu l'elemento centrale della tesi che riportò nei propri articoli e nel libro: quell'uomo non era un carnefice ma solo un servitore, fin troppo scrupoloso, dello Stato. Le reazioni del pubblico, della comunità sionista e accademica furono di completo sdegno e odio verso la scrittrice, che nel film riesce a trasmettere un fortissimo senso di impotenza nel gridare le proprie idee che si infrangono contro un muro sordo.
I primi piani che la Von Trotta riserva sono una delle chiavi del film: se è vero che sono lo specchio dell'anima, quelli di Eichmann non possono che essere grigi, dietro un vecchio televisore in bianco e nero, segno della sua umanità rifiutata. Un opera di grande potenza emotiva, che descrive con chiarezza il sentimento di una donna incredibile che non si è fermata al solo piangersi addosso ma è andata oltre. Come dovremmo fare tutti noi, non solo il 27 gennaio.